di Andrea Cozzolino

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1. Storia della filovia  

Leggendo gli Atti Parlamentari della II Legislatura della nostra Repubblica, troveremo che nella seduta del 17 aprile 1956 l’on. Spampanato rivolgeva un’interrogazione al ministro pro tempore dei Trasporti on. Romita “per conoscere se gli risulti che le esorbitanti e ingiustificabili pretese dell’A.N.A.S. (lire cinquecento per ogni palo di sostegno della rete elettrica) rendono impossibile l’istituzione del pur tanto atteso servizio filoviario Capua-Caserta-Maddaloni”.

All’istanza il Ministro rispose che si trattava di prassi consolidata e che non si poteva definire ingiustificato ed esorbitante il contributo che si richiedeva per l’installazione dell’impianto filoviario lungo la statale 7 «Appia» in quanto del tutto coerente con quanto applicato ad impianti consimili. Il Ministro precisava nella sua risposta che detto contributo era stato richiesto dall’A.N.A.S. alla S.A.C.S.A. (Società anonima per i servizi automobilistici) e non alla F.A.C.E.M. come aveva invece detto l’on. Spampanato.

E, se anche aveva ragione per il canone richiesto, qui il Ministro sbagliava perché da tempo la S.A.C.S.A. era stata assorbita da un’altra Azienda privata della zona, la F.A.C.E.M. appunto, il cui acronimo (Filovia Autolinee Capogna Esercizio Meridionale), metteva in primissimo piano quale era l’intento principale della Ditta e del suo battagliero proprietario, la costruzione e l’esercizio di una filovia che collegasse l’area di Capua e di S. Maria Capua Vetere con quella di Maddaloni attraversando – anche se in modo abbastanza defilato – il capoluogo, Caserta.

Foto di fabbrica dei filobus della Capua-Caserta-Maddaloni. Nell’immagine – scattata nel deposito di Capua –

si notano i tre bifilari tronchi che erano presenti nella rimessa.

Non sappiamo quali furono le vicende successive a quest’unico documento che abbiamo reperito, ma certamente la nascita della nuova linea dovette essere abbastanza travagliata se è vero che essa fu inaugurata solo il 28 marzo 1961, peraltro con unanime soddisfazione delle popolazioni delle località attraversate, che nel collegamento filoviario scorgevano una possibilità concreta di raggiungere velocemente le località più importanti e popolose a nord e a sud di Caserta. La filovia, però, arrivava forse in ritardo, in un periodo nel quale si era ormai diffusa (fin troppo) la motorizzazione privata e per di più il filobus, che per decenni era stato considerato il veicolo più affidabile, era ora (agli occhi di molti) del tutto soppiantato dalle autolinee che – non legate a nessun vincolo di rete fissa – sembravano poter offrire all’utenza un servizio più elastico e conseguentemente più appetibile. Non è certo un caso che la Capua-Caserta-Maddaloni sia la penultima filolinea costruita in Italia (l’ultima sarà, ancora in Campania, la Napoli-Aversa) prima del drastico ridimensionamento delle linee filoviarie che partirà dalla seconda metà degli anni ’60 e che coinciderà con la fine della produzione di filobus da parte dell’industria italiana. Che la crisi potesse colpire la filovia Capua-Caserta-Maddaloni e con essa la F.A.C.E.M. appare già da un’altra interrogazione parlamentare, questa volta risalente al 2 aprile 1967. L’on. Raucci interroga il Ministro dei Trasporti (che stavolta è il futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro) “per conoscere quali provvedimenti intenda adottare nei confronti della società F.A.C.E.M. … che ha abolito delle corse nelle ore in cui maggiori sono le esigenze di spostamento degli operai della zona”. Scalfaro fa presente che “l’esercizio della filovia Capua-Caserta-Maddaloni versa in precarie condizioni economiche per gli alti costi e la scarsa frequentazione”, ma informa l’interrogante che la Società, per venire incontro alle esigenze dell’utenza, ha ripristinato le partenze da Capua alle ore 5.30 e da Maddaloni alle ore 22. È un segnale tristemente significativo che anticipa la prevedibile conclusione dell’esperienza F.A.C.E.M., il fallimento dell’Azienda e il conseguente passaggio di concessioni, impianti e veicoli alle T.P.N. (Tranvie Provinciali di Napoli).

La vettura n. 2 in piena corsa da Capua verso S. Maria Capua Vetere (foto P. Gregoris).

La vettura n. 3 ritratta a Capua, in Corso Gran Priorato di Malta,

non lontano dal celebre Museo Campano (foto P. Haseldine).

2. Dal fallimento alla chiusura.  

Il fallimento della F.A.C.E.M. fu decretato in data 11 dicembre 1970 e subito dopo venne assegnata a T.P.N. la gestione di tutti i servizi automobilistici e filoviari espletati dalla cessata Ditta di Capua. L’effettiva ripresa del servizio avvenne – dopo sollecitazione ministeriale – il 15 gennaio 1971. Sappiamo da documenti d’archivio che, nel frattempo, T.P.N. aveva provveduto a valutare gli immobili, la rete aerea, le sottostazioni elettriche e i filobus ex-F.A.C.E.M. ritenendo complessivamente che fosse possibile, anche se dopo un’adeguata manutenzione, ripristinare l’esercizio filoviario, che fu difatti ripreso il 20 gennaio 1971. Successivamente, il Ministero attribuì in via definitiva a T.P.N. le concessioni delle linee esercitate con autobus, mentre rimase sospesa la concessione filoviaria che per legge doveva essere attribuita al proprietario della rete aerea.

La vettura n. 5 al capolinea di Maddaloni e la n. 2 ferma a Capua.

In quest’ultima immagine si nota lo scalino retrattile della porta posteriore (ambedue le foto P. Gregoris).

T.P.N. – a questo punto – doveva decidere se acquistare la rete o se l’onere derivante da tale acquisto non fosse eccessivo rispetto alla possibilità alternativa di richiedere la sostituzione della filovia con un servizio di autobus. E a questo punto, nonostante fossero passati pochi mesi dalla precedente perizia, improvvisamente si appalesarono incredibili difficoltà: la rete assai spesso era sostenuta da pali che ricadevano in proprietà private senza che F.A.C.E.M. avesse regolarizzato con i proprietari l’occupazione del suolo; la rete era di tipo rigido e non compatibile con quella elastica della Napoli-Aversa di proprietà T.P.N.; il deposito di Capua non era dotato di racchetta per la movimentazione dei filobus; le vetture non erano compatibili con quelle T.P.N. ed erano dotate di batterie ad accumulatori per il superamento ad aste abbassate di un passaggio a livello il che consentiva solo a loro di potersi muovere autonomamente nel deposito ed erano ormai logorate da 10 anni di servizio (!?!).

Insomma: si capisce chiaramente che T.P.N. ha il chiaro obbiettivo di non assumere la concessione della Capua-Maddaloni se questa non viene trasformata in autoviaria. Del resto, l’unica argomentazione effettivamente consistente è che 20 Km circa di bifilare erano utilizzati per soli sei filobus. E così la richiesta di T.P.N. venne accolta: la Capua-Maddaloni venne trasformata in linea automobilistica con autorizzazione ministeriale del 13 dicembre 1971, anche se poi i filobus continuarono a percorrere la linea fino al 26 ottobre 1972.

“Il Mattino” del 21 novembre 1971 pubblica l’avviso di gara per la vendita all’asta della filovia Capua-Caserta-Maddaloni.

3. Lo sviluppo della linea.

Partendo da piazza Porta Napoli, non distante dal deposito, sito in via Mariani, i filobus si inserivano sulla statale 7 “Appia”, attraversando prima il territorio di Capua, poi quello di S. Maria Capua Vetere. Qui, all’angolo tra corso Adriano e corso Garibaldi, vi era la possibilità per i mezzi provenienti da Capua di immettersi in corso Garibaldi e per quelli provenienti da piazza Mazzini in S. Maria Capua Vetere di immettersi sia verso Capua che verso Caserta e da Caserta verso corso Garibaldi. La rete proseguiva poi verso Caserta attraversando le località di Curti e Casapulla. Superata una racchetta posta all’altezza della stazione ferroviaria del capoluogo, la rete procedeva per via Roma e via Unità Italiana per dirigersi poi verso San Clemente, frazione di Maddaloni, ove (come detto) attraversava il passaggio a livello FF.SS. In Maddaloni il capolinea era ubicato in piazza De Sivo. Lo sviluppo complessivo della rete, ragguagliata a semplice bifilare  e comprensiva degli anelli di svolta e del bifilare del deposito era di circa Km. 52, laddove l’estensione delle linea era di Km. 19.260 a bifilare doppio e Km. 3.250 a bifilare semplice.   

Di nuovo la vettura n. 3, stavolta fotografata in transito per S. Maria Capua Vetere, e la n. 6 ritratta mentre

parte da Maddaloni diretta a Capua. Da quest’ultima immagine è chiaramente visibile il “salottino” posteriore

che caratterizzava l’allestimento interurbano dei filobus della Capua-Maddaloni (ambedue le foto P. Gregoris).

La vettura n. 4 a Caserta, in prossimità della stazione FF.SS..

Sullo sfondo un angolo della Reggia borbonica (foto P. Haseldine).  

4. La rete aerea, le sottostazioni elettriche e le rimesse dei filobus.  

La rete aerea della filovia Capua-Caserta-Maddaloni era stata realizzata dalla C.G.E. con sospensione rigida. La linea di contatto era costituita da conduttori sagomati di rame elettrolitico dalla sezione nominale di 100 mmq. La rete era sostenuta in massima parte da pali in cemento armato centrifugato tipo “CAC”, ma in alcuni punti erano presenti anche pali “Dalmine”. I trasversali erano peraltro appoggiati anche a fabbricati della zona con l’ausilio di sordine ammortizzatrici. Due erano le sottostazioni elettriche di conversione, ciascuna della potenza di 600 kW, che alimentavano la filovia: una era sita a metà strada tra Capua e S. Maria Capua Vetere, l’altra a Centurano, frazione di Maddaloni. Benché in parallelo, potevano agire separatamente grazie al sezionamento della rete di contatto. Il deposito principale nel quale erano rimessate le vetture filoviarie della F.A.C.E.M. (esisteva anche una rimessa sussidiaria in Maddaloni di soli 207 mq) si trovava in Capua ed era ubicato precisamente in via Mariani. Esteso su una superficie complessiva di 1449 mq (di cui 1200 mq coperti), il deposito aveva una singolare forma trapezoidale. Un’ampia zona alle spalle dell’edificio principale, benché priva di pavimentazione, era destinata ad operazioni di lavaggio dei veicoli e di piccola manutenzione. Dotato di autorimessa (vi erano infatti allocati anche una ventina di autobus) e di uffici si trovava in una zona che il comune di Capua avrebbe destinato a parco pubblico nel suo Piano Regolatore Generale. Benché se ne sconsigliasse l’acquisto da parte da T.P.N., fu invece acquisito al patrimonio aziendale ad alienato da C.T.P. solo a metà degli anni ’90. Al tempo della F.A.C.E.M. era dotato solo di tre bifilari semplici.

Planimetria dell’area in cui era sito il Deposito autofiloviario F.A.C.E.M. di Capua.

5. Il materiale rotabile: Lancia Esatau 101.05 – Menarini Monocar 1002.

Le otto vetture costituenti la dotazione della filovia Capua - Maddaloni sono fra le più singolari  prodotte negli anni ‘60, non foss’altro per due caratteristiche: sono le uniche ad essere state realizzate dalla Menarini a struttura portante con gruppi meccanici Lancia e sono fra i pochissimi filobus dotati di allestimento interurbano. La filante carrozzeria di questi veicoli era verniciata in avorio nella parte superiore e in blu in quella inferiore, ove però ritornava l’avorio in un’elegante fascia di chiusura. Caratteristici, sui lati anteriore e posteriore, i grossi numeri di matricola dipinti in giallo. Il frontale, cui conferivano una nota di leggerezza i fregi della sezione inferiore, era caratterizzato dalle ampie superfici vetrate dei parabrezza che davano luminosità all’intero filobus. Molto raffinate, anche se scarsamente funzionali, le portine di ridotte dimensioni a quattro antine con doppi vetri sagomati, la cui colorazione ripeteva quella dell’intero filobus. L’equipaggiamento elettrico era costituito dal motore di trazione del tipo CGE CV 1227/A erogante la potenza oraria di 120 kW (= 164 HP) e dal comando di avviamento MRA. L’elevata potenza si rivelava utilissima nei frequenti tratti in rettilineo della filovia consentendo una sensibile accelerazione del veicolo.

Alle insegne della F.A.C.E.M. si sono sostituite quelle di T.P.N.: la vettura n. 5, fotografata da M. Kaiblinger

di fronte alla stazione di Caserta, sta per impegnare lo scambio che consente o di proseguire per Maddaloni

o di effettuare manovra di rientro verso Capua utilizzando l’apposita racchetta.

La vera nota distintiva dei Monocar 1002 era costituita, come si è già avuto modo di accennare, dalla batteria supplementare di accumulatori che consentiva di superare ad aste abbassate il passaggio a livello della linea ferroviaria Caserta - Foggia in località San Clemente.

La vettura n. 8 attraversa ad aste abbassate il passaggio a livello di San Clemente (foto P. Gregoris).

L’interno presentava sedili-poltroncine fronte-marcia disposti in doppia fila su ambedue i lati, il che riduceva peraltro non di poco gli spazi interni, rendendo difficile il viaggio ai passeggeri in piedi, soprattutto a quelli che dovevano raggiungere in tempi ristretti la porta anteriore, dovendo compiere tragitti di breve durata. Ma era l’unico neo di filobus segnati peraltro soltanto da note positive: robustezza di struttura, duttilità, affidabilità, durata. Quest’ultima caratteristica, a dispetto delle valutazioni dei dirigenti T.P.N. dell’epoca, fu dimostrata dalle vetture della Capua-Maddaloni dopo che il Curatore fallimentare della F.A.C.E.M. le ebbe vendute all’ILPAP di Atene, la quale le inserì nel proprio parco con le matricole 1140÷1147.

E per lunghi anni hanno circolato nel “difficile” traffico della capitale greca, impiegate prevalentemente sulla linea del Pireo. In servizio certamente sino al 1990, furono poi inserite in un programma di ammodernamento e ricostruzione del parco filoviario ateniese, che però non venne attuato. Dovrebbero pertanto aver chiuso la loro esistenza agli inizi dell’ultimo decennio del XX secolo.

Completiamo la disamina del materiale rotabile ricordando che per la manutenzione della linea era utilizzato dalla F.A.C.E.M. un vecchissimo carro scala, realizzato trasformando un autobus Isotta Fraschini D65 del 1947, che era stato dotato delle necessarie attrezzature.      

La vettura 1142 in servizio sulla linea 7 della capitale greca. Il filobus proveniente da Capua

è stato ridipinto in arancio e modificato sia nella carrozzeria che nell’allestimento, adattato alle esigenze urbane.

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