Cosenza, Giugno 1974: Il treno in sosta nella stazione di Cosenza pronto per la partenza per Paola come locale 8988.

Con un convoglio identico a questo, nella carrozza di coda, lasciai definitivamente la Calabria il 3 settembre 1941.

(Da “La Paola – Cosenza” di N. Molino e B. Sinchetto).

NATO A CATANZARO

Come è cominciata la mia passione per i treni

 

di Raimondo Garcea

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Io ho la passione dei treni. In modo più forbito dovrei dire che coltivo, per hobby, l’interesse per i mezzi su rotaia. È un interesse che parte dalla più tenera età, come usa dire, tanto da suscitare, nei miei genitori e negli altri “grandi” che mi circondavano, molta curiosità (e qualche preoccupazione). In quei tempi doveva essere un fatto abbastanza inconsueto, ed era inevitabile che mi sentissi chiedere: “ma come ti è venuto in mente?”.

Con il passare degli anni mi sono incaponito a cercare una risposta; che finalmente ho trovato in anni abbastanza recenti, grazie alla memoria, che mi ha consentito di mettere in fila eventi lontani e poco collegati fra loro. Questo testo è, in un certo senso, il “verbale” di quello che ricordo, con l’ottica dei miei anni lontani. Se a qualcuno capitasse di leggerlo, sappia che l’ho fatto solo per raccontare a me stesso l’esito di un’indagine sui miei ricordi che oggi nessuno di coloro che li hanno condivisi potrebbe più fare. Ma devo mettere in chiaro che ho riportato solo ciò che so, o che ricordo, con le relative sensazioni ed emozioni; non ho fatto ricerche di sorta, e per le informazioni storico-tecniche sulle realtà di cui parlo ci sono (per fortuna) tanti amici più informati di me, e tante pubblicazioni ben documentate, che ho utilizzato più che altro per ricavare immagini che servono a rendere più comprensibile, e più ancorato alla realtà il mio racconto.

Credo che, alla base di tutto ci sia un fatto significativo: sono nato a Catanzaro.

Tralasciando il fatto che la circostanza non mi inorgoglisce, forse perché in questa città ho vissuto pochissimo, e, visitandola poi “da grande”, l’ho trovata deludente, almeno alla luce di certi modelli che la vita mi era andata via via proponendo, o perché questa annotazione sui documenti mi ha talvolta creato qualche imbarazzo, devo dire che, ai miei tempi, (e, in parte, ancora nel momento in cui scrivo), aveva un requisito oggettivo per me importante: una casistica ferrotranviaria quasi completa, con tre (o addirittura cinque, secondo altri punti di vista) tipologie diverse di mezzi su rotaia.

Quando vi trascorrevo gli anni della mia prima infanzia, cioè alla fine degli anni ’30, Catanzaro disponeva di una serie consistente di infrastrutture di trasporto pubblico su rotaia; va detto che, in quei beati tempi, “trasporto pubblico” significava, in gran parte dei casi, “mezzo su rotaia”; ogni altro tipo di veicolo era irreparabilmente un ripiego, o un supporto e lo si usava solo quando non c’erano alternative.

Le infrastrutture di cui parlo sono:

Una stazione delle Ferrovie dello Stato

sulla linea S. Eufemia Lamezia - Marina di Catanzaro (oggi Lamezia Terme - Catanzaro Lido), di transito su una linea complementare a binario unico non elettrificata; una presenza non particolarmente significativa, anche perché dislocata lontana dall’abitato, in una stazione denominata “Catanzaro Sala”, dal nome della borgata presso la quale era ubicata. Vi transitavano parecchi “accelerati”, tutti svolti da convogli di 2 o 3 automotrici ALn 556 FIAT, salvo due “misti” a trazione a vapore. La trazione di questi ultimi, oltre che dei merci, era assicurata da fumiganti 640, 625 o 740. In composizione a un “misto” c’era la carrozza diretta per e da Roma, che portava e ritirava a S. Eufemia Lamezia, dove si incontrava la litoranea tirrenica, prima o dopo un percorso notturno. All’epoca, infatti, ogni capoluogo di provincia del Regno, quando possibile, doveva disporre di un collegamento ferroviario diretto con la Capitale.

La stazione di Catanzaro Sala delle F.S. in una cartolina degli anni '20.

È visibile, sul fondo, l’imbocco della “Galleria del Sansinàtora”, all’ingresso lato S. Eufemia Lamezia;

in alto la  città, collocata su un colle.

Tre stazioni delle “Ferrovie Calabro-Lucane”

sulla linea Cosenza - Catanzaro Città - Marina di Catanzaro, di 110 chilometri, a scartamento ridotto di 0,95 metri. Le stazioni si chiamavano Catanzaro Città, Catanzaro Pratica e Catanzaro Sala. Da qui la linea proseguiva verso il Mar Jonio. Il tronco fra Catanzaro Città e Sala, di circa 5 chilometri, era parzialmente armato a cremagliera, data la forte pendenza, per cui richiedeva un modello di esercizio specifico.

La stazione di Catanzaro Città  delle Calabro – Lucane negli anni ’50.

Pianta schematica

di Catanzaro alla fine degli anni ’30,

lucidata dall'autore

dalla “Guida breve d’ Italia” del T.C.I.

Sono visibili:

  1. la stazione di Catanzaro Sala, delle F.S., sulla linea S. Eufemia Lamezia – Marina di Catanzaro, affiancata, a Ovest, dalla stazione omonima delle Ferrovie Calabro – Lucane, sulla linea Cosenza – Marina di Catanzaro, a scartamento ridotto;

  2. il percorso della “Tranvia Automotofunicolare”, dalla stazione di Sala a Pontegrande, divisa in 3 tronchi: Stazione Sala – Piede della rampa funicolare – Rampa (fino a piazza Roma) – Percorso urbano. Quest’ultimo, disegnato a tratto e punto, attraversava la città sulle strade ordinarie e proseguiva verso Nord, fuori dalla pianta, fino alla frazione di Pontegrande.

Il tracciato della Calabro – Lucana, oggi ancora in esercizio, sottopassa il Centro cittadino fra Catanzaro Città e Catanzaro Pratica. Dopo questa fermata, un lungo tratto fino alla stazione di Sala F.C.L., è armato con cremagliera Strub, e richiede perciò mezzi di trazione specifici.

 

Una linea tranviaria

che percorreva tutta la città in senso longitudinale, congiungendo la stazione di Catanzaro Sala, nella vallata del Corace e dei suoi affluenti, con piazza Roma, posta sul colle all’inizio dell’abitato, e da lì alla borgata suburbana di Pontegrande, sempre sul colle, ma all’estremità opposta. Il tratto fra un punto posto a 500 metri dalla stazione F.S, e piazza Roma, in forte pendenza, funzionava tramite un impianto funicolare idraulico, con due carri-freno muniti di cisterna, ai quali si appoggiavano le vetture. In tal modo la vettura motrice, lasciato il piazzale della stazione ferroviaria, dove c’era il capolinea tronco, percorreva un breve tratto pianeggiante, per innestarsi con uno scambio a regressione sul piano inclinato. A questo punto il carro-freno, trainato dalla fune, si accostava alla vettura (non più motrice), e la spingeva per la salita, portandola alla stazione in città. Qui trovava, su un binario a fianco, una classica vettura tranviaria a 2 assi, che svolgeva il servizio urbano.

Vettura tramviaria mentre percorre il Corso Vittorio Emanuele.

Il piede della rampa della funicolare negli anni ’30, con il carro-freno.

È visibile il sistema di trasporto della carrozza, innestatasi a monte del carro-freno con la cisterna vuota d’acqua

e spinta da questo fino al termine della salita. Un altro carro-freno, trattenuto all’altra estremità della stessa fune,

si appresta a iniziare la discesa dalla stazione superiore, con la cisterna riempita d’acqua per contrappeso, che sarà svuotata all’arrivo.

Questa copiosa dotazione di mezzi su rotaia (copiosa per una remota cittadina del Mezzogiorno sul finire degli anni Trenta del secolo passato, quando ospitava più o meno 50.000 abitanti), al momento in cui scrivo, è ancora in parte attiva, sia pure con vicende avventurose, specie negli ultimi tempi. La sola struttura veramente scomparsa è la linea tranviaria, nel tratto semi-pianeggiante sul colle, per la cui sopravvivenza, del resto, già ai miei tempi nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Naturalmente, tutto è radicalmente cambiato; la stazione di Sala è stata dismessa, e ne è stata costruita una nuova, a qualche chilometro di distanza, mentre esiste un piano di sviluppo di una “metropolitana di superficie” basato sulla rete a scartamento ridotto delle Ferrovie Calabro - Lucane, che forse la prossima generazione vedrà completato.

In un prossimo articolo descriverò cosa era, e come ricordo io la funicolare ed il tram, chiamato localmente “a trambia”, avendo cura di pronunciare il gruppo “tr” come lo pronuncerebbero gli inglesi.

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