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di Andrea Cozzolino |
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È stato recentemente pubblicato un pregevole
volume a firma di Maurizio Panconesi,
Aerodinamica ferroviaria italiana. In esso si può leggere – col
supporto di moltissime schede, immagini e disegni – che il periodo
più fervido di mutamenti nell’estetica dei rotabili ferroviari fu
certamente quello che va dalla fine degli anni ’20 del XX secolo a
tutto il decennio successivo. All’interno di questo periodo, si
possono poi distinguere due diversi momenti, il primo, nel quale
l’aerodinamica del veicolo viene ottenuta con la semplice
rastrematura frontale, e un secondo, nel quale si afferma la più
“aggressiva”, moderna e funzionale struttura a cuneo. Anche in ambito tramviario – e proprio negli stessi anni – si può notare una similare trasformazione del disegno dei rotabili ed anche per i tram è facile distinguere due diversi momenti nell’evoluzione delle forme.
Tre immagini d’epoca ci ricordano i frontali classici delle piattaforme delle motrici a due assi. Vediamo nell’ordine tre tram napoletani (coll. G. Litigio), uno di Salerno (che presenta peraltro una leggera bombatura: coll. E. Bowinkel) e uno della linea interurbana Castellammare -
Sorrento (coll. P. Gregoris). Alle schiacciate chiusure delle piattaforme
che “da sempre” avevano costituito la sezione anteriore e posteriore
delle motrici tramviarie (soprattutto di quelle a due assi di tipo
urbano) si va progressivamente sostituendo una cassa che presenta un
restringimento progressivo verso il centro che riduce la sagoma dei
veicoli: un esempio tipico possono essere considerate in tal senso
le “
La prima delle “ (ed anche posteriore, benché si tratti di vetture unidirezionali) di questi tram, che – nelle intenzioni dei costruttori – doveva accentuare l’aerodinamicità dei
rotabili. E questa scelta incide anche nella costruzione e/o ricostruzione di motrici a due assi, come dimostrano gli esempi di Torino, Napoli, Salerno, Cagliari …
Anche le vetture a due assi degli anni ’30 si
adeguano al disegno delle “sorelle maggiori”, come appare da queste
tre immagini di una vettura torinese (la più anziana delle tre
essendo del 1928: Archivio GTT-TO), di una “Balilla” napoletana
(coll. G. Litigio) e di una “Carminati & Toselli” cagliaritana del
1936 (foto Luff). Nel 1932 viene nominato direttore dell’ATM di Bologna l’ing. Giuseppe Barbieri, al quale viene demandato l’onere della ricostruzione e dell’ampliamento del parco tramviario felsineo. È un impegno significativo cui egli si accinge con cura e scrupolosità notevoli immaginando per i tram bolognesi una più moderna ed aerodinamica forma dei frontali: al semplice restringimento della sagoma Barbieri – sulla scorta di non pochi esempi stranieri, soprattutto di Oltreoceano – contrappone una forma a trapezio rovesciato (non dissimile da quella ferroviaria a cuneo precedentemente citata) nella quale è situato, con identica forma, il parabrezza, che inquadra due trapezi e/o triangoli laterali a loro volta muniti di due cristalli. Si tratta di una forma altamente innovativa per i tram italiani, che a Bologna trova spazio non solo nelle motrici che vengono progressivamente ricostruite (42÷65 e poi 33÷41), ma anche nelle modernissime vetture a carrelli che Barbieri progetta e fa realizzare in parte nelle Officine aziendali, in parte presso le Officine meccaniche della Stanga.
Ed ecco i trapezi delle “bolognesi”: vediamo
di seguito le motrici a due assi 43 (coll. R. Amori), 61 (coll. A. Cozzolino) e la vettura a carrelli 210
(coll. E. Bevere). E crediamo che non sia un caso che proprio dalla
Stanga escano – a fine anni ’30 – gruppi di vetture (le TAS romane,
Nel 1937 Barbieri lascia Bologna e va ad assumere la direzione dell’UITE di Genova, ed anche qui lascia il segno del suo passaggio, riproponendo il suo innovativo disegno nelle celebri “Littorine” del capoluogo ligure, vetture tanto note a chi si occupa del TPL che ci si può esimere anche dal ricordare – oltre che la maggior eleganza complessiva dei rotabili ottenuta con l’arrotondamento di non pochi spigoli – anche la gran fortuna del loro disegno che verrà adottato da sei motrici di Belgrado, da una di Inssbruck e da quattro articolate ancora genovesi.
L’applicazione più elegante delle forme
aerodinamiche suggerite da Barbieri è certamente quella realizzata
dall’Ansaldo con le “ Ora, com’è noto, le “
seguono lo schema aerodinamico del frontale. E veniamo così all’ultimo anello della catena:
Ansaldo ed IMAM (Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali)
fanno parte ambedue del gruppo Breda e sono ambedue aziende
“irizzate”. Qual meraviglia allora se l’IMAM modifica profondamente
le motrici che l’ATAN di Napoli le affida per la ricostruzione dal
Due immagini di motrici di tipo “Meridionale”
poste a confronto con due tram napoletani che hanno mantenuto le
caratteristiche originarie. Si noti come, nelle vetture ricostruite,
sia presente la veletta inclinata di ascendenza fiorentina (entrambe
le foto Haynes, coll. E. Bevere). E meno ancora ci sorprenderà che altre venti
motrici napoletane, inviate alla ricostruzione nel 1960 presso
l’AERFER, che nel frattempo ha rilevato l’IMAM, vengano adeguate al
disegno aerodinamico che a Napoli assume il nome di “tipo
Meridionale”. L’idea di Barbieri si è dimostrata veramente
feconda!!!!
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