di Gennaro Fiorentino

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Molte volte mi chiedo quando ciò sia accaduto. È il ritorno del famoso tormentone se sia nato prima l’uovo o la gallina. Mi spiego. La passione per tutto ciò che si muove su rotaie quando mi ha colpito? È nata con me o l’ho acquisita? Una prima risposta indiretta me la dava mia madre, riferendomi di un episodio accaduto durante la mia primissima infanzia. Mi raccontava che per curare le indicibili sofferenze provocate alla mia tenera epidermide da una caduta in una tinozza di acqua bollente, il medico mi avesse prescritto, insieme ad unguenti più o meno efficaci, un’attività confacente alle mie infantili inclinazioni che mi distraesse dalla patologia. La povera donna non ebbe esitazioni facendomi trascorrere molte mattinate a spasso sui tram, l’unico diversivo che riuscisse a mitigare le mie giustificabili lamentazioni fino al conseguimento di un’apprezzabile miglioria dalle ustioni. Infatti era quello davvero che mi piaceva fare più di ogni altra cosa: andare in tram. Invece rappresenta un mio personale ricordo, il volermi accodare ad ogni costo ad un nostro conoscente che andava a fare spesa di viveri a Marano, all’epoca raggiungibile con i tram del Nord e la cui posizione fuori della cinta daziaria di Napoli, gli consentiva apprezzabili economie. La sua qualifica di capodeposito ATAN in pensione e la mia statura decisamente inferiore al canonico metro, assicuravano ad entrambi un transito gratuito sugli sferraglianti tram che s’inerpicavano su per Santa Teresa diretti verso Capodimonte ed i comuni del Nord.

Più tardi da ragazzetto tuttavia le vedute ferroviarie me le dovevo guadagnare. Ogni domenica c’era il rituale della visita alla vecchia zia (in realtà una prozia), in un ambiente di grande austerità posto in un palazzo di Via Foria accanto al laboratorio dell’allora misconosciuto Leopoldo che sarebbe diventato qualche decennio dopo, l’industriale del tarallo. Ebbene quelle due orette di noia, mi venivano compensate da mio padre con un sopraluogo a Napoli Centrale per vedere come gli altri partivano in treno. Noi ci dovevamo accontentare delle 624, “piacentine” o “varesine”, della metropolitana che ci riportavano a casa a Fuorigrotta. Che gioia era quando intercettavamo un lungo convoglio proveniente da Gragnano: lì potevamo fruire della prima vellutata classe, con la tolleranza dei pur severi controllori, disponendo infatti di un biglietto solo ordinario. Qualche volta ed in tema di eccezionalità, papà mi portava sul ponte di Via Ss. Cosma e Damiano: era l’apoteosi. Tutto il piazzale della Circumvesuviana con i suoi innumerevoli convogli dall’alto del muretto sotto i miei piedi mentre lui mi teneva con sicurezza le mie gambe nelle sue forti mani.

Certo mio padre pure ha avuto il suo ruolo nel definire la mia passione: sia da un punto di vista genetico, essendo anch’egli appassionato, sia da un punto di vista pratico, fornendomi di continuo una serie di notizie ed informazioni che hanno formato la mia coscienza ferrotramviaria.

Potrei raccontare diversi episodi oltre a quelli citati ma di certo sconfineremmo nella retorica. Però mi viene sovente alla memoria quando nei primi anni settanta, andai in viaggio con i miei amici in numerosi paesi dell’Est, all’epoca segregato da leggi protezionistiche. In ogni città dove arrivavamo, proponevo di andare alla stazione ferroviaria giustificando che quello sarebbe stato il miglior posto per telefonare a casa e per prendere informazioni. Il mio suggerimento non era per niente gratuito ma, in verità, nascondeva la mia voglia di vedere treni inconsueti. A tale proposito mi ricorre l’immagine di un italianissimo 626 fermo nella stazione di Belgrado. Solo dopo molti anni avrei appreso non trattarsi di un miraggio bensì di un esemplare risalente ad una fornitura riparatrice dei danni di guerra. In quel periodo, che oggi definisco da portatore sano cioè inconsapevole, non immaginavo che potessero esistere altri appassionati come me, o che addirittura ci fosse una stampa specializzata. Solo dopo il matrimonio scoprii per caso, l’esistenza del giornale “La voce della rotaia”, che pur essendo diffuso per lo più tra il personale delle Ferrovie Italiane, parlava di materia solo marginalmente di carattere sindacale. Invece c’era molto spazio dedicato alla cultura ferroviaria con notizie e citazioni di notevole interesse. Ogni volta che arrivava il numero mensile, cui intanto mi ero abbonato, lo divoravo con voracità per soddisfare il mio appetito di ferrovie (e tramvie) che mi era sempre più difficile da contenere. In un numero non ricordo più di quale mese, di quale anno, fu pubblicata la recensione di un album scritto a quattro mani da due giovani scrittori: Zanotti e Cruciani. Il tema dell’agile volumetto pubblicato nel 1978, era una curiosa automotrice termica derivata dalla diffusa ALn 772, ma costruita in un esemplare unico con allestimento panoramico ed arredamento interno di grande eleganza. Era l’ALtn 444.3001. Gli autori, due studenti di giurisprudenza romani ma appassionati di treni, probabilmente erano alla loro opera prima. A mezzo corrispondenza ne acquistai una copia. Così quel libro così originale nel trattare un argomento peraltro inedito, pose le basi per la costituzione della mia ricca biblioteca specializzata in tram e treni da tutto il mondo. Insieme con ciò nacque un comprensibile e personale affetto per quel treno strano che vicende varie condussero ad una finale trasformazione che lo rese omologo alla famiglia delle 772, da cui peraltro discendeva. Come mi sarebbe piaciuto andarlo ad osservare di persona dovunque si fosse trovato anche in stato di quiescenza. Invece le uniche testimonianze visive furono le foto d’epoca di cui la pubblicazione era riccamente dotata. Qualche anno dopo mi venne offerta la possibilità, in un certo senso di poterla toccare con le mani. Mi spiego. Durante un’occasionale visita ad un negozio di modellismo di città, mi venne proposto di acquistarne un esemplare in scala HO prodotto dalla romana GT. Non mi sembrava vero. Ero già pronto con il portafoglio, quando lo scaltro commerciante mi espose che c’era un piccolo problema. L’automotrice era in scatola di montaggio. Ma niente di complicato mi disse. Mi fidai e mi lasciai convincere. Ben presto il mio amico Peppe, esperto modellista, mi fece ricredere indicandomi le enormi difficoltà di assemblaggio e prima tra tutte, la costruzione della cupoletta panoramica. Però nello stesso tempo, mi indicò la possibile soluzione. Una persona, che chiameremo Roberto, abile modellista anche portatore di seri problemi fisici, dedicava il suo tempo a quell’arte e per distrarsi, e per ricavarne qualche soldo. Roberto creò un autentico gioiello che in varie occasioni mi ha permesso di fare delle belle figure per l’indiscussa personalità del modello.

Oggi è raro che acquisti dei modelli ferroviari nuovi. Però quando ho saputo che la casa OS.KAR. aveva prodotto una sua versione dell’ALtn 444.3001, di certo modello di prestigio e di gran lunga distante da quella piuttosto spartana della GT, senza esitazione l’ho acquistata ritenendo con ciò di aver chiuso un ciclo.

Come detto i miei libri che parlano di treni intanto sono diventati davvero tanti. Altrettanto i modelli che stanno in libreria in attesa di un plastico che non farò probabilmente mai. Il dottor Marcello Cruciani, conosciuto come giovane studente dalla foto del suo libro, oggi è un affermato professionista e collabora attivamente con una rivista di cultura ferroviaria. Il bravo Roberto che mi tolse l’impaccio di possedere un modello a pezzi, creando a modo suo un capolavoro, da molti anni ormai è di certo in Paradiso dove l’hanno condotto la sua bontà e la sua umanità. Rimane di attualità il mio affetto per questo curioso treno che ho conosciuto attraverso un libro, le persone speciali che con esso ho scoperto, insieme ad un’epoca dove i “Cummenda” andavano a Sanremo in treno di lusso per giocare al Casinò. Ecco ho cercato di esporre il perché di una passione e di un particolare modello che non volendo, ha punteggiato gli anni del mio amore per le ferrovie.

 

QUALCHE INFORMAZIONE STORICA

DELL’ALtn 444.3001 "BELVEDERE"

 

L’ALtn 444.3001 vide la luce nel 1948 negli stabilimenti OM e fu presentata al pubblico della Fiera di Milano ad Aprile dello stesso anno riscuotendo un grande successo. In realtà per la sua costruzione non si era partiti da zero ma era stato invece impiegato il relitto, danneggiato dalla guerra ma in discreto stato, della ALn 772.3240. Rimane un po’ misterioso, ancorché intrigante, il motivo che spinse la OM a realizzare questa inconsueta quanto lussuosa automotrice. Infatti erano gli anni della ricostruzione postbellica e bisognava badare più alla quantità del nuovo materiale rotabile da produrre piuttosto che a prodotti di èlite. Gli autori del libro che le è stato dedicato, a tale proposito elaborarono tre ipotesi pur non escludendo che ce ne potesse essere stata una quarta da loro non prevista. La prima immaginava uno scenario dove l’Italia volesse dimostrare all’Europa, che pur gravemente ferita dalla guerra, era tuttavia in grado di realizzare un prodotto di gran classe e dotato di tante novità ed innovazioni. La seconda viaggiava sull’onda della nostalgia ossia sarebbe stato il tentativo di voler emulare i fasti del passato prossimo quando “i treni viaggiavano in orario”. La terza infine, che ritengo a titolo personale forse la più accettabile, prospettava che l’Automotrice fosse stata la realizzazione di un progetto industriale della OM, forse risalente all’anteguerra. Una volta pronta, sarebbe stato deciso di cederne la proprietà alle Ferrovie dello Stato. La sua costruzione presso gli stabilimenti OM, durò appena 50 giorni grazie alla collaborazione intensa di tutte le maestranze che videro in questo veicolo, il mezzo per dare un calcio alle avversità della guerra. L’interno così prezioso, così unico, si dovette alla matita dell’architetto R. Zavanella.

L’automotrice, nella singolarità delle sue soluzioni, voleva da un lato affermare la comodità del mezzo ferroviario di fronte a quello aereo e stradale in via di affermazione; dall’altro emulare le comodità dei mitici treni americani, talvolta dotati di cupoletta panoramica proprio come la nostra Belvedere. Il numero dei passeggeri che potevano accomodarsi erano 44. I loro posti erano disposti in tre ambienti a salone, due simmetrici a ridosso della testa e della coda del treno, mentre il terzo era centrale rispetto all’asse ed in posizione elevata. Quest’ultimo, coperto da una cupoletta, consentiva una veduta panoramica a tutti i suoi fortunati occupanti. Il volume così ricavato dalla sopraelevazione fungeva da capiente bagagliaio di circa 12 mc. L’architetto operò davvero le sue scelte in maniera geniale. Oltre alla particolare conformazione degli ambienti, tutti i materiali furono scelti tra i più innovativi disponibili all’epoca. Le stesse confortevoli poltrone, girevoli e reclinabili, erano rivestite di una particolare ecopelle chiamata “Flexarmit”. Tre gradini di colore rosso mettevano in comunicazione gli ambienti inferiori con quello superiore. Un bar provvisto di macchina per il caffè, svolgeva il suo apprezzato servizio per rendere ancora più confortevole il viaggio. Tramite un pulsante posto presso le poltrone, si poteva richiedere il servizio di buvette direttamente al posto. La Belvedere fu praticamente già dal suo esordio “charterizzata” dall’agenzia di viaggi milanese AVEV che con essa svolse un servizio di top class da Milano a Sanremo con partenza il sabato e ritorno il lunedì. Osservando l’orario, si può immaginare la tipologia dei suoi clienti che erano infatti per lo più frequentatori del Casinò di Sanremo. Il tragitto veniva coperto in circa 4 ore. Il deposito di assegnazione era quello di Pavia. A Sanremo la macchina veniva ricoverata nella rimessa della stazione e secondo un aneddoto, durante la lunga sosta il personale preferiva non allontanarsene. Negli altri giorni della settimana, poteva capitare sporadicamente che l’Automotrice svolgesse altri servizi ma sempre si trattava di noleggi di alto livello.

Prima versione  della ALtn 444.3001 nei pressi di Firenze nel colore verde oliva,

tetto giallo chiaro, carenatura in rosso e scritte laterali in bianco, rosso e nero su righe gialle (Foto FS).

Alla fine del 1957, ossia dopo circa 9 anni di proficua collaborazione, l’agenzia AVEV sciolse il contratto con le ferrovie, certamente alla luce di una riduzione sensibile del numero dei passeggeri trasportati. La motorizzazione privata era ormai in atto e la facoltosa utenza che aveva usufruito del servizio charter della Freccia Aurelia (Milano-Sanremo) preferiva spostarsi con l’auto propria magari con autista. Le ferrovie provvidero velocemente a trovare un nuovo impiego alla Belvedere nella fattispecie il servizio rapido di sola prima classe Torino-Milano. Ma quando anche questa relazione fu elettrificata, cominciò una lenta ma inesorabile scadenza dei servizi assegnati. Finché nel 1966 se ne decise la ennesima ma finale riconversione in ALn 772 che fu immatricolata come 772.3424, svolgendo ancora una volta un servizio onesto ed affidabile. Fu demolita nel 1984.

Seconda versione della ALtn 444.3001 nei pressi di San Remo nel 1954, anni della gloria, nei colori grigio-celeste,

tetto tendente al bianco e carenatura in rosso. Le scritte laterali sono scomparse e sostituite da lettere

e cifre cromate in rilievo di dimensioni contenute ed apposte tra la porta di accesso ed il bagagliaio (Foto FS).

 

Testo e foto di Antonio Gamboni

Confrontare due modelli prodotti a notevole distanza di tempo, non mi sembra corretto, specie se si tiene conto del progresso tecnologico che si è avuto proprio in questo lasso di tempo. Tuttavia analizzeremo i modelli realizzati da GT e da OS.KAR. mettendo in evidenza pregi e difetti di ciascuno.

La ALtn 444.3001 prodotta da GT negli anni ’80 costituì una vera novità anche se in realtà ci si limitò solo ad un cambiamento di livrea di un modello già in produzione aggiungendovi la cupola panoramica, tra l'altro semplicemente poggiata sul tetto.

A parte le dimensioni riportate in tabella, nulla possiamo dire circa la marcia e l'assorbimento del modello in quanto al momento non funzionante a causa della precarietà della parte meccanica: gli ingranaggi del carrello motore male si accoppiano.

Forse poteva essere migliorata l'illuminazione dei fari mediante l'impiego di guide ottiche in plexiglass, già al tempo adoperate da altri costruttori.  Infine si poteva benissimo traforare il tetto sotto il cupolino del belvedere anche senza mettere i sedili. La cosa avrebbe conferito una maggiore estetica al modellino. Un'ultima osservazione è da farsi per quanto attiene la coloritura: bene sia il tetto che il verde oliva della cassa ed il rosso della carenatura.

Se da un lato GT provvide ad offrire ai modellisti assolute novità per automotrici ed elettromotrici, maggiore cura poteva essere riposta nella motorizzazione ed in alcuni dettagli.

 

 

Modello della ALtn 444.3001 prodotto dalla GT (coll. G. Fiorentino).

 

 

Particolare del carrello della ALtn 444.3001 - GT .

 

Decisamente migliore nell'aspetto, nelle proporzioni, ma sopratutto per i particolari è il modello che la OS.KAR. ha immesso di recente sul mercato. Già predisposta per l'applicazione del decoder, la ALtn.3001 di questa ditta è provvista di illuminazione interna e di cambio luci alle testate; inoltre presenta una marcia regolare a basse tensioni di alimentazione (3 volt c.c.) anche se rumorosa in un sol verso.

Purtroppo il modello presenta alcune difficoltà per distaccare la cassa dal telaio, operazione necessaria per l'inserimento del decoder.

Scala perfetta, ottime rifiniture e dovizia di particolari farebbero di questa ALtn 444 un vero gioiellino se una qualche attenzione fosse stata riporta nella verniciatura dai colori decisamente errati: se passabile potrebbe essere il giallo del tetto, non altrettanto accettabile è la tonalità del verde che nulla ha dell'oliva ma è di tutt'altra ispirazione.

Proprio in questi giorni è stata annunziata l'uscita della 444 nella livrea azzurra. A giudicare dalle foto in circolazione, questa volta i colori sembrano quelli giusti.

Modello della ALtn 444.3001 prodotto dalla OS.KAR. (coll. G. Fiorentino).

Particolare del carrello della ALtn 444.3001 - OS.KAR.

Automotrice ALtn 444.3001 nella nuova livrea proposta da OS.KAR.

Disegno schematico della ALtn 444.3001 e tabella comparativa delle dimensioni.

 

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