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Venivano a casa ogni due settimane, al massimo ogni tre, la domenica pomeriggio, le signorine d’Ambrosio, la carissima Maria Pia, amica e collega di mia madre, e la sorella Mentina, assistente sociale dell’ECA, l’Ente Comunale di Assistenza per i bambini poveri …, come amava ripetere! Per me erano i dolci, indimenticabili pomeriggi in famiglia degli anni ’50, i giochi della prima infanzia con Maria Pia, che – con una pazienza incredibile – si metteva “a mia disposizione”, mentre gli altri – i “grandi” – discutevano di politica e di costume, di medicina (mio padre era medico e sempre c’era qualche domanda ‘in tema’!) o di attualità. Quanta nostalgia!

 

La stazione superiore della Funicolare di Chiaia negli anni ’50, come appariva al ‘piccolo’ Andrea Cozzolino.

(coll. E. Bevere)

 

Ma come arrivavano, e da dove, le signorine d’Ambrosio? A casa, a via Luca da Penne (una traversa di via Crispi), tornavano con il 128 che aspettavano (anche allora a lungo!) sotto casa mia a via Luca Giordano (ed io aspettavo con loro … dal balcone), ma per venire, eh, per venire utilizzavano la funicolare di Chiaia, la più antica delle tre che collegano il Vomero con il centro di Napoli. E a me quella funicolare piaceva, piaceva tanto! E così mia zia Maria, la persona che più di ogni altra ha accettato e più di ogni altra ha subito il mio innato (e precocissimo) “amore” per i trasporti, quando era bel tempo, mi portava alla stazione superiore di via Cimarosa e poi a prendere il trenino fino a piazza Amedeo dove aspettavamo le amiche risalendo assieme…

 

L’interno della stessa stazione: sullo sfondo la grande vetrata che la separava dalle scalinate che conducevano ai treni (Archivio ANM).

La stazione superiore della funicolare di Chiaia era per me soprattutto la grande vetrata colorata che separava il vestibolo dalle scale che conducevano alle vetture. Era l’unica funicolare con due binari separati e perciò si sapeva in anticipo dagli indicatori luminosi se si doveva aspettare il treno di sinistra o quello di destra, il mio preferito perché mi consentiva, guardando a destra poco dopo la partenza, di vedere le vetture in riparazione, mentre a sinistra, in un altro spazio, c’erano sì altre due carrozze, ma sempre ferme, sempre abbandonate: no, non mi piacevano la 1 e la 2, verdi un tempo, ma ora solo sporche e quasi bianche per la polvere. I grossi numeri quasi non si vedevano più, mentre le vetture in servizio e quelle rimessate in attesa di assumere servizio erano sempre “a posto”, due verniciate in avorio-verde, la 4 e la 5, e due in avorio-rosso, la 3 e la 6, queste due ultime quasi certamente ridipinte sull’esempio delle consorelle operanti sulla funicolare di Montesanto dove però rosse erano le pari, verdi le dispari …

Era una gioia che solo un appassionato di trasporti può comprendere accorgersi – ed accadeva moooooolto di rado – che uno dei vagoni era stato sostituito: dopo tanti viaggi, ad esempio, sulla 6, tornare a “riprendere” la 3. Già, la 3: quando ero ormai più grande e i viaggi in funicolare li facevo da solo, un giorno, al posto della “solita” 6, trovai appunto la 3, ma … rossa (appunto) e sul binario pari! E quale gioia nel ritrovare il cancelletto dell’ultimo scompartimento (quello un tempo usato come bagagliaio) sostituito nella 5 e nella 6 da un’anonima porta simile a quella degli altri scompartimenti.

Le vetture 5 e 6, principali ‘protagoniste’ di queste pagine …

(ambedue le foto sono di Antonio Ruggieri).

Poi tornò la 6, quasi completamente ricostruita e – orrore! – con delle scalette interne che mettevano in comunicazione tra loro i vari scompartimenti: una vera profanazione, a mio modo di vedere, che rovinava lo “stato d’origine” della vettura. Poi fu il turno della 5, ed io sperai (verde per verde) di rivedere in servizio la 4 che mi aveva accompagnato in tanti viaggi dell’infanzia, e invece riapparve la 3, questa volta sul “suo” binario, ma accompagnata all’altra “rossa”… La 5 non fu dotata delle intercomunicazioni e rimase la mia preferita. Ma le carrozze con i cancelletti non sarebbero mai più tornate in servizio; anzi, nel 1976 la mia funicolare sarebbe stata chiusa e completamente ammodernata. Rifatta la via di corsa, ora ad un solo binario con scambio al centro, nuovi i convogli (ciascuno di due unità collegate tra loro), modificate (e stravolte) le stazioni!

Alle Officine ATAN di Croce Lagno rividi tempo dopo la 6, che si pensava di preservare a fini museali: invano! Finì anch’essa dal demolitore come le altre, e a quella che era stata per me la vettura “meno simpatica” rivolsi lo sguardo come ad una reliquia…

Le vetture accantonate a fine esercizio: in primo piano la  carrozza 3 che ha conservato i “cancelletti” originari.

(Archivio ANM)

 

 

in principio ...

 

La prima funicolare per il Vomero, che collegava il “nuovo” quartiere collinare al rione Amedeo, fu realizzata (per una precisa volontà della Banca Tiberina, proprietaria dei suoli vomeresi), mediante una sua emanazione, la “Società Ferrovie del Vomero”. Inaugurata il 20 ottobre 1889 era stata costruita – a doppio binario – da una Ditta locale, la Gennaro Fermariello, per quanto attiene alle opere civili, mentre le Officine Nazionali di Savigliano provvidero agli impianti tecnologici e alle vetture.

 

 

Una preziosa incisione che sintetizza “tutta” la funicolare di Chiaia: la stazione superiore, quella inferiore,

quella del Corso e il convoglio con due vetture …. (coll. A. Gamboni).

 

Le due stazioni terminali sono poste a via Cimarosa (a pochi passi da p.zza Vanvitelli, centro del Vomero) e a via del Parco Margherita (in prossimità dell’elegante rione Amedeo); ad esse vanno aggiunte due fermate intermedie, una sita al corso Vittorio Emanuele ed un’altra al “Palazzolo”, corrispondente ad un insediamento edilizio, Parco Marcolini, sito alla via Filippo Palizzi. Quest’ultima fermata fu aperta peraltro solo nel 1926. Alimentata a vapore allo stato d’origine, la Funicolare di Chiaia fu convertita alla trazione elettrica nel 1900. Lunga m 564,20 sul piano inclinato supera, con una pendenza costante del 29,80%, un dislivello di m 161,15.

 

La stazione del Corso in costruzione. Sulla sinistra, in lontananza,

il grande fumaiolo costruito presso la stazione superiore (coll. A. Gamboni).

 

L’armamento originario era costituito da rotaie Vignoles di 9 m di lunghezza del peso di 30 kg/ml ancorate su traverse di rovere. Lo scartamento era, ed è, di 1445 mm. Le vetture originarie erano quattro, accoppiate, miste di I e II classe, alle quali si aggiungevano due carri per il trasporto delle carrozze (!). Per quanto in nessun documento si parli di sostituzione delle vetture è certo che nel 1914 queste divennero sei per la trasformazione dei due carri aperti: la somiglianza pressoché totale con le omologhe carrozze della Funicolare di Montesanto, costruite (in un lasso di tempo però successivo) dalle Officine Ferroviarie Meridionali, induce a pensare che si siano utilizzati solo i vecchi telai dei carri per fabbricare le due nuove vetture e che le altre siano state progressivamente adeguate al disegno delle più recenti.

A partire dagli anni della Seconda guerra mondiale i convogli composti da due carrozze furono aboliti e rimase una sola vettura per “treno”; di qui il progressivo abbandono ed accantonamento delle carrozze numerate 1 e 2 e poi l’utilizzo di sole tre unità “a rotazione” fino alla chiusura dell’impianto in vista del suo totale rifacimento.

 

L’interno della stazione del Corso con una singola carrozza (coll. A. Gamboni).

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