di Andrea Cozzolino

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Storia della filovia

Le condizioni del trasporto pubblico nell’area avellinese al termine del secondo conflitto mondiale erano non meno precarie che in altre aree della Penisola provate dalla durezza degli anni di guerra. Ma – non meno che altrove – si avvertiva in essa la volontà di rinascita che necessariamente passa attraverso un’organica ristrutturazione dei trasporti.

Fu l’on. Carmine De Martino, noto personaggio politico democristiano, titolare della S.A.I.M. (Società Agricola Industriale del Mezzogiorno) e già impegnato nella T.E.P.S. (Tranvie Elettriche della Provincia di Salerno) e quindi buon conoscitore del “mondo” dei trasporti, a lanciare la proposta di realizzare un collegamento filoviario tra il capoluogo irpino e Atripalda per ottenere un rapido allacciamento tra i due Comuni evitando le lungaggini connesse all’eventuale costruzione di una linea elettro-ferroviaria, che era invece propugnata da non pochi esponenti locali.

Sulla sinistra, evidenziato, l’on. Carmine De Martino mentre partecipa ad una manifestazione della S.F.I. (Archivio A.T.I.-AV).

Sulla base della proposta De Martino nasceva così un Comitato promotore della filovia Atripalda-Avellino, nucleo originario della futura S.F.I. (Società Filoviaria Irpina). Il primo significativo problema che ad esso si pose fu quello del percorso della nuova linea e, in particolare, dell’attraversamento della grossa frazione di Pianodardine, rappresentata da non pochi soci della costituenda Società. La ‘salomonica’ decisione del Comitato fu che – pur rispettando l’asse piazza Libertà di Avellino – staz. ferroviaria di Avellino – p.zza Umberto I di Atripalda – sarebbe stato realizzato un itinerario alternativo proprio attraverso Pianodardine.

Il progetto della linea fu affidato (forse anche in questo caso su suggerimento del De Martino) al salernitano ing. Domenico Capano, divenuto in seguito (e per lunghi anni) Direttore di esercizio della filovia.

L’ing. Domenico Capano, progettista della filovia irpina e per lunghi anni suo Direttore (Archivio A.T.I.-AV).

La nascita della Società Filoviaria Irpina va fissata al 19 agosto 1946, data della prima Assemblea dei Soci che si tenne presso il cinema Ideal di Atripalda dopo che era stata chiusa la sottoscrizione delle azioni, curata in particolare dal dott. Salvatore Cioppa, Direttore della filiale di Atripalda del Banco di Napoli. Scopo della Società era (ovviamente) la costruzione e la gestione di “un servizio pubblico di trasporto di persone e di cose con un impianto filoviario”, e la sua durata era prevista fino al termine prorogabile del 31 dicembre 1975. Nell’occasione, venne eletto anche il primo Consiglio di Amministrazione, composto di nove membri e presieduto dal prof. Basilio Focaccia, personaggio anch’egli molto legato al De Martino.  

Il 1947 vide dapprima l’approvazione della costruzione della linea da parte del Comune di Atripalda (per la parte di sua competenza) il 13 marzo e quindi l’analoga approvazione da parte del Comune di Avellino il successivo 15 aprile. Il 19 luglio 1947 il dott. Salvatore Cioppa, nel corso di una significativa Assemblea, poteva felicemente affermare che ogni ostacolo alla realizzazione dell’opera era stato superato e che – grazie ancora una volta al De Martino che aveva favorito l’acquisto di non poco materiale necessario all’impianto della rete – i lavori erano ormai “in dirittura d’arrivo”. Anzi, era già possibile fissare la data dell’inaugurazione della filovia che si volle  far coincidere con la festa di S. Sabino, protettore di Atripalda, il successivo 16 settembre.

Il materiale rotabile d’impianto era costituito da quattro vetture FIAT 668F/CaNSA CGE che era stato possibile reperire in tempi brevissimi perché costruite in realtà per la città di Valencia (ordinativo del 1944), ma da questa ricusate perché rese disponibili dalla Casa torinese solo alla fine della guerra. La solenne cerimonia, cui prese parte il Ministro dei Trasporti on. Guido Corbellini, si svolse nei locali della cosiddetta Dogana di Atripalda, il locale che il Comune aveva messo a disposizione della S.F.I. come sua Sede e deposito delle vetture. 

 

  

Certificato azionario della Società Filoviaria Irpina contenente i dati relativi alla costituzione della Società, e due immagini della gran folla che partecipò all’inaugurazione della rete filoviaria irpina il 16 settembre 1947. Nella seconda foto, sulla destra, si scorge l’abate di Montevergine padre Ramiro Marcone, uno dei grandi fautori della realizzazione della funicolare Mercogliano-Montevergine (Archivio A.T.I.-AV).

Il regolare avvio del servizio filoviario coincise però con le proteste da parte dei cittadini di Pianodardine che non vedevano cominciare i lavori necessari alla realizzazione di quel percorso alternativo della filovia di cui più sopra s’è detto, in realtà  a causa della mancata consegna dei pali necessari al sostegno della rete aerea. Il percorso alternativo vedrà infatti comunque la luce, ma solo nel 1949, dando vita alle linee filoviarie 1 e 2.

Anche il costo delle corse e il sovraffollamento delle vetture fu causa di non poche lamentele da parte dell’utenza. A tal proposito va ricordato che le tariffe oscillavano tra le 10 e le 20 lire a seconda della tratta percorsa e che la frequenza media delle corse era intorno ai 20 minuti.

Le bianche filovie cominciano il loro quotidiano lavoro: vediamo due vetture che si incrociano in corso Vittorio Emanuele,

e un altro filobus al capolinea di Atripalda (ambedue le cartoline coll. A. Cozzolino).

Tra i progetti di espansione della linea maggiore rilievo aveva certamente la possibile estensione della filovia fino a Mercogliano, anche in previsione della costruzione della funicolare Mercogliano-Montevergine. Questa, però, nonostante molti progetti presentati fin dall’inizio del secolo, appariva ancora molto lontana da una concreta realizzazione a causa delle notevoli difficoltà costruttive. Proprio per questo, il Cioppa propose (nell’assemblea del successivo 1949) che l’eventuale prolungamento della filovia fosse correlato alla costruzione dell’impianto a fune, ma tale sua proposta fu disattesa e l’assemblea si espresse a favore di un prolungamento a Mercogliano indipendentemente dalla costruzione della funicolare. In quest’ottica, sin dal successivo 1950, fu dato mandato all’ing. Capano di preparare il progetto per il prolungamento.

Negli anni successivi, la S.F.I. (come appare dai suoi bilanci) fu tutta protesa verso lo sviluppo societario e del servizio, e lo dimostrano due estensioni automobilistiche, l’istituzione di una linea circolare interna ad Avellino sin dal 1950 e un prolungamento verso la frazione di Valle attuato nel 1954. Al 1956 risale infine l’istituzione di una terza autolinea collegante il centro di Avellino con la frazione di  Bellizzi Irpino.

Ma il 1956 rappresenta soprattutto il momento dell’estensione della linea filoviaria a Mercogliano, evento che è caratterizzato anche dall’aumento del materiale rotabile con l’acquisto di due filobus a tre assi anch’essi ottenuti grazie all’intervento della SO.ME.TRA. di Salerno e – quindi – del De Martino.

La rete filoviaria irpina dopo il prolungamento a Mercogliano.

A questa situazione rosea segue – nella seconda metà degli anni ‘50 – una serie di anni ‘grigi’ che culmineranno con il primo bilancio in rosso, quello del 1959. Causa di queste risultanze negative della S.F.I. sembra essere stata soprattutto la necessità di reperire almeno due autobus usati per sopperire al fermo (a rotazione) delle vetture filoviarie di prima dotazione che la M.C.T.C. impose di revisionare.

A partire dal 1959 – e con la sola eccezione del 1961 – tutti i bilanci della S.F.I. si chiuderanno in perdita, e a nulla varrà la decisione – assunta già nel 1958 – di accrescere il capitale sociale, visto che le nuove azioni immesse sul mercato non avranno gran numero di acquirenti. E, se è vero che la filovia perdeva sempre più introiti a causa del diffondersi della motorizzazione privata, è anche vero anche che appare inspiegabile come la Società non provvedesse a modernizzare per quanto possibile la rete e ad accrescerne la dotazione, acquistando invece altri autobus (!). Sembra quasi di assistere (leggendo i verbali delle varie Assemblee) ad una rassegnata  ‘resa agli eventi’: unica speranza appare infatti una sovvenzione governativa, che avrebbe dovuto essere concessa in virtù della riconosciuta pubblica utilità del servizio, che più volte fu promessa, ma che mai fu erogata.

  

Due immagini dei filobus avellinesi dopo la loro ridipintura in verde bitonale:
la vettura 01 è ripresa al capolinea di Mercogliano, la
03 in corsa da Atripalda verso Avellino (ambedue le foto P. Gregoris).

A fine anni ’60 fu decretata la riduzione del capitale sociale, che generò serie preoccupazioni nel personale il quale comprese come solo con un intervento pubblico sarebbe stato possibile uscire dall’emergenza. Del resto, gli Amministratori (compresi della gravità della situazione) si dichiararono pronti a cedere l’intero complesso aziendale. Fu così che il Comune di Avellino decise di aderire (30 ottobre 1969) ad un Consorzio di Comuni (Atripalda, Mercogliano, Contrada) che si proponeva appunto la gestione dei servizi di trasporto intercomunali. Si avviava così la pubblicizzazione dell’Azienda che ebbe come suo necessario prologo la valutazione del patrimonio della S.F.I., la quale – nel frattempo – chiudeva il bilancio del 1969 (presentato ufficialmente ai soci il 16 maggio 1970) con una perdita netta di L. 54.355.282: un vero fallimento!

In data 8 ottobre 1971 la gestione della filovia Avellino-Atripalda-Mercogliano fu affidata ad un Commissario Governativo nella persona dell’Ispettore generale del Ministero dei Trasporti, ing. Manlio Iovinelli, che prese in consegna gli impianti e l’esercizio della S.F.I. il successivo 14 dicembre. In seguito, passate alla Regione le competenze in materia di trasporti nel 1972, l’ing. Iovinelli fu nominato Commissario straordinario regionale.

L’iter per la pubblicizzazione dell’azienda dei trasporti avellinesi fu non poco laborioso e passò innanzitutto attraverso la dichiarazione ufficiale del fallimento della S.F.I., dichiarato dal Tribunale di Avellino nel 1974. Al termine dell’anno successivo (23 dicembre 1975) al Commissario straordinario si sostituì la Commissione amministratrice del Consorzio Trasporti Irpini, da cui sarebbe derivata l’Azienda consortile Trasporti pubblici Irpini, più nota semplicemente come A.T.I. L’11 giugno 1974 era giunta l’autorizzazione regionale a gestire il servizio filoviario con autobus sostitutivi, ma – in realtà – i filobus (a causa di un grave guasto alla sottostazione elettrica) già dal precedente mese di novembre avevano cessato il loro servizio.  

Le caratteristiche tecniche e il materiale rotabile

La rete di alimentazione della filovia Avellino-Atripalda fu realizzata, al pari degli equipaggiamenti elettrici dei veicoli, dalla CGE. Caratterizzata dalla tipica sospensione rigida utilizzata all’epoca, aveva uno sviluppo di circa 9 km (comprensivi della deviazione per Pianodardine), tutti a bifilare doppio. Per la sua costruzione furono utilizzati 25.600 kg di filo di rame per la linea di contatto e fili di acciaio da 6 mm (1890 kg), da 5 mm (702 kg) e da 4 mm (56 kg) per le sospensioni. Per il sostegno della rete aerea furono utilizzati 66 pali angolari, 266 pali Bates, 84 pali (a traliccio) tipo “Salerno” e 15 bracci per pali. Furono installati 10 apparecchi di scambio elettrici e meccanici. Nel tempo l’impianto originario fu ampliato per km. 4.825 raggiugendo – come sappiamo – Mercogliano, ove il capolinea, posto in Piazza Morelli e Silvati (oggi Piazza decorati al valor civile), aveva la particolarità di essere del tipo “a triangolo”, a causa del ridotto spazio a disposizione.

La vettura 02 impegna il capolinea a triangolo di Mercogliano (foto P. Haseldine).

La sottostazione elettrica di alimentazione era ubicata in Avellino, in via Francesco Tedesco, di fronte al tiro a segno nazionale. Quanto al deposito, non si trattava di un impianto specifico; veniva infatti utilizzata una piazza di Atripalda (Piazza Sparavise, alle spalle del palazzo della Dogana) adattata a parcheggio per filobus ed autobus e sulla quale venivano effettuate talora le operazioni di manutenzione corrente. Per lavori di maggiore entità veniva, invece, utilizzato un ampio edificio adiacente alla stessa piazza, a doppio ingresso, attrezzato con bifilare per consentire il passaggio delle vetture filoviarie.

La prima dotazione della filovia irpina fu costituita da cinque filobus FIAT 668, realizzati dalla CaNSA in un’inusuale livrea bianco-avorio (01÷05). Questa era dovuta al fatto che – come s’è detto – il committente originario di quelle vetture (meglio: delle prime quattro cui fu poi adeguata la 05) era stata la città spagnola di Valencia che aveva richiesto tale verniciatura esterna dei filobus. Erano dotati di motore ed apparecchiature elettriche CGE (motore CV 1217/A da 125 HP), con avviatore MRA.

  

I FIAT 668 allo stato d’origine, con la loro singolare livrea avorio che rimane tale anche nelle cartoline acquarellate dell’epoca! Nelle immagini, tratte dalla coll. A. Cozzolino, sono visibili le vetture 01 e 05.

Costituirono, questi cinque filobus, l’ossatura del parco rotabili della filovia avellinese anche quando furono raggiunti da altre vetture, soprattutto in occasione dell’apertura della linea per Mercogliano. Alle pendici del Partenio le vetture di tipo 668, ridipinte nel classico bi-verde alla fine degli anni ‘50, si dimostrarono - al pari che in altre plaghe d’ltalia - solide e durevoli. Basti pensare che solo la 04 risultava radiata nel 1971, mentre la 01 appare ridotta al rango di riserva di ricambi per le unità ancora in servizio. Per gli altri tre filobus, invece, benché provati dalla naturale obsolescenza, la data di cessazione del servizio coincide con quella di chiusura dell’impianto filoviario irpino.

   

Gli stessi filobus 01 e 05 vengono riverniciati in verde bitonale alla fine degli anni ’50.

La 01 è stata fotografata a Mercogliano, la 05 ad Avellino (ambedue le foto P. Gregoris).

Nel 1956, in occasione dell’apertura della seconda linea diretta a Mercogliano, la S.F.I. acquisì due filobus a tre assi, in realtà prevenutigli (come appare dalla numerazione delle vetture) dalla SO.ME.TRA. di Salerno. La prima unità era proprio l’ultimo dei filobus che erano stati acquistati l’anno precedente per esercitare le linee salernitane. Si trattava della vettura numerata 183, un ALFA Romeo 140 AF / Pistoiesi CGE, a guida centrale. Come le altre vetture del suo gruppo, si distingueva per lo scalino retrattile della porta anteriore e per le caratteristiche lamiere ondulate delle fiancate. Il massiccio ALFA 140 era però – a detta di vecchi filovieri – estremamente affidabile, certo grazie anche al potente motore (CV 1227 A da 110 kW = 150 HP) e all’equipaggiamento elettrico della CGE con il consueto avviatore MRA. Non meraviglia perciò che lo troviamo regolarmente in servizio presso la S.F.I. sino al 14 dicembre del 1971, grazie peraltro ad alcuni significativi lavori di ristrutturazione effettuati qualche anno prima.

La vettura 183 ritratta in deposito ad Atripalda dopo aver subito alcune modifiche tra cui

l’adozione di sedili in materiale plastico al posto di quelli originari in legno (foto P. Gregoris).

L’altra delle due vetture immesse in servizio all’epoca fu un singolare ALFA-Romeo 140AF carrozzato Casaro e fornito di apparecchiature elettriche CGE/MRA identiche – come la motorizzazione – a quelle della 183. Numerato 184, al seguito dei filobus salernitani, appariva però molto più ‘moderno’, con le sue linee squadrate, la guida a destra e una più evoluta scansione dei finestrini. Ancor più valido nelle prestazioni rispetto alla 183, potette godere quasi naturalmente di una vita leggermente più lunga, visto che fu posto fuori servizio il primo maggio del 1972.

Viale Italia, Avellino: è ferma al capolinea la “tre assi” n. 184 (foto P. Gregoris).

Va segnalata, infine, una curiosità: benché acquistate in occasione del prolungamento della filovia a Mercogliano, le “tre assi” furono utilizzate esclusivamente sulla Avellino-Atripalda: la M.C.T.C., infatti, ne vietò esplicitamente l’utilizzo sull’altra linea a causa della presenza di curve a raggio troppo stretto e per l’impossibilità, per un filobus di dodici metri, di impegnare il triangolo di manovra al capolinea di Mercogliano.

Nel 1965 la dotazione della S.F.I. si accrebbe di un’ulteriore vettura: si trattava di un filobus prototipo costruito però dodici anni prima (!): si trattava di un FIAT 2401 CaNSA dotato di apparecchiature elettriche OCREN (motore LC 326 da 130 HP con avviatore tipo EPN-1), caratterizzato dalla presenza, sul frontale, di due “occhioni” atti a sollevare la calandra per poter ispezionare dal lato anteriore l’impianto elettrico, caratteristica, questa, tipica delle vetture filoviarie con apparecchiature OCREN. Dopo le prove in alcune città d’Italia (Napoli, Bologna, Bergamo), di questa vettura si perdono le tracce sino a quando, nel 1964, non ne riappare la foto, pubblicata dalla Ditta intermediatrice Vicentini di Cologno Monzese, che la definisce “nuova” (ma la produzione dei 2401, a quella data, era cessata da anni!) e si dice disposta a cederla o a noleggiarla. Le non poche modifiche che il filobus ci presenta ci fa supporre che la vettura sia stata sottoposta ad un accurato maquillage prima di essere posta in vendita. E viene venduta proprio alla S.F.I., nel cui parco appare registrata a partire dal 1965, ovviamente numerata 06. Ma - sia per le diverse caratteristiche dell’impianto elettrico sia per la durezza delle manovre in curva a causa della mancanza di servosterzo - la 06 non incontrò il favore dei filovieri irpini, sicché fu quasi sempre tenuta di riserva o, comunque, utilizzata sulle corse di rinforzo. Fu accantonata definitivamente il 30 agosto del 1972, anche se nella documentazione relativa al fallimento della S.F.I. appare fuori servizio in attesa di ricevere l’agognato servosterzo.

     

Due immagini della vettura n. 06 del parco S.F.I. In quella frontale sono molto visibili gli occhioni che servono a sollevare la calandra

per ispezionare le apparecchiature elettriche OCREN (ambedue le foto P. Gregoris).

Nel 1966, alla fallita SO.ME.TRA. subentrò nella gestione dei trasporti di Salerno il Consorzio Trasporti Pubblici Salernitano con la sua Azienda di gestione dei trasporti, l’A.T.A.C.S. Questa decise di mettere in vendita alcuni filobus della sua dotazione, tra cui alcuni FIAT 668/F122 CaNSA CGE (MRA), (cinque unità su sette: gruppo 001÷007), coeve delle avellinesi ed a loro identiche per apparecchiature elettriche e potenza. Queste vennero trasferite, con delibera del 19 dicembre del 1966, alla S.F.I., che le acquisì soprattutto per ricavarne ricambi ‘originali’ per le proprie omologhe vetture della serie 01÷05. E tuttavia tre filobus salernitani poterono riprendere normalmente servizio sulla filovia avellinese, ove assunsero le matricole 07-08-09. Le vetture “salernitane” furono comprensibilmente accolte con estremo favore dal personale S.F.I., a causa della assoluta omogeneità con 01÷05, provocando, caso mai, la già rilevata “emarginazione” di 06 e dei filobus a tre assi. Poi, 07 e 09 mostrarono segni di cedimento e furono radiate unitamente alla 04 nel 1971, mentre 08 arrivò efficiente al traguardo della chiusura della linea.

Tre filobus ex-SO.ME.TRA. transitati nel parco della filovia irpina fotografati in deposito nel 1968 (foto P. Gregoris)

e la vettura n. 08 ritratta in prossimità della stazione FF.SS. di Avellino (foto P. Haseldine).

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