di Andrea Cozzolino

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Se chiedete ad un appassionato di trasporti quale sia lo stato che gli viene in mente pensando ai tram certamente vi risponderà: il Belgio, ed è la risposta più logica e coerente con la realtà, dato che sia sul piano societario che tecnico il Belgio è stato il Paese europeo che ha per molti decenni influenzato tutta la gestione delle linee tramviarie e che ha maggiormente diffuso i suoi prodotti in Europa, Italia compresa. Sono infatti moltissime le reti che hanno usufruito di materiale rotabile di costruzione belga. Più difficile sarebbe rispondere quale nazione ha avuto maggior suc-cesso nella produzione filoviaria.

Ora, se consideriamo i soli dati di fabbricazione, possiamo affermare che l’Italia degli anni ’50 e ’60 ha certamente occupato un posto di assoluto rilievo nella costruzione di filobus destinati al mercato estero. Indubbiamente, sulla fiducia nelle realizzazioni delle Case italiane ha influito il fatto che l’Italia è stato uno dei paesi all’avanguardia nello sviluppo della tecnica filoviaria, favorita (com’è noto) dalla “simpatia” per i filobus da parte del regime fascista, che vedeva nella “soluzione filoviaria” (apertamente sostenuta da Mussolini all’inaugurazione della filovia Rimini-Riccione) una delle “risposte autarchiche” alla carenza di carburante che l’Italia doveva affrontare in seguito alle “inique sanzioni”. Non deve quindi meravigliare che persino negli anni di guerra pervennero alla FIAT ordinativi “stranieri” per la costruzione di filobus da città tra loro lontanissime come Valencia o Timisoara, che si affidarono alla tec-nologia ‘italica’ per inaugurare le loro reti.

Censire dettagliatamente tutta la produzione filoviaria diretta oltre confine sarebbe impresa inadatta ad un articolo per un sito di appassionati (basti pensare ai notevolissimi ordinativi da parte di città del Sudamerica: 250 vetture per Montevideo + 50 articolate, 200 + 200 per Rio de Janeiro, 50 per Santos, ma anche 50 per Mexico City, 40 per Rosario in Argentina), per cui di seguito circoscriveremo la nostra indagine a due capitali europee, Belgrado ed Atene, che più di tutte le altre città del vecchio continente hanno usufruito di veicoli costruiti in Italia).

Veniamo dunque a Belgrado: la rete della capitale jugoslava fu aperta nel 1947 da ben 31 FIAT 668F/122 CaNSA, dotati di motore (da 125 HP) ed equipaggiamento elettrico CGE (avviatore MRA). Questi filobus (un modello destinato al successo anche in Italia) quasi naturalmente furono numerati 1÷31. Furono verniciati in avorio-rosso.

Alla numerosa flotta di FIAT 668 fece seguito … un esemplare unico. Il numero 32 dell’Azienda belgradese era infatti un veicolo sperimentale, un ALFA Romeo 140 AF – Piaggio dotato, oltre che di motore ed equipaggiamento elettrico Ansaldo (KTR/III/1) di carrozzeria in acciaio inossidabile: della lunghezza inusuale di m. 13.5, questa vettura era identica ai dieci filobus (201÷210) per lunghi anni in servizio a Palermo e ad un esemplare unico che fece servizio a Liegi. Dalla matricola 33 in poi il parco belgradese annoverava dieci ALFA Romeo 140AF con lamiera ondulata: sono filobus che (dopo la “parentesi” del 32) riprendono i colori avorio-rosso (o forse argento-rosso) dei FIAT 668. Si tratta, per l’esattezza, di ALFA Romeo 140 AF con motore Ansaldo ed equipaggiamento elettrico del tipo KTR III/8. Non è dato sapere se le carrozzerie di queste vetture siano state costruite dalla SIAI-Marchetti o dalla Pistoiesi, ma è forse più valida questa seconda ipotesi: lo farebbe supporre l’assoluta coincidenza del fregio del frontale di alcuni esemplari jugoslavi con quello della vettura “napoletana” 5031, anche se questa identità non può essere considerata assolutamente “probante”.

Il gruppo più numeroso di filobus “italiani” presenti nella capitale jugoslava è certamente quello costituito da ben 110 vetture (stranamente divise in due ordinativi di 10 e di 100), che volutamente abbiamo distinto dalle serie precedenti: realizzati sul progetto UTVeS (sigla che significa “Ufficio Tecnico Veicoli Stradali”), comune a Pistoiesi ed AERFER, questi filobus furono però materialmente costruiti da una Ditta locale, la GOSA, che in collaborazione con AERFER-Pistoiesi aveva già realizzato la carrozzeria di un veicolo mai peraltro prodotto per l’Italia: l’ALFA Romeo 910 / AU410. Nel caso dei filobus, si trattava, invece, del modello FI 211 (presente in Italia solo a Venezia Lido e in un solo esemplare: vettura n. 231) in questo caso dotato di motore ed apparecchiature di comando (modello CST / 6043) dell’Ansaldo.

Non abbiamo certezze sulla numerazione di questi filobus, che probabilmente saranno stati accodati ai precedenti ALFA 140 (serie 43÷152?). Anch’essi verniciati allo stato d’origine in avorio-rosso furono successivamente ridipinti in avorio-verde. L’interesse dell’Azienda della capitale jugoslava nei confronti di prodotti italiani non deve peraltro meravigliare: già in epoca pre-bellica, infatti, a Belgrado erano arrivati sei tram che la Breda aveva “dirottato” da Genova, la famose “Littorine” Breda Ansaldo, ed altri tram Breda furono acquistati per la rete belgradese anche se non abbiamo dati certi sul modello e sulla consistenza dell’ordinativo. Poiché si tratta di serie molto limitate inseriamo nella trattazione anche un breve cenno alle altre reti filoviarie jugoslave che hanno avuto in dotazione filobus italiani: si tratta di Lubiana e di Rjieka, che poi altro non è che la “nostra” Fiume, città che (in quanto italiana) aveva già avuto “naturalmente” nel suo parco tram di costruzione italiana.

Quanto ai filobus, si trattava di vetture a tre assi FIAT 672F/132 CaNSA Marelli per Lubiana e di FIAT 672F/122 CaNSA CGE per Fiume. Quattro esemplari per Lubiana, dieci per Fiume, in tutto simili esteriormente, almeno in origine, alle vetture coeve presenti a Roma, Napoli, Firenze, Catania, ecc. Avorio-rosso la prima colorazione, ignota quella “successiva” che sembra esser stata peraltro molto “forte”, forse con doppia tonalità di blu. In numero di nove (probabilmente per la radiazione di un esemplare in seguito ad incidente) i 672 di Fiume furono utilizzati fino alla cessazione delle linee filoviarie nel 1969.

 

Foto ‘ufficiale’ dei FIAT 635 CaNSA Marelli destinati alla rete di Timisoara (Archivio Marelli).

Uno dei FIAT 668F/ CaNSA – CGE di Belgrado (coll. Bevere).

FIAT 668 (e non solo) per le strade di Belgrado (coll. Weber).

La vettura 32 del parco belgradese.

Si noti l’esterno tutto in acciaio (coll. Weber).

La vettura 33 inaugura la serie dei dieci ALFA Romeo 140 AF

(Archivio Storico Ansaldo).

ALFA 140 in servizio a Belgrado (coll. Weber).

Lunga fila di ALFA 910-Gosa Ansaldo in ‘prova’, destinati alla rete

della capitale jugoslava (Archivio Storico Ansaldo).

Alla Fiera di Zagabria del 1959 sono affiancati due prodotti italo-jugoslavi: il filobus FI 211

e l’autobus ALFA Romeo 910-Gosa costruito su progetto Aerfer AU 410 (coll. Weber).

La vettura 128 in livrea avorio-verde per le strade di Belgrado.

Dal volume sui tram genovesi: la vettura 42, identica alle “900” del capoluogo ligure,

viene destinata alla rete tramviaria di Belgrado.

Un tram italiano (vettura n. 45) in servizio nella capitale jugoslava.

Una vettura filoviaria di Lubiana (coll. G. Grisilla) e,

a sinistra, due esemplari “a colori” del parco di Fiume,

con livrea avorio-rossa (coll. A. Weber).

La città europea che più di ogni altra è stata percorsa da vetture filoviarie di costruzione italiana è stata senz’altro Atene, sia per quanto concerne la rete urbana vera e propria sia per la linea 20 del Pireo. Fu per questa linea che nel 1939 la HEM ordinò alla FIAT dodici filobus a due assi modello 656F/561, che – a causa degli eventi bellici – furono consegnati soltanto dieci anni dopo: si trattava di vetture dall’aspetto molto antiquato, non dissimili dai FIAT 656 presenti a Firenze, che presentavano però la guida a destra, caratteristica che avrebbe accomunato nel tempo tutti i filobus della capitale greca, e due porte estreme peraltro di dimensioni abbastanza ridotte. Numerate da 701 a 712, queste vetture si sono dimostrate di una robustezza eccezionale tanto da raggiungere in buona parte in efficienza gli anni ’80 del XX secolo. Anzi: della serie è stato preservato a fini museali un esemplare, la vettura numerata 704, che tuttora viene utilizzato – marciante – durante manifestazioni attinenti al trasporto pubblico locale. Alla rete urbana di Atene pervennero tra il 1953 e il 1954 ben 80 filobus di costruzione italiana che furono in realtà destinati alla capitale greca dallo Stato italiano in conto dei danni di guerra: si trattava di vetture a tre assi ALFA Romeo 140 AF carrozzate da Casaro, che – al pari dei FIAT 656 – furono caratterizzate da livrea arancio chiaro. Questi filobus, che per lunghi anni costituiranno il nucleo del servizio filoviario ateniese, furono numerati 1001÷1080. Nel 1960 fu l’Azienda della capitale ellenica a rivolgersi alla Casaro per la costruzione di nuovo materiale rotabile per la sua rete. E la Casaro ri-spose alla richiesta con un modello molto interessante ancorché ripetesse nelle linee generali l’estetica degli ALFA 140. Costruiti su telaio Lancia – e già questa appariva una caratteristica singolare – i nuovi filobus (matricole 1081÷1126) – a differenza dei veicoli della serie precedente – erano realizzati con la tecnica della struttura portante (Tubocar F79), e questa particolarità li rese al tempo stesso leggeri e robustissimi, come dimostra la loro incredibile longevità. Basti pensare che (chiusasi al Pireo l’era dei FIAT 656 e delle vetture ex-Firenze che conosceremo fra breve) i Lancia-Casaro vennero qui trasferiti e utilizzati qui fino alla seconda metà degli anni ’90!!!

Unitamente ai filobus Tubocar arrivò ad Atene un ulteriore gruppo meccanico Lancia, evidentemente da utilizzare come riserva; ma l’ILPAP (così era stata rinominata nel frattempo l’Azienda della capitale ellenica) preferì far carrozzare anche questo da una Ditta locale, la Biamax, che realizzò così una sorta di ibrido italo-greco che potrebbe definirsi tra le più no-tevoli brutture filoviarie che mai siano state prodotte. Ed anche la resa complessiva non dovette essere delle migliori, perché risulta che la 1127 (questo il numero di matricola attribuito alla Biamax) ebbe vita molto meno lunga dei Tubocar F79. Ma non basta: allorché la città di Firenze, nel 1972-’73 ridusse progressivamente (fino ad eliminarlo) il servizio filoviario, l’ILPAP acquistò usati ben diciannove filobus ATAF. Si trattava di otto ALFA 140/Casaro, in tutto simili alle vetture ateniesi 1001÷1080, appartenenti alla serie fiorentina 3121÷3130 (solo 3126 e 3128 non furono trasferiti ad Atene) e di tutte e undici le vetture a due assi Lancia Esatau 101.02/Pistoiesi immatricolate nel capoluogo toscano 2201÷2211.

Gli ALFA 140 vennero numerati 1128÷1135, mentre i Pistoiesi, per i quali fu necessario provvedere a rinforzare i paraurti per adeguarli al non facile traffico ateniese, formarono due mini-serie: 1136÷1139 e 1148÷1154, a seconda del loro arrivo nel 1973 o nell’anno successivo. I numeri intermedi (1140÷1147) furono assegnati ad altri filobus usati provenienti dall’Italia e precisamente alle otto vetture della dismessa Capua-Caserta-Maddaloni: anche in questo caso si trattava di filobus con g.m. Lancia, ma la carrozzeria era stata realizzata (sempre a struttura portante: Monocar 1002) dalla Menarini.

Insomma: 154 (o, se vogliamo 153+1) filobus tutti di costruzione italiana! Se pensiamo che oggi la nostra produzione non riesce neppure a coprire le esigenze del mercato interno, un po’ di nostalgia per quegli anni non può non venire …

La vettura 709 (FIAT 656) del parco ateniese nel 1983

(foto P. Tordeur).

La vettura 704 – preservata a fini museali – fotografata in deposito

(foto P. Tordeur).

Due immagini ufficiali delle vetture Tubocar F79 per Atene. Nel dé-pliant illustrativo la Casaro orgogliosamente

rivendicava il fatto che si trattava del primo modello di filobus da 12 metri a due assi prodotto in Europa.

La vettura 1101 ad Atene nel 1983 (foto P. Tordeur).

La 1111 utilizzata sulla rete del Pireo dieci anni dopo!

(foto P. Tordeur)

L’«ibrido» filobus Lancia Biamax, n. 1127 della rete ateniese (coll. P. Tordeur).

Le vetture 1136 (Lancia Pistoiesi ex-Firenze) e 1143 (Lancia Menarini ex-Capua-Maddaloni)

in servizio ad Atene a fine anni ’80 (coll. P. Tordeur).

 

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