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Il diretto, partito da Napoli alle ore 19,25, giunse finalmente sul primo binario della stazione di Reggio-Porto alle ore 9,47 con ben 113 minuti di ritardo. La locomotiva che aveva trainato il lungo convoglio fu distaccata e condotta ad agganciare un carro merci seguito da un bagagliaio ed un postale che attendevano sul secondo binario per il trasbordo dei bagagli e della posta trasportati dal diretto.

Poco discosto dalle pensiline si cullava sulle onde un'imbarcazione dagli alti fumaioli e dalle grandi ruote a pale: era un battello attrezzato per il trasporto dei rotabili. Allora la locomotiva manovrò a spinta fino all'estremità del pontile ed i tre carri furono trainati a bordo da una grossa fune richiamata dall'argano a vapore di prora. I passeggeri dovettero scendere dalle vetture e prendere quindi posto sul traghetto in quanto il Ministro, forse per eccessiva prudenza, non ancora aveva concesso l'autorizzazione all'imbarco di veicoli per viaggiatori.

Era martedì 31 ottobre 1899 (1).

Alle ore 10,08 lo "Scilla" con il suo carico si staccò dal molo di Reggio e prese il mare puntando in direzione della "palazzata" messinese, sfidando le ire della vorticosa Cariddi. Dopo circa un'ora di navigazione il piroscafo manovrava per inserirsi nell'invasatura del porto di Messina avendo percorso le tre leghe che la separano da Reggio tra le forti correnti dello stretto. A seguito dell'esperienza di questa prima traversata, il servizio fu autorizzato regolarmente.

L'idea di far proseguire i passeggeri diretti in Sicilia senza trasbordo, già ventilata da tempo, fu realizzata dalla Rete Sicula, Società a quel tempo esercente le ferrovie dell'isola, con l'impiego di natanti allo scopo attrezzati. Queste candide navi, caratterizzate dalle grandi ruote a pale e dalle ciminiere alte e snelle, furono battezzate dai tecnici piro-pontoni. In realtà con questo nome non furono mai chiamate da nessuno essendo preferito il neologismo inglese "ferry-boat". Ancora oggi è nota l'esclamazione "uora uora arrivao 'u ferribotti" e ciò a significare che per i siciliani i traghetti sono e saranno sempre i "ferribotti".

 

 

 

Due immagini della prima nave traghetto "Scilla" che traversa lo stretto con un carico di carri merci.

 

La prima dotazione per la navigazione attraverso lo stretto prevedeva due soli ferry-boats: lo "Scilla" ed il "Cariddi"; il primo nome a ricordo della mitica figlia di Niso, re di Megara, la quale - secondo la leggenda - per amore di Minosse fece morire il proprio padre e per questo trasformata in mostro avente dimora sulle coste calabre; il secondo invece rievocava la figlia di Nettuno trasformata in vortice marino.

I due battelli entrarono in servizio nel secondo semestre del 1896 ma non poterono effettuare subito il servizio di traghetto in quanto sia a Reggio che a Messina i lavori per modificare l'approdo non erano ancora stati ultimati. Le imbarcazioni potevano viaggiare indifferentemente nei due sensi di marcia, avevano un solo binario in posizione centrale capace di cinque carri, e sviluppavano una velocità di 10,5 nodi grazie alla propulsione di due enormi ruote con pale azionate da un motore a vapore della potenza di 780 cavalli.

Allo scopo di facilitare l'approdo di queste navi furono costruite apposite invasature elastiche aventi la forma dell'estremità del ferry-boat. Esse erano formate da grosse travi di legno teak infisse nel fondo per circa quattro metri e collocate alla distanza di circa metri 1,20 l'una dall'altra. La parte immersa era ricoperta con lastre di rame, mentre la superficie che veniva a contatto con i battelli, cioè il lato interno dell'invasatura, era formata da grossi tavoloni. Per garantire l'elasticità durante l'urto del natante in fase di approdo, il citato tavolame era collegato alla banchina retrostante per mezzo di robuste molle a spirale. L'imbarco e lo sbarco dei rotabili avveniva attraverso un ponte levatoio lungo dodici metri.

Ben presto il numero dei ferry-boats naviganti nello stretto di Messina si rivelò insufficiente vuoi per l'accresciuto traffico passeggeri, vuoi per l'aumento del prodotto agricolo esportato verso il Continente. Poiché le Strade Ferrate della Sicilia a quel tempo non erano in possesso di rotabili idonei al trasporto di frutta fresca, specialmente uva diretta verso i mercati della Germania, furono intraprese trattative per poter sfruttare i carri refrigeranti delle ferrovie Mediterranee.

Con l'unificazione delle Reti sotto l'unica gestione delle Ferrovie dello Stato ed a seguito dell'apertura della nuova linea da Eboli a Reggio Calabria, nel 1905 entrò in funzione lo scalo di Villa San Giovanni che permetteva un più celere imbarco dei convogli provenienti dal Continente. Nello stesso anno altri due battelli furono varati: il "Sicilia" ed il "Calabria". In questi l'illuminazione di tutti i locali era ottenuta con lampade elettriche ad incandescenza, ad eccezione della coperta che era rischiarata da due riflettori ad arco. Un unico binario centrale poteva accogliere sei carri per un peso complessivo di 120 tonnellate; alle estremità due porte metalliche a battenti, collegate alle murate ed alte quanto le stesse, consentivano l'accesso dei veicoli. Sopra coperta, lateralmente al binario centrale, due eleganti sale ospitavano i viaggiatori della prima e della seconda classe durante la breve traversata. Il moto della nave era assicurato da ruote con pale articolate mosse da una macchina a vapore sistema "Compound".

 

 

Il ferry-boat "Reggio" pronto per il varo nei cantieri "Pattison" di Napoli (10 novembre 1909).

 

 

Vista del Ponte e Coperta del ferry-boat "Reggio" (1909).

 

 Per far fronte alle sopravvenute esigenze furono costruiti ancora due battelli: il "Villa" ed il "Reggio"; l'uno varato il 15 agosto 1909 nei Cantieri dei Fratelli Orlando di Livorno, l'altro il 10 novembre dello stesso anno nei Cantieri Pattison di Napoli. Queste navi gemelle completavano la dotazione prevista dalla legge n. 111 del 5 aprile 1908 riguardante, tra l'altro, la quantità di naviglio da impiegare per l'attraversamento dello stretto di Messina. I nuovi traghetti erano dotati di un ponte più lungo, infatti erano trasportabili non sei bensì otto carri, avevano motori più potenti ed un nuovo tipo di propulsione: due eliche in bronzo a quattro pale amovibili.

 

 

La nave traghetto "Aspromonte" in navigazione nello stretto di Messina.

 

La "Vignole" da 36 Kg/ml che a bordo del ferry-boat faceva spola tra Scilla e Cariddi era ormai parte integrante della rete ferroviaria italiana. Nel 1924 nuovi ferry-boats, ribattezzati secondo la "moda" dell'era navi-traghetto, furono messi in servizio. Un nuovo "Scilla" ed un nuovo "Cariddi" presero il mare rispettivamente nel '31 e nel '34. Grandi progressi erano stati fatti; i tre binari di ciascun piroscafo potevano contenere ben 28 carri derrate dal peso di 620 tonnellate (era questo un intero convoglio che da Villa San Giovanni veniva instradato verso il traffico del nord) oppure, in alternativa, poteva essere imbarcato un treno completo viaggiatori composto da quattordici carrozze a carrelli con facoltà dei passeggeri di attraversare lo stretto senza muoversi dal proprio posto.

Una sensibile economia dei costi di trasporto fu conseguita con queste navi, annoverate tra le più veloci costruite in Europa in virtù della propulsione data da due eliche azionate da motori elettrici in corrente continua erogata da tre complessi diesel-elettrici.

 

 

 

Vista della nave traghetto "Scilla" entrata in servizio nel 1931 ed il suo ristorante di prima classe.

 

 

 

Modello dell'invasatura di Messina che mostra la manovra di entrata della nave traghetto (1939).

 

Purtroppo il tuono del cannone della seconda guerra mondiale inflisse un duro colpo alla piccola flotta che assicurava continuità di binario alla rete nazionale. Resistette al continuo bersagliamento del fuoco avversario un solo traghetto: il "Messina", unico superstite al termine del conflitto. Durante la ricostruzione post-bellica fu messo in condizione di navigare il "Villa", ripresero il mare nel febbraio del "48 lo "Scilla" (affondato il 1 maggio 1943 e recuperato nell'agosto del '45) e nel novembre del '53 il gemello "Cariddi" (affondato il 16 agosto del 1943 e recuperato nel luglio del '48).

 

Ormai la ripresa era avviata e l'incedente boom economico richiedeva nuovi traghetti.

Le sei navi (2) in servizio nello stretto di Messina assicurarono nel 1955 una potenzialità di trasporto di circa 2000 carri/giorno. Nuove navi-traghetto a quattro binari furono messe in cantiere nel '67, la loro capacità era di 43 carri oppure di 15 carrozze del tipo UIC; limitatamente ai soli binati centrali potevano essere caricate, in alternativa, 7 elettromotrici di tipo ALe 601.

Per consentire l'attracco di questi moderni traghetti si dovettero allargare la terza e la quarta invasatura nel porto di Messina, la prima e la seconda a Villa San Giovanni.

 

 

La nave traghetto "Reggio" solca il mare nello stretto di Messina negli anni '70.

 

Nell'anno 1971 la portata utile delle flotta salì a 16.500 passeggeri, 373 rotabili e 719 automezzi essendo state varati il "Sibari", l' "Iginia", il "S. Francesco di Paola" ed il "Reggio".

Siamo così giunti ai nostri giorni, meno di un secolo è trascorso da quel lontano 31 ottobre 1899 e tanto è stato fatto in questo settore, basti pensare che nel solo anno 1982 ben 596.516 rotabili sono stati traghettati.

Le mitiche Scilla e Cariddi, che tanta parte ebbero contro l'uomo nell'omerico poema, ancora oggi si aggirano attraverso lo stretto di Messina; assunte sembianze di ferry-boats non più contro ma al servizio dell'uomo.

 
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(1)  Alcuni testi riportano come anno di entrata in servizio il 1896. Ritengo sia esatta la data del 1899 in quanto un'attenta consultazione della mia collezione di orari ferroviari dell'epoca ha consentito di verificare l'esistenza di tale servizio dal 1899.

 

(2)  Esse sono: Scilla, Cariddi, Mongibello, Secondo Aspromonte, Messina, Villa.

 

L'immagine del titolo è tratta da www.sciara.net

 

(tratto da ClamFerrovia, anno VII, n. 29 - Maggio 1986)

 

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