note di viaggio di Paolo Neri

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Parafrasando l’incipit di un vecchio articolo custodito nell’archivio del sito Clamfer, inizio queste note di viaggio affermando che “giovedì si va a …. Mosca”.

Dopo alcune ore di volo, sbarcammo nell’aeroporto moscovita, grande ma nulla del lusso che possiamo apprezzare nelle nostre aerostazioni. Salimmo a bordo del bus a nostra disposizione, dovevamo percorrere forse una ventina di chilometri per raggiungere l’albergo. Attraversammo una serie di grandi strade piuttosto squallide, piene di buche colme dell’acqua che era caduta nelle ore precedenti. Un traffico densissimo senza semafori o controlli, nel quale ad ogni autista è lasciata l’iniziativa di districarsi dalla morsa caotica, ci costrinse a più di due ore di viaggio.

Finalmente Mosca.

Una megalopoli di 12 milioni di abitanti nella quale alla magnificenza dei vecchi edifici zaristi, alle cupole d’oro zecchino delle chiese del Cremlino, fanno contrasto gli anonimi e spesso mal ridotti palazzi d’epoca staliniana.

Non poteva mancare una visita ed un viaggio sulle metropolitane nelle cui stazioni, vere gallerie d’arte, moltitudini di viaggiatori incessantemente si avvicendano in arrivi e partenze. Tale situazione non mi ha permesso di fotografare i veloci convogli, chiedo venia ai cortesi lettori.

Tutto passa e così la permanenza a Mosca; dovevamo raggiungere la seconda tappa del viaggio, San Pietroburgo.

Quale il mezzo migliore? Il treno, naturalmente.

Si partì da una delle tante stazioni ferroviarie della città, niente di architettonicamente notevole: alcuni binari con pensiline, nient’altro.

Il collegamento è realizzato con il treno ad alta velocità “Sapsan”. Scegliemmo sull’orario il treno 162 in partenza alle ore 16,30, la prenotazione è obbligatoria con biglietto di seconda classe in caratteri cirillici! La nostra carrozza è la numero 6. All’ingresso un solerte ferroviere con berretto tipo guardia rossa controllò elettronicamente il biglietto ed autorizzò l’accesso in vettura ad una persona per volta, eravamo tanti così si formò un po’ di fila. Avevamo valige e, unica pecca, non esisteva un bagagliaio per cui le più ingombranti vennero lasciate nel piccolo atrio ma alla fine furono tutte sistemate senza troppe difficoltà. I trolley, più piccoli, si inseriscono nelle cappelliere, come sugli aerei.

Con puntualità, alle 16,30 ora di Mosca, si partì. Sono previste tre fermate intermedie ma non mi chiedete il nome delle località, controllate sull’orario e se riuscite a tradurle… buon per voi. Inutile ribadire che gli orari di arrivo e partenza dalle località intermedie sono stati da cronometro.

  

Durante il viaggio si raggiunse la velocità massima di 220 chilometri orari, come indicato su un display che riportava anche la temperatura interna ed il nome delle fermate. Il comfort è molto buono, senza scossoni né sferragliamenti.

Alle 20,40, si può regolare l’orologio, fummo a San Pietroburgo.

Avevamo percorso 650 chilometri in 4 ore e 10 minuti, dunque alla velocità media di 156 chilometri orari.

        

Ci accolse una stazione che, come quella di partenza, è anonima e priva di alcunché ma la città è ben diversa, non per nulla è detta la “Venezia del nord” per i suoi palazzi storici e per essere attraversata dalla Neva e da tanti canali fluviali. Il traffico automobilistico qui è regolato da semafori ma la velocità delle auto è, a dir poco, preoccupante.

Non è questa la sede per descrivere le bellezze della città e dei palazzi d’epoca zarista, basti ricordare l’Ermitage con i suoi tesori.

Un aspetto desidero sottolineare. Dicevo che giungemmo in città alle 20,40 e dalla foto si osserva che è pieno giorno. Si, è vero, eravamo a metà di luglio ma nell’ultima foto che accludo, scattata alle 22,56 è ancora giorno.

E’ la "notte bianca" che la latitudine regala a quelle genti. Per contro, al solstizio d’inverno sarà… la "notte nera". Poveracci!

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