U.S.A., 1952 colore 35 mm

durata 129'

Regia di John Ford

Attori: John Wayne, Maureen O’Hara

 

 

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di Luigi Fiorentino

 

Come negli anni d’oro del cinema, vi voglio presentare in occasione della Pasqua, il mio colossal, ultimo appuntamento prima dell’arrivo della bella stagione. Ci troverete tutto come nella migliore tradizione cinematografica: avventura, sentimenti, azione e viaggi. Ci sarà la verde Irlanda, la moderna ed emozionante New York, la misteriosa Africa, fino a raggiungere il centro della Terra; per poi riguadagnare la superficie del nostro bellissimo pianeta attraverso il vulcano Vesuvio. Rivivrete tante emozioni dal technicolor al modernissimo tridimensionale digitale. Accomodatevi nelle vostre poltrone, davanti al vostro personal computer; siamo pronti a partire per una carrellata nostalgica di 50 anni del nostro tempo.

 

La bellissima e sbuffante locomotiva entra con signorile grazia nella piccola e fiorita stazione di Castletown (Irlanda). Dal treno discende un solo passeggero: Sean Thornton, campione americano di pugilato. Colpito dalla morte sul ring del suo ultimo avversario, ritorna alla terra di origine della sua famiglia per stabilirvisi e vivere tranquillo, appendendo al chiodo i guantoni.

Questo è lo spunto iniziale di uno dei più felici film della cinematografia americana anni ’50: “Un uomo tranquillo”. Capolavoro assoluto e nostalgico del grande regista di origini irlandesi John Ford, è interpretato da un ottimo John Wayne e da una splendida ed affascinante Maureen O’Hara, attorniati da un complesso di attori puri fordiani come: Victor McLaglen, Ward Bond, Barry Fitzgerald. Fotografato nei luoghi di origine con la quiete e verde campagna, i corsi d’acqua, i ponti di pietra, le case di mattoni rossi, in uno stupefacente technicolor, si avvale di una semplice ma indimenticabile colonna sonora di Victor Young ispirata a melodie e ballate locali.

 

Tra folate di fumo, il treno entra nella stazione di Castletown (Ballyglunin) riportando a casa il nostro eroe.

 

 

Sean Thornton si affaccia al finestrino curioso di vedere l'aspetto del suo paese dal punto di vista della stazione. Notare la vetrofania che annuncia trattarsi di uno scompartimento per fumatori, è in realtà anche una pubblicità per far fumare un certo tipo di sigarette.

 

Finalmente i piedi di nuovo sul suolo natio. Si noti il lussuoso rivestimento della porta.

Lo stile della carrozza ricorda un po' le nostrane "centoporte".

 

Il film meritò alla Mostra di Venezia, il premio internazionale della critica ed in patria due Oscar: regia e sceneggiatura. Dopo l’arrivo al proprio paese del protagonista, la storia continua in maniera semplice ed originale. Sean non desidera altro che completare il suo progetto, comprando la casa dov’era nato e sposando una semplice ragazza del luogo. Il percorso però per arrivare al traguardo delle proprie aspirazioni, si presenta subito duro. Per poter acquistare la casa dei suoi sogni, e anche quella di origine della sua famiglia, deve infatti battere la concorrenza di Burly Red Will Danaher, rozzo e ricco spaccone del luogo ed anch'egli aspirante alla proprietà. Egli è altresì il fratello della bella e focosa Mary Kate, di cui si è perdutamente innamorato. Con l’aiuto del parroco, riesce a sposare la fanciulla, ma il burbero ed antipatico cognato, per vendetta gli rifiuta la dote di rigore. Poco male per la mentalità aperta dell’americano, ma affare capitale per le tradizioni di quelle parti. Tant’è che Mary Kate si rifiuta di consumare il matrimonio finché lo sposo non riuscirà ad ottenere dal fratello il giusto dovuto. Naturalmente, dopo una furiosa e grandiosa rissa a cui assiste l'intero paese, tutto andrà per il suo verso. Sean ha la meglio sul burbero e nerboruto Red Will che crollerà sotto i suoi inesorabili pugni. Conquistata così la dote per la moglie, Sean troverà anche il giusto rispetto degli altri paesani e la pace per vivere finalmente la vita di “Un uomo tranquillo”.

 

 

Vidi questo delizioso ed irripetibile film, che ebbe un clamoroso successo di critica e di pubblico, nell’elegante sala del cinema Ariston del Vomero, dal curioso soffitto che simulava la volta celeste. Il biglietto d’ingresso dal costo apprezzabile, mi venne offerto, insieme ad un cartoccio di zeppole e panzarotti, da un amico che in mattinata aveva superato l’ultimo e difficile esame all’Università prima del conseguimento della laurea in Lettere. La bella serata terminò in bellezza a casa mia, dove mani esperte ed affettuose, mi avevano conservato per cena, una dorata e saporita frittata di maccheroni, posta con cura tra due materassi per mantenerla calda e croccante.

Correva l’anno 1952 e conquistando le masse, la politica locale ed i rotocalchi, Achille Lauro “il comandante”, diventa Sindaco di Napoli con una marea impressionante di voti di preferenza. Personaggio autentico, grande ed intelligente armatore, dotato di spirito di esibizionismo, battuta facile e plebea, resterà sulla scena politica fino agli anni ’60. Procederà con entusiasmo e decisioni veloci, a dare un volto diverso alla città di Napoli; il più delle volte con cambiamenti che dopo anni, fanno ancora discutere. Si svolge intanto al Teatro Mediterraneo, il primo Festival della Canzone Napoletana. Vince “Desiderio ‘e Sole” cantata da Franco Ricci; ma i napoletani fischietteranno e canteranno la più allegra e pittoresca “’E cummarelle”. Riapre il Caffè Gambrinus con le sale dorate in stile liberty ed iniziano i lavori di rifacimento della Riviera di Chiaia mentre profondi interventi di riqualificazione, cambieranno il volto della più nota tra le piazze napoletane: Piazza Municipio. Un fatto curioso e dimenticato di quei lontani giorni, è la presentazione alla stampa di un progetto ferroviario che prevedeva la costruzione in galleria, di un nuovo ramo della metropolitana. Partendo dalla stazione di Montesanto, avrebbe dovuto raggiungere il centro della città con stazioni in Piazza Carità (oggi Salvo d’Acquisto), Piazza Trieste e Trento, per poi terminare in Piazza Municipio. Fateci caso: non somiglia a quella che si sta realizzando oggi? Comunque la stampa ne parlerà davvero poco: d’altro canto il tutto finirà presto nel dimenticatoio. S’inaugura lo stabilimento della “Cementir” di Coroglio, che darà lavoro e speranza a tanti lavoratori.

 

Mentre tutto ciò accadeva nella nostra ed amata città, dall’altra parte dell’oceano, nella ricca e moderna New York, in un cinema della Quinta Strada, veniva proiettato il primo film della storia, in stereoscopia tridimensionale a colori: “Bwana Devil” con l’ottimo Robert Stack e regia di Archie Obler, giornalista, cineasta e stravagante produttore. Nelle sue intenzioni, questo curioso film avrebbe dovuto contrastare l’avanzata inesorabile della televisione.

La storia del film s’ispirava alla costruzione della prima ferrovia in Uganda; all’epoca dei fatti narrati era la Africa Orientale Britannica. Pellicola di “serie B” di avventure ed esotismo, con effetti speciali risibili, ebbe dalla critica una stroncatura completa. La novità degli effetti speciali, piacque però al pubblico che affollò la sala per 122 settimane: un vero record.

 

Questo pioneristico esperimento di cinema tridimensionale, mi è ritornato alla mente in questi giorni. Si sta proiettando infatti con grande pubblicità e favore di pubblico, il film ispirato al famoso romanzo di Giulio Verne “Viaggio al centro della terra 3D”. La pellicola, realizzata in tre dimensioni digitale e live action per grande schermo panoramico con stupendi colori e perfetto suono stereofonico “Dolby”, racconta la grandiosa avventura di tre esploratori alla scoperta dell’insolito regno sotto la superficie terrestre. Gli spettatori possono rivivere in un’atmosfera affascinante e coinvolgente attraverso la nuova tecnica della stereoscopia digitale, le stesse emozioni dei protagonisti del film, guidati da un brillantissimo Brendan Fraser.

Saranno con loro quando incontreranno alcune terribili creature, i piragna volanti, i dinosauri, le piante carnivore, le pietre galleggianti ed i globi d’acqua. Saranno avvinghiati ai braccioli delle poltrone, quando con incredibile effetto-presenza, saranno lanciati a velocità pazzesca sui traballanti vagoncini della ferrovia decauville verso il centro della terra. Insomma 90 minuti di emozioni, la cui fine scatena una spontanea ed imprevedibile ovazione del pubblico grande e piccolo. Quando si riconsegnano gli speciali ed indispensabili occhiali elettronici alla cassa, ci si chiede se è vero che questo film è il primo di una serie fatta di effetti speciali e tridimensionali ai cui progetti stanno lavorando i cineasti. Insomma il cinema che verrà sarà di certo fatto di emozioni a tre dimensioni. Allora il vostro recensore pensa con commozione al film con il quale si apre questo scritto “Un uomo tranquillo”. Tipico esemplare di un’epoca quando il cinema era fatto di sentimenti semplici ed attori protagonisti o caratteristi, che ci restavano nel cuore per tutta una vita.

 

 

 

I RIFERIMENTI FERROVIARI

di Gennaro Fiorentino

 

 

 

 

La spontanea domanda del come raggiungere dalla stazione il proprio villaggio, provoca un capannello di gente e tutta desiderosa di aiutare lo straniero. Ma in realtà nessuno è veramente in condizioni di dargli l'informazione richiesta. Non succede anche talvolta da noi?

 

 

Il verde e sereno paesaggio irlandese viene percorso dall'altrettanto verde convoglio. Il treno riprende la sua corsa nella contea di Galway dopo la fermata a Castletown (Ballyglunin), mentre un bizzarro calessino conduce il nostro emozionato protagonista verso il villaggio natio.

 

 

Mary Kate sta scappando dal suo villaggio e dal suo sposo. Ha deciso: un marito che non riesce ad affermare i propri principi, non può essere degno del suo amore.

 

 

Macchina in pressione: si parte!

 

 

La ferrovia di "Un uomo tranquillo"

 

Sono due i momenti nei quali la sceneggiatura prevede delle azioni girate in stazione con protagonista il treno. La prima riguarda l’arrivo del personaggio principale del film, Sean Thorthon, e la seconda, il tentativo di fuga della sua consorte Mary Kate. In ambedue i casi lo spettatore può ammirare la stazione di Castletown ed il delizioso convoglio trainato dalla pittoresca vaporiera, assistito dal non meno pittoresco equipaggio.

Diciamo subito che la stazione fu denominata “ad hoc” con un nome di fantasia, anche se una stazione con tale nome esiste per davvero, ma sull’isola di Man. Si tratta nella realtà della stazione di Ballyglunin, posta sulla linea Limmerick – Sligo della rete ferroviaria irlandese nella contea di Galway.

Questa linea fu chiusa nel 1976 per tratte e definitivamente il 1978. Essa, quando era in attività, aveva un apprezzabile traffico di passeggeri ma soprattutto di merci. Infatti in questa regione è collocata una delle più importanti fabbriche di zucchero e pertanto la ferrovia era fondamentale per il suo approvvigionamento di barbabietole. Comunque c’è una forte spinta da parte dell’opinione pubblica per farla riaprire con la finalità di mitigare il traffico su strada. Si sono anche costituiti dei comitati che ne hanno ottenuto il riconoscimento come ferrovia di interesse europeo. In tutto ciò non sono estranei i numerosi club di nostalgici del film “Un uomo tranquillo” che vedrebbero in un’eventuale riapertura, un’opportunità per rinnovare i pellegrinaggi sui luoghi ove il film fu ambientato. Infatti, malgrado i suoi oltre cinquant’anni, non mancano gli estimatori di questa pellicola annoverabile ormai fra i “cult movies”.

Per quanto riguarda la locomotiva, essa senza dubbio apparteneva alla Compagnia GS&WR (Great Southern & Western Railway) una delle Big Four. La storia delle ferrovie irlandesi risulta abbastanza articolata. La prima linea fu aperta nel 1834 per collegare la capitale alla piccola località balneare di Don Laoghaire. Dopo tale evento, le nuove linee proliferarono adottando ciascuna uno scartamento diverso. Ci volle un decreto reale, all’inizio del ‘900, per uniformarlo a quello di 1600 mm (5 piedi e 3 pollici). La nazionalizzazione, avvenuta nel 1950, assorbì le Big Four assumendone anche tutto l’assortito parco di materiale rotabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sean raggiunge a cavallo la stazione per riprendersi la sposa che è in fuga dal tetto coniugale. Finalmente ha capito che per riconquistare lei (ed il suo amore), deve dare una prova di forza verso l'ostinato cognato e la comunità del villaggio. Solo così potrà riavere la dote negata. Non è questione di soldi ma di principio. Il pragmatismo americano si scontra con le severe ed inderogabili tradizioni irlandesi. Giusto un attimo prima che il treno parta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antico manifesto pubblicitario

della Ferrovia dell'Uganda.

 

 

 

 

 

1899: il treno nei pressi di Mombasa.

 

La ferrovia dell'Uganda

 

La costruzione della Ferrovia dell’Uganda, ha ispirato ben due film. Oltre quello citato nella recensione, anche il più moderno “Spiriti nelle Tenebre” di Sthephen Hopkins (USA 1996) con il famoso attore Michael Douglas. I due soggetti furono suggeriti dalla ciclopica impresa ma anche dal cosiddetto “incidente di Tsavo” quando due leoni dotati di particolare ferocia, bloccarono l’avanzata dei lavori. Questo incidente è stato più o meno romanzato dai rispettivi soggetti, ma in ogni caso contiene un fondo di realtà storica.

La ferrovia fu costruita dagli inglesi nel 1896, durante la loro colonizzazione con il nome di “Africa Orientale Britannica”. La linea partiva da Mombasa per arrivare a Kisumu, sulla sponda orientale del lago Vittoria. I lavori durarono cinque anni e vi collaborarono anche indiani appartenenti comunque all’Impero Britannico. Alla fine dell’opera, diversi di loro, preferirono rimanere sul posto contribuendo a creare una minoranza estranea all’etnia locale. Lo scartamento scelto fu quello metrico che operava a binario singolo. Il vero e proprio servizio regolare partì il 1903. La grandiosa opera favorì anche l’adiacente stato del Kenia al quale fu collegata in un secondo momento con la linea Mombasa-Nairobi-Kampala con i suoi 1400 chilometri sulla quale si affermarono le potenti locomotive Garrat.

Per quanto riguarda i due leoni, essi furono uccisi dal Tenente Colonnello Patterson, non prima che le belve avessero ucciso 135 operai. Il leggendario cacciatore, dopo essersi goduto le prede per qualche tempo, le vendette al Museo di Storia naturale di Chicago per $ 5.000.

 

 

 

La ferrovia Decauville

 

Le ferrovie minerarie Decauville, sono dette anche ferrovie portatili. Esse assumono il nome di “decauville” per antonomasia ricordando il loro inventore: l’ingegnere francese Decauville. Sono dette anche portatili perché possono utilizzare binari di una certa lunghezza già montati con le rispettive traversine, realizzando, per paradosso, ciò che avviene di norma sulle ferrovie modellistiche in miniatura. Queste ferrovie non assumono uno scartamento standard ma possono essere da 400 mm. (come quella originale), oppure 500 oppure 600. La scelta dello scartamento si deve alla valutazione della località nella quale sono destinate ad essere installate e dunque operare. Certamente esse trovano impiego in ogni campo economico e produttivo dove c’è bisogno di un’installazione veloce ed economica.

Non di meno il suo utilizzo nel campo militare, è stato ampio sia durante la prima che la seconda guerra mondiale. La trazione è assicurata da piccole locomotive una volta a vapore, ma oggi elettriche oppure a trazione termica, passando per un periodo che furono ad aria compressa. I vagoncini hanno una forma particolare scaricabile con un dispositivo meccanico automatico. Ma non è escluso che possano essere costruiti dei carri ad hoc nel rispetto delle esigenze specifiche.

L’attributo “minerario” va ovviamente preso in senso lato, in quanto queste ferrovie per la loro praticità, possono servire anche per lavori di scavo oppure per approvvigionamento di industrie tra lo scalo ed il posto di utilizzo. Si immagini che nello Yucatan, dove si coltiva in maniera estensiva una sorta di fibra simile al Sisal, si conta una rete di ben 4500 chilometri di ferrovia decauville. Il suo aspetto di ferrovia in miniatura ha ispirato le sceneggiature di tanti film da quelli di 007 a quelli di Indiana Jones, per finire alla pellicola citata nella recensione.

 

Carrelli Decauville per trasporto materiali e personale.

 

Locomotiva Decauville a vapore utilizzabile per percorsi esterni.

Tutte le immagini di "Un uomo tranquillo" sono tratte da fotogrammi del film in versione originale.

Le foto nei riquadri sono tratte da siti internet.

 

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