A 50 anni dalla chiusura della Ferrovia Calalzo - Cortina - Dobbiaco

di Antonio Bertagnin

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Il prossimo anno, il 17 maggio 2014, saranno passati 50 anni dalla chiusura all’esercizio della tratta Cortina - Calalzo di Cadore della Ferrovia delle Dolomiti, mentre il cinquantenario della chiusura della tratta Cortina - Dobbiaco è già avvenuto il 13 marzo 2012.

Per tale ricorrenza, nella prestigiosa sede della Alexander Girardi Hall di Cortina d’Ampezzo è stato  possibile visitare, dal 7 luglio 2012 al 2 aprile 2013, la mostra intitolata “La Ferrovia delle Dolomiti” che ha ripercorso, a oltre novanta anni dalla apertura al traffico, la storia della ferrovia Calalzo - Cortina - Dobbiaco attraverso immagini, video, modellini e plastici in un ricco e raffinato percorso espositivo. L’iniziativa è stata promossa dal Comune di Cortina d’Ampezzo - Assessorato alla Cultura - con il supporto per le ricerche storiche e scientifiche di Evaldo Gaspari, nato a Cortina nel 1927 e che, in decenni di meticoloso lavoro, ha raccolto, catalogato e studiato documenti, notizie ed immagini riguardanti la storia e la tecnica del trenino delle Dolomiti.

Evaldo Gaspari, ricercatore storico della Ferrovia delle Dolomiti, ed il nostro socio Antonio Bertagnin posano per una foto ricordo all’ingresso della mostra tenutasi a Cortina.

La Ferrovia delle Dolomiti era una ferrovia a scartamento ridotto che tra il 1921 e il 1964 collegò, con un tracciato di 65 chilometri, i paesi di  Calalzo, di Cortina e di Dobbiaco, costituendo per oltre un quarantennio il principale mezzo di collegamento tra il Cadore, in Veneto, nella provincia di Belluno, e la Pusteria in Trentino Alto Adige, nella provincia di Bolzano.

Il profilo altimetrico della linea era tipico delle ferrovie di montagna. Infatti la linea partiva da Calalzo a quota +740 m, raggiungeva Cortina a +1.224 m, superava il Passo di Cimabanche a quota +1.529 m in corrispondenza del confine regionale tra Veneto ed Alto Adige e si attestava a Dobbiaco a quota +1.217 m  sul livello del mare.

Nata nel corso della Grande Guerra, quando gli opposti eserciti diedero vita a rudimentali trasporti ferroviari da campo, la Ferrovia delle Dolomiti venne ufficialmente inaugurata il 15 giugno del 1921. In un primo periodo (1918) essa fu gestita dal Genio Militare italiano ed aveva lo scartamento di 760 mm, passato poi nel 1920 a 950 mm, e cioè a quello tipico delle ferrovie a scartamento ridotto italiane. Nel 1924 ai militari subentrò  la società privata S.F.D. - Società Ferrovia Dolomiti. Nel 1929 questa Società, per far fronte alle mutate esigenze di traffico, decise di passare dalla trazione a vapore a quella elettrica con tensione a 3.000 V in corrente continua.

Di conseguenza l’intero volto della ferrovia cambiò con l’introduzione di tutte le migliorie che la nuova tecnologia dell’epoca apportava sia agli impianti fissi sia al parco trazione ed ai veicoli.

Basti pensare che le Ferrovie dello Stato solo un anno prima, il 1° marzo 1928, aprivano all’esercizio la tratta Foggia – Benevento sotto tensione di alimentazione dei 3.000 V impiegando i primi esemplari della locomotiva elettrica del gruppo E 626.

Il trenino delle Dolomiti mentre percorre

una tratta liberata dalla neve tra Cortina e Dobbiaco (Cartolina S.F.D.  del 1935).

Stazione di Carbonin durante il periodo estivo (Cartolina S.F.D. del 1935).

La sede ferroviaria inserita tra il Lago di Landro

e la strada nazionale n.51 Cortina - Dobbiaco (Cartolina S.F.D del 1935).

 

La S.F.D. acquistò del nuovo materiale rotabile costruito dalle Officine Meccaniche della Stanga su parte elettrica del Tecnomasio Italiano Brow Boveri, società che curò anche la progettazione della elettrificazione della linea.

Il nuovo parco rotabili era costituito da:

  • 6 elettromotrici a carrelli numerate 001 – 006 del peso di 38 tonnellate con una potenza di 220 kW;

  • 2 locomotori a carrelli numerati 101 – 102 del peso di 35 tonnellate e con una potenza di 380 kW da utilizzare nei convogli merci e nelle composizioni più pesanti;

  • 5 carrozze a carrelli prima e terza classe ed una sola di prima classe;

  • 4 bagagliai a due assi con scompartimento passeggeri;

  • alcuni nuovi carri merci.

Sia le elettromotrici che le vetture a carrelli erano caratterizzate dal design tipico dell’epoca per il materiale rotabile destinato alle ferrovie secondarie come la Circumvesuviana, la Rimini -  San Marino, la Roma – Viterbo, ecc.

La riduzione dei montanti lungo le fiancate dei veicoli consentiva di realizzare ampie finestrature che permettevano ai passeggeri di godere il paesaggio delle zone attraversate  secondo un concetto costruttivo del materiale rotabile poi ripreso in molti casi dalle ferrovie di montagna svizzere.

I nuovi mezzi erano verniciati in bianco azzurro, i colori del Comune di Cortina di Ampezzo.

Lo schema di verniciatura era impreziosito dal telaio nero e da riquadrature in corrispondenza degli spigoli della cassa in blu scuro.

Il rotabile di punta del parco della Ferrovia delle Dolomiti era la vettura salone A38 di sola prima classe che riportava sulle fiancate la scritta per esteso FERROVIA DELLE DOLOMITI.

L’interno della vettura, riccamente rifinito e decorato,  era configurato in due scompartimenti: uno adibito a salotto con poltroncine e tavolini sull’esempio delle lussuose vetture Pullman della CIWL destinato ad ospitare le alte nobiltà dell’epoca, l’altro configurato a prima classe destinato ad ospitare le persone al seguito. La vettura fu usata per trasportare alcune volte a Cortina il Principe Umberto II di Savoia e la sua famiglia, il Duca d’Aosta, di Bergamo, di Spoleto, tutte “altezze” imparentate con Casa Savoia.

Il percorso del trenino segue l'andamento della montagna

nella tratta Cortina–Dobbiaco (Cartolina S.F.D. del 1935).

Negli anni Trenta il “trenino di Cortina” assolse egregiamente il duplice ruolo sia di mezzo di comunicazione per le popolazioni valligiane sia di collegamento rapido per i turisti provenienti dalle stazioni F.S. di Calalzo e di Dobbiaco e diretti a Cortina, ormai consolidata ed esclusiva stazione turistica estiva ed invernale. Il servizio della ferrovia era impeccabile e, con l’affermarsi di un turismo sempre più intenso e qualificato, fu riconosciuta come la miglior ferrovia italiana a scartamento ridotto del tempo.

La Seconda Guerra Mondiale fu, fortunatamente, più clemente con la nostra ferrovia con la quale, a parte qualche danno alle opere d’arte, riuscì a superare incolume il tragico periodo bellico che vedeva, tra l’altro, Cortina destinata a zona ospedaliera per la presenza del centro Codivilla ed il trenino bianco azzurro adibito al trasporto dei feriti provenienti dalle zone di operazione.

Nel dopoguerra la Ferrovia delle Dolomiti riprese il suo tranquillo ritmo di vita anche se iniziava ad essere sempre più snobbata da parte della utenza, specie quella turistica, più favorevole all’utilizzo del mezzo privato su gomma incoraggiata anche da un più diffuso benessere economico.

Un convoglio proveniente da Calalzo in arrivo alla stazione di Cortina

sul viadotto del rio Bigontina nel 1960 (Foto Alfred Luft - Vienna).

Nella stazione di Cortina, nel 1960, è in sosta un treno giunto da Calalzo (Foto Alfred Luft - Vienna).

Un treno Cortina – Dobbiaco nella stazione di Carbonin

pochi anni prima della chiusura della linea (Foto Alfred Luft - Vienna).

Il canto del cigno per la ferrovia coincise con l’assegnazione a Cortina dei Giochi Olimpici Invernali del 1956. Fu l’occasione adatta per mettere in mostra tutte le proprie potenzialità e gli sforzi compiuti premiarono la S.F.D. con notevoli punte di traffico e consequenziali aumenti di introiti economici. Infatti i passeggeri trasportati nel 1956 furono ben 700.000, contro i 100.000 del 1923, i 400.000 del 1930 ed i 500.000 del 1935.

Per l’occasione, oltre a svariati interventi migliorativi alla sede ferroviaria, furono commissionati alle Officine Stanga di Padova due elettrotreni TIBB, simili a quelli realizzati nel 1953 per la linea Roma – Fiuggi. Essi entrarono in servizio per disimpegnare i collegamenti più importanti tra Calalzo, Cortina e Dobbiaco in coincidenza con i principali treni delle Ferrovie dello Stato.

Purtroppo un grave incidente presso la fermata di Acquabona, poco fuori Cortina in direzione di Calalzo, vide protagonista l’11 marzo1960 un convoglio composto dall’elettromotrice 001, una vettura a carrelli ed un bagagliaio a due assi durante una forte nevicata. Il bagagliaio posto in coda al convoglio, causa la rottura della boccola dell’assale anteriore, deragliò in una curva del binario e provocò per il contraccolpo il rovesciamento della vettura che lo precedeva: nell’incidente si contarono numerosi feriti e purtroppo due morti.

Fu questa l’opportunità per la S.F.D., viste le sempre più scarse finanze dovute alla contrazione del traffico viaggiatori, per innescare il processo di chiusura della ferrovia e la sua trasformazione in servizio automobilistico di linea. Ciò avvenne in due fasi: il 13 marzo 1962 fu chiusa al traffico la tratta Dobbiaco - Cortina mentre il 17 maggio 1964 la Cortina - Calalzo. Il giorno dopo, sulla strada statale n° 51 d’Alemagna, gli autobus della SAD (Società Automobilistica Dolomiti) viaggiavano parallelamente alla sede ferroviaria ormai abbandonata.

La stazione di Dogana Vecchia, nella tratta Cortina – Calalzo

in corrispondenza del vecchio confine tra l’Italia e l’Austria,  come si presentava nel 2007 (Foto A. Bertagnin).

La sede ferroviaria a Pieve di Cadore trasformata in pista ciclabile.

Nell'immagine A. Bertagnin mentre posa con il giovane figlio nell’estate del 2007.

Oggi il servizio autobus continua ad essere gestito dalla SAD sulla tratta Cortina - Dobbiaco in quanto linea regionale del Trentino Alto Adige e dalla Dolomiti Bus sulla tratta Cortina - Calalzo sul versante della Regione Veneto, mentre gran parte del percorso della ferrovia è stato trasformato in una pista ciclabile rientrante nell’anello della ‘Lunga via delle Dolomiti’, rete di itinerari ciclabili tra il bellunese e il sud Tirolo.

La stazione di Cortina d'Ampezzo trasformata per stazionamento autobus.

La suggestiva immagine, del gennaio 2011, è di A. Bertagnin.

Ci auguriamo che tutto il materiale espositivo raccolto e prodotto per la mostra di Cortina possa trasformarsi in una esposizione a carattere permanente con sede a Cortina o in uno dei tanti paesi del Cadore toccati dalla Ferrovia delle Dolomiti a testimonianza degli aspetti storici, tecnici e sociali dei 43 anni di vita del trenino.

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