di Andrea Cozzolino

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Nel 1966 la FIAT costruiva dodici vetture filoviarie del modello 2411FM destinate all’A.M.T. di Verona: sarebbero stati gli ultimi filobus di seconda generazione realizzati per il mercato italiano. E le conseguenze si sarebbero viste nel decennio successivo: di 47 reti filoviarie presenti in quell’anno sul territorio italiano ben 24 (anche se non sempre per la mancanza di un possibile ricambio dei rotabili) sarebbero scomparse: una strage!!!

Nelle righe che seguono cercheremo di seguire la ripresa di acquisti di filobus in Italia con l’avvento di quei mezzi che - anche se la definizione non è proprio adatta a tutti - saranno detti «di terza generazione», limitandoci peraltro a circa un quindicennio della “nuova produzione”, eventualmente rinviando ad altro articolo più recenti ampliamenti del materiale rotabile sulle reti italiane … superstiti.

I primi segni di una potenziale ripresa non potevano venire che dall’estero e - contemporaneamente - da un ammodernamento del veicolo filoviario che sfruttasse al meglio le scoperte che, nel frattempo, si andavano mettendo in pratica abbinando felicemente l’elettronica ai mezzi a propulsione elettrica. Primo esempio di questa “novità” va considerato il prototipo sperimentale su base Volvo B59-59, carrozzeria Stanga, parte elettrica Marelli-TIBB, realizzato nel 1975 e presentato alla Fiera Campionaria di Milano e poi rivisto in prova per le vie del capoluogo lombardo ancora nel 1979 e nel 1981. Piano parzialmente ribassato, due sole porte (anteriore e centrale), piccolo motore Diesel con alternatore per spostamenti in deposito o di emergenza che lo rendeva un “bimodale” ante litteram.

  

Due foto di fabbrica del filobus sperimentale Volvo - Stanga provato a Milano con la matricola 001.

Sul frontale è chiaramente visibile la scritta OMS - TIBB - Marelli. Delle due porte quella centrale presentava le ante

ad espulsione e scorrimento, mentre quella anteriore - destinata alla salita secondo lo “stardard europeo” - era rototraslante verso l’interno. Come testimonia l’immagine a destra l’allestimento del  filobus era di tipo “suburbano”.

Nello stesso 1975, l’A.T.A.M. di Rimini si trovò a dover decidere se sopprimere il servizio filoviario sulla “storica” linea 11 (Rimini-Riccione) o se trovare una soluzione al rinnovo del parco fuori dei confini italiani. In realtà, il risultato fu una sorta di compromesso giacché le nuove vetture furono realizzate di nuovo su un telaio Volvo, ma dalla milanese Mauri ed equipaggiati dall’Ansaldo con motore CGE 1227 A ed avviatore a logica statica tipo E.R.A.

Il filobus B59-59 - non diversamente dal prototipo ‘milanese’ -  costituiva un’autentica novità: a parte la guida a sinistra, esibiva un parabrezza curvo tipo Vöv, ma qui erano presenti tre porte (due rototraslanti e la posteriore ad anta unica e ad espulsione), finestrini Klein: un adeguamento, insomma, a quanto già da anni si vedeva applicato agli autobus, ma che appariva singolarissimo su una vettura filoviaria. Dopo prove su varie reti italiane, il Volvo B59-59, che nel frattempo aveva assunto la matricola 1001, fu finalmente immesso in servizio sulla rete romagnola. Qui si manifestò un palese inconveniente, l’eccessiva altezza del piano di calpestio a causa della presenza nel sottocassa delle apparecchiature elettriche. Fu così che venne allestito un secondo prototipo (vettura 1002 A.T.A.M.-RN) fornito di equipaggiamento collocato sul tetto del veicolo. Tale soluzione fu estesa anche alle vetture di serie numerate 1003÷1017 arrivate a Rimini nel 1978.

Nel 1982 anche la rete di Cremona si dotò dello stesso modello di filobus; furono otto, numerati da 020 a 027, i Volvo B59-59 cremonesi, rimasti regolarmente in servizio fino alla chiusura della rete nel 2002. Ancora più longevi i filobus riminesi, i cui ultimi esemplari efficienti hanno circolato fino al 2009.

  

Immagini a confronto per le vetture 1001 e 1002 dell’A.T.A.M. di Rimini. Nella foto di destra è chiaramente visibile sul tetto l’alloggiamento per le apparecchiature elettriche (ambedue le foto provengono dall’Archivio Ansaldo).

Anche Cremona, nel 1982, si dota del modello Volvo B59-59 Mauri Ansaldo. A differenza delle vetture riminesi, quelle di Cremona presentavano una uniforme livrea arancione, senza la ‘spezzatura’ della fascia nera al centro del filobus (foto G. Kaiblinger).

Negli ultimi anni ’70, quindi, un minimo di ripresa per il settore filoviario ci fu, anche se negli stessi anni continuavano le chiusure di reti, da Porto San Giorgio a Bergamo, da Como (dove peraltro era stata anche provata la 1001 riminese) a Torino. Sintomi più netti di un possibile mutamento di rotta si manifestarono all’inizio del successivo decennio, allorché fu costruito il primo filobus di terza generazione ‘interamente italiano’: il Macchi 112 destinato alla S.T.E.L. di Sanremo. Non diversamente da come erano state realizzate la massima parte delle vetture di seconda generazione, il Macchi 112 utilizzava un telaio per autobus, il 470 da 12 m, adattato per le esigenze di una vettura filoviaria. L’Ansaldo lo equipaggiò, al pari delle vetture riminesi e cremonesi, con un motore “classico”, il CGE CV 1227 A da 160 HP, abbinato però al già citato avviatore elettronico modello E.R.A. Primo veicolo del parco sanremese con guida a sinistra, era dotato di 30 posti a sedere con allestimento interurbano anche se per lungo tempo fu utilizzato esclusivamente sulla linea urbana. Tre porte in alluminio costituivano poi un’ulteriore novità all’interno del parco sanremese. Anche questo filobus, però, presentava lo stesso difetto della 1001 di Rimini: a causa della collocazione dell’impianto elettrico nella parte inferiore della vettura era notevole l’altezza degli scalini di accesso (che avveniva dalla sola porta posteriore); e questo rese il filobus inviso agli utenti non meno che al personale che trovava scomode sia la guida che la frenatura elettrica, troppo “energica” anche in relazione alla massa del veicolo. Numerato 61 e in seguito riclassificato 1201, il Macchi 112 non ebbe gran fortuna, insomma, anche a causa di molti ‘fermi’ dovuti a guasti più o meno gravi al compressore e all’equipaggiamento elettrico. Non meraviglia, pertanto, che nel 1987 sia stato restituito all’Ansaldo che lo utilizzò come prototipo per la realizzazione del cosiddetto “Altrobus”, veicolo ibrido anch’esso non certo favorito dalla sorte!

  

Foto “ufficiale” (Archivio Ansaldo) della vettura sanremese 61 e - a destra - un veicolo che la Macchi e l’Ansaldo realizzarono nel 1984 per la rete della capitale jugoslava Belgrado (matricola n. 52). Pur esulando del tutto dalla nostra trattazione ci è parso giusto ricordarlo perché  - gemello del sanremese - ne aveva anche in questo caso corretto il difetto principale con lo spostamento sul tetto delle apparecchiature elettriche. L’esperienza di Rimini era servita!!!

Caratteristica unificante di tutte le vetture filoviarie sinora esaminate è la lunghezza, 12 m, che finalmente si poteva ora raggiungere anche conservando la conformazione a due assi del veicolo. In questo senso, appare pertanto comprensibile che ci si sia valsi, in questa fase, dei telai automobilistici più diffusi, il 470 FIAT, il Menarini Monocar 201 LU e … l’INBUS!

In realtà, gli INBUS letteralmente «trasformati» in filobus furono solo 15 e furono realizzati per esplicita commessa dell’A.T.C. di Cagliari, che, in certo modo, continuò quella che era stata una costante del periodo precedente, e cioè che un’Azienda chiedesse alla Ditta produttrice di realizzarle un modello di filobus sulla base del corrispondente telaio autoviario adattato. Che differenza c’era, in fondo, con un FIAT 2411 o con un ALFA Romeo 900?

Le vetture 601÷615 di Cagliari furono, dunque, degli INBUS, siglati F 140, da 12 m, con tutte le caratteristiche estetiche e di allestimento dell’autobus corrispondente: solo che erano dotati di motore ed apparecchiature elettriche Marelli che solo in parte possono far definire le vetture cagliaritane di terza generazione (motore modello MTA 1135B ed elettronica di comando). E comunque - privi di dispositivi per la marcia autonoma a differenza di serie più recenti - gli F 140 furono utilizzati solo per una quindicina di anni, ad eccezione di singoli esemplari che raggiunsero in efficienza i primi anni del XXI secolo, ma impiegati solo su corse mattinali e/o di rinforzo.

  

Due INBUS F140 cagliaritani in servizio, impegnati rispettivamente nell’esercizio delle linee C rossa  e 5.

(ambedue le foto E. Bevere)

Il 1981 segna anche la “prima uscita” sul mercato filoviario italiano della SOCIMI (che con la Volvo aveva realizzato peraltro un filobus sperimentale), con quindici vetture prodotte per Salerno che - forse - sarebbe stato meglio che mai fossero state costruite. Ma seguiamone le vicende: si trattava di filobus realizzati partendo da telai FIAT 2470 da 12 m. La guida a sinistra e le porte rototraslanti erano, unitamente alla verniciatura in arancio ministeriale segnata al centro da una larga fascia bianca, le più appariscenti novità di questi filobus, che l’Azienda salernitana numerò 60.01÷60.15.

Si aggiungeva poi, nelle prime dieci unità, la singolarità dell’allestimento suburbano, già individuabile dall’esterno per la presenza di due sole porte, l’anteriore destinata alla salita e la centrale riservata alla discesa dei passeggeri. In questi filobus la capienza complessiva era di 99 posti, dei quali ben 39 a sedere.

Vista laterale dei filobus SOCIMI suburbani prodotti per la città di Salerno (foto SOCIMI).

L’A.T.A.C.S. fece modificare, invece, in corso di fornitura, le ultime cinque vetture della dotazione, che vennero realizzate con allestimento urbano e dotate di tre porte: in 60.11÷60.15, di conseguenza, i posti a sedere erano 21 e quelli in piedi 77. Le eleganti linee della carrozzeria rivestivano - oltre i citati gruppi meccanici FIAT - sofisticate apparecchiature elettroniche a contattori prodotte dalla stessa SOCIMI, comprendenti un motore di trazione (tipo DGM 4/31/6 Sa S) della potenza di 130 kW (= 176 HP) e un comando di avviamento a logica statica denominato SEC (Socimi Electronic Control).

Tutto inutile: nonostante le modernissime attrezzature, i SOCIMI si rivelarono totalmente inadatti a percorrere le lunghe linee della rete interurbana di Salerno, giacché le distanze tra le sottostazioni elettriche provocavano cali di tensione tali da compromettere la marcia contemporanea, nello stesso tratto, anche di due soli filobus, soprattutto in presenza di accentuate pendenze. Di contro, in prossimità delle sottostazioni, i filobus subivano l’eccesso di tensione con conseguenti danni ai fusibili, che finivano col “saltare” in continuazione, danneggiando così apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Di qui una serie infinita di contenziosi tra l’A.T.A.C.S., che accusava la SOCIMI di averle fornito vetture inadeguate alle caratteristiche della sua rete, e la SOCIMI, che replicava affermando che quei filobus avrebbero potuto circolare dappertutto, anche sulla rete salernitana, se gli impianti fissi non fossero stati in condizioni tanto gravi di degrado e di obsolescenza. E la battaglia a colpi di carta bollata continuerebbe tuttora, se non fosse intervenuto nel frattempo il fallimento della SOCIMI.

Il triste risultato di questa sconcertante vicenda fu che i filobus suburbani non furono praticamente mai immessi in regolare servizio (a parte qualche utilizzo a carattere sperimentale), mentre le vetture da 60.11 a 60.15 poterono essere usate (pare dopo una modifica operata dalla stessa SOCIMI), solo per pochi anni sino alla definitiva sospensione del servizio. Al danno si unì la beffa, visto che - poco prima della consegna al demolitore - le apparecchiature elettriche “oggetto del contendere” furono vendute all’A.T.M. di Milano per essere usate come ricambi per i filobus SOCIMI meneghini!!!

   

I filobus 60.01 (suburbano: foto M. Russell) e 60.12 (urbano: foto E. Bevere) durante il loro breve periodo di servizio attivo.

Nel 1982 il Centro Ricerche FIAT di Orbassano (TO) realizzò un filobus bimodale a due assi: il 471 BM. Questo veicolo fu carrozzato da Viberti  (disegno SEAC) su telaio IVECO 471 da 12 m (il noto Effeuno). Era dotato di un motore a corrente continua FIAT M545 dalla potenza massima di 180 kW a 600 V controllata tramite un chopper prodotto dalla Marelli. Il motore poteva essere alimentato o dalla linea aerea, grazie a trolley ad innalzamento ed abbassamento automatico, oppure tramite un motore diesel FIAT-IVECO 8060.24 a 6 cilindri. Fu in prova a Milano con il numero ‘virtuale’ 998 ed è tuttora conservato nella collezione di veicoli storici dell’A.T.M..

(foto A. Pedretti)

Tra il 1982 e il 1983 appaiono i primi filobus prodotti su telaio Menarini 201/1 LF: si tratta di dieci unità costruite per la T.E.P. di Parma (matricole 021÷030) e sei esemplari (matricole 1÷6) destinati alla rete di Ancona. Queste vetture - tutte simili tra loro - utilizzano ancora un avviatore reostatico di costruzione TIBB, ma ammodernato con comando elettronico tipo CER e quindi, in certo modo, fanno parte ancora di quei veicoli filoviari che solo in parte possono essere considerati di ultima generazione. E tuttavia, nonostante siano stati accantonati più o meno tutti all’inizio del secondo decennio del XXI secolo, va ricordato che gli esemplari anconetani furono completamente ricondizionati nel 2001 presso la Albiero & Bocca.

   

Le vetture 026 di Parma (foto A. Pedretti) e 2 di Ancona (foto E. Bevere).

I filobus sono palesemente identici tra loro e in tutto simili ai corrispondenti autobus.

Il 1983 segna un momento assai significativo per il rilancio del filobus in Italia. Questa volta tocca infatti a Milano decidere di rinnovare la propria flotta. Arrivano così nel capoluogo lombardo i primi venti filobus della serie “900” (901÷920) che però ancora non “decollano” sul piano dell’innovazione tecnologica. I SOCIMI 8820 del primo gruppo, infatti, rivestono un telaio FIAT 2470.12 e un motore CGE 1227 A accoppiato ad un vecchio (ma, si potrebbe dire, garantito) avviatore reostatico MRA. Saranno le vetture 921÷970, arrivate a Milano tra il 1985 e il 1986, a compiere un sia pur piccolo passo in direzione dell’elettronica con l’adozione dell’avviatore Ansaldo E.R.A.: in pratica, la stessa soluzione di Rimini, Cremona e Sanremo ora estesa ad un gruppo di notevoli proporzioni (e di costruzione tutta italiana), ma evidentemente con gli opportuni aggiustamenti, se è vero che molti filobus del primo gruppo sono stati venduti in efficienza nel 2009 e quelli residui del secondo (anche se pochissimi) ancora girano per le strade meneghine!

     

La vettura 901 mentre esce dal deposito Molise e - a destra - la 921, prima del secondo gruppo dei SOCIMI milanesi.

Questi filobus sono tutti caratterizzati da quattro porte a doppia anta rototraslanti all’interno del veicolo

e recano le apparecchiature elettriche sul tetto (ambedue le foto P. Haseldine).

Sempre nello stesso 1983 e sempre a Milano va segnalata la presenza di un nuovo veicolo sperimentale, che - per quanto non tenuto al momento in gran considerazione - costituirà la base dello sviluppo dell’esercizio filoviario in non poche realtà proprio a partire dal capoluogo lombardo. Viene realizzato, infatti, un prototipo bimodale articolato da 18 m, cui viene dato il nome di “Mauri Bi-bus”, realizzato su un telaio 2470 modificato. La motorizzazione del veicolo era stata realizzata dall’Ansaldo. Numerato 999, è anch’esso tuttora presente nella collezione storica dell’Azienda milanese. La foto di D. Liguori ce lo mostra nel 1986 a Napoli in occasione di un convegno sui trasporti.

Tra il 1984 e il 1985 fu la volta di Sanremo a rinnovare significativamente la sua flotta filoviaria. Questa volta il telaio prescelto fu quello che, in casa FIAT, aveva soppiantato il 470, vale a dire il 471. Il veicolo filoviario corrispondente fu definito FIAT 2671 e la sua costruzione, come anche per molti autobus similari, fu affidata alla Portesi, che già aveva provveduto alla ricostruzione integrale della vettura sanremese 1132. La vera novità fu qui costituita però dal fatto che le due serie approntate per la cittadina ligure differivano tra loro per la dimensione. Mentre, infatti, il primo gruppo consegnato (vetture 1300÷1303) manteneva la lunghezza ormai standard di 12 m, i filobus 1500÷1505 riproponevano, a distanza di ormai moltissimi anni, la lunghezza di m 10,50! E veniamo alla parte elettrica: le vetture da 12 m esibivano lo stesso motore ed equipaggiamento elettrico Ansaldo E.R.A. che era già presente sul prototipo 1201 e che - presentando gli stessi difetti anche se montato sul tetto del veicolo - fu la causa prima del precoce accantonamento di questi mezzi già tutti radiati ad appena dieci anni dall’immissione in servizio. Diverso il caso dei filobus della serie “1500”, che erano stati realizzati addirittura recuperando da vecchi filobus demoliti gli equipaggiamenti elettrici CGE-MRA! Affidabili e strutturalmente validi, questi veicoli però dovettero soggiacere alla dura legge della progressiva mancanza dei ricambi. L’ultimo filobus efficiente, la vettura 1500, fu radiata nel 2004.

    

La vettura 1301 del parco sanremese ritratta in servizio sulla linea urbana, l’unica sulla quale prestarono

generalmente servizio le “1300”, e la 1503 tabellata, invece, “Taggia” (ambedue le foto E. Bevere).

 Ci avviamo a concludere questo ‘primo capitolo’ dedicato ai filobus cosiddetti di terza generazione con quelli che effettivamente rappresentano una significativa evoluzione dal punto di vista elettromeccanico, dal momento che abbinano l’avviamento full-chopper della TIBB con la presenza di dispositivi per rendere effettiva la possibilità di percorrere tratti non brevissimi in marcia autonoma. Si tratta innanzitutto dei Menarini dei 201/2 LF, apparsi dapprima a Chieti nel 1985 e poi, nell’ordine, a Parma (dieci filobus classificati 031÷040 e consegnati tra il 1986 e il 1987), ad Ancona (tre veicoli numerati 7÷9 del 1987), e poi ancora una volta a Sanremo (1988, serie 1600÷1603).

Particolare interesse destano i filobus destinati alla rete teatina: numerati 12÷21 al seguito dei vecchi filobus degli anni ’50, furono poi riclassificati 212÷221 e resero un buon servizio, tutto sommato, fino al 1992, allorché il servizio filoviario di Chieti fu “sospeso” … fino al 2009. Va da sé che il lunghissimo tempo di fermo ne provocò un totale ammaloramento, sicché si decise di sottoporre almeno alcuni esemplari (precisamente 212, 213, 215, 217, 219, 220 e 221) ad un totale ricondizionamento presso la già citata Albiero & Bocca, nel contempo riverniciandoli in giallo-verde. Riammessi parzialmente in esercizio, sono stati poi nuovamente distratti dal servizio dopo l’arrivo (2013) di cinque filobus di modernissima concezione prodotti dalla Van Hool.

    

La vettura 214 della filovia di Chieti ritratta in servizio nel 1987 (foto E. Bevere)

e - a destra - il filobus ricostruito n. 219 fotografato da P. Gregoris nel 2010.

 Molto più “regolari” le vicende dei filobus similari destinati ad Ancona (anch’essi ricondizionati da Albiero & Bocca, non diversamente da 1÷6, nei primi anni del nuovo Millennio), a Sanremo e a Parma. Ma, mentre i filobus delle prime due località citate sono ormai scomparsi dai rispettivi panorami cittadini, in Emilia i ‘forti’ Menarini 201/2 hanno continuato - anche se solo in parte - a far compagnia persino ai Van Hool Exquicity, segno di una robustezza e di una affidabilità indiscutibile, cedendo il passo solo - nel 2021 - ai recentissimi Trollino della serie 5055÷5063.

    

Le immagini a confronto della vettura 8 di Ancona (foto E. Bevere) e della 033 parmense (foto A. Pedretti)

ci mostrano la più evidente differenza dei due veicoli, la presenza di una sola porta centrale nei filobus marchigiani

e di due abbinate in quelli della T.E.P.

         

Foto ufficiale in deposito per la vettura 1600 (foto C. Piacenza) e

filobus n. 1601 in regolare servizio sulla linea urbana (foto P. Haseldine).

Come quelli di Ancona anche i quattro 201/2 sanremesi presentavano tre sole porte.

 Tra il 1986 e il 1987 riappare - tra i produttori di filobus - la SOCIMI, con i modelli 8833 per Modena (1986) e 8839 per Cagliari l’anno successivo. In numero di quattordici e numerati - al posto degli ormai scomparsi FIAT 668F - da 11 a 24, i filobus destinati a Modena, non a caso definiti appunto “modello Emilia”, furono realizzati sul più moderno telaio degli Effeuno (e pertanto furono definiti IVECO 2471) e riproponevano le stesse caratteristiche tecniche delle vetture salernitane: motore SOCIMI DGM 4/33/6 ed avviatore S.E.C. A differenza dei veicoli prodotti per Milano gli 8833 presentavano tre sole porte, tutte con apertura a libro. Si tratta, per certi versi, dei più resistenti filobus di terza generazione, se si pensa che alcuni esemplari sono esistiti fino a poco tempo fa. C’è però da precisare che sono stati fermi per un certo periodo a fine dello scorso Millennio e che, ancora e sempre presso la Albiero & Bocca, hanno subito un vero e proprio revamping sia esterno che soprattutto a livello di apparecchiature elettromeccaniche. Dal 1998 - infatti - essi sono stati dotati progressivamente di motore asincrono trifase con comando ad inverter tipo IGBT in occasione del passaggio da 600 a 750 V per l’alimentazione della rete.

‘Nati’ nel 1987, gli 8839 cagliaritani (matricole 616÷635) furono sì costruiti partendo dallo stesso telaio, ma presentavano un più evoluto motore di trazione (SOCIMI DGM 4/33/7,5) abbinato all’avviatore a logica statica. La novità più significativa del modello cagliaritano era però la presenza di un motore diesel ausiliario che consentiva la marcia autonoma dei filobus anche per lunghi tratti in assenza del bifilare. E tale caratteristica fu estesa anche - nel 1991 - alla seconda serie di queste vetture (matricole 636÷651) che peraltro furono realizzate su telaio IVECO 480 (donde IVECO 2480 - SOCIMI 8845), pur conservando, in pratica, tutte le caratteristiche del precedente modello con l’aggiunta della presenza delle aste a pistone in fibra di carbonio. Tutti i SOCIMI cagliaritani hanno vissuto a lungo: gli ultimi 8839 sono stati dismessi nel 2012, mentre i residui 8845 hanno circolato per le strade del capoluogo sardo fino al 2016.

    

   La vettura n. 19 del parco modenese allo stato d’origine (foto G. Kaiblinger) e

il filobus n. 14 dopo il revamping e la riverniciatura in giallo e blu (foto A. Pedretti).

      

Immagini a confronto tra i SOCIMI 8839 e 8845 di Cagliari. Ambedue i modelli presentano quattro porte,

ma - mentre le vetture del 1987 (qui la 628 è ripresa nel 2010 dopo una modifica della livrea originaria)

le esibiscono con quattro ante a libro - gli 8845 sono dotati di doppia anta rototraslante (ambedue le foto P. Haseldine).

MILANO

   

001

1

VOLVO B59-59  / Stanga CGE

1975

filobus sperimentale

RIMINI

1001

÷

1017

 

VOLVO B59-59 / Mauri Ansaldo

1977-‘79

entro 2009

SANREMO

   

61

1

FIAT 2470 Macchi Ansaldo

1981

1990

SALERNO

60.01

÷

60.10

10

IVECO 2470.12 / SOCIMI 8801 LS

1981

1989

SALERNO

60.11

÷

60.15

5

IVECO 2470.12 / SOCIMI 8823 LU

1981

1989

CREMONA

20

÷

27

8

VOLVO B59-59/ANSALDO MAURI

1981

2002

CAGLIARI

601

÷

615

15

INBUS F140 / SICCA MARELLI

1981/82

entro 2003

PARMA

021

÷

030

10

MENARINI F201.1 LU/TIBB

1982

entro 2013

ANCONA

1

÷

6

6

MENARINI F201.1 LU/TIBB

1983

entro 2012

MILANO

 

 

998

1

IVECO 2471.12 Viberti Marelli

1982

filobus sperimentale

MILANO

 

 

999

1

Fiat 2470.18 - Mauri “Bi-bus”

1983

filobus sperimentale

MILANO

901

÷

920

20

FIAT 2470.12 - SOCIMI CGE

1983-‘84

entro 2009

SANREMO

1300

÷

1303

4

FIAT 2470.12 / Portesi Ansaldo

1984

entro 1994

SANREMO

1500

÷

1505

6

FIAT 2470.10 / Portesi CGE

1985

entro 2003

CHIETI

212

÷

221

10

MENARINI F201.2 LU/TIBB

1985

entro 2014

MILANO

921

÷

970

50

FIAT 2470 .12 - SOCIMI Ansaldo CGE

1985-‘86

in corso

MODENA

11

÷

24

14

IVECO 2471.12/SOCIMI 8833

1986

in corso

PARMA

031

÷

040

10

MENARINI F201.2 LU/TIBB

1986-‘87

in corso

ANCONA

7

÷

9

3

MENARINI F201.2 LU/TIBB

1987

entro 2013

CAGLIARI

616

÷

635

20

FIAT 2471.12/SOCIMI 8839

1987

entro 2012

SANREMO

1600

÷

1603

4

MENARINI F201/2 LF/TIBB

1988

entro 2011

CAGLIARI

636

÷

651

15

IVECO 2480 SOCIMI 8845

1991

entro 2016

 

 Foto del titolo: La vettura 1013 di TRAM-RN in regolare servizio sulla Rimini-Riccione. I Volvo B59-59 Mauri furono i primi filobus “di terza generazione” a circolare in Italia (foto P. Haseldine).

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