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			 La nostra 
			storia potrebbe iniziare da un personaggio oggi poco ricordato: il 
			Cavalier Ferdinando Pistorius. Costui, ingegnere di origine 
			Italo-Germanica, era il titolare della ditta omonima che, dal 1875, 
			gestiva a Milano in Strada al Ponte Seveso n. 117 uno  “stabilimento 
			meccanico di macchine e strumenti agrari”. 
			
			Il Cavaliere, appassionato di cavalli e focoso quanto i suoi 
			destrieri, una mattina del 1876 vedendo un tram a cavalli stracarico 
			di gente trainato da due stalloni spossati e frustati senza pietà 
			dal conduttore, si turbò molto e, rivolgendosi allo spietato 
			conduttore, lo redarguì acerbamente soggiungendo: “Non sono cavalli 
			d’acciaio!... Per fare quel lavoro non potrebbe essere 
			diversamente!”. 
			 
			Dépliant pubblicitario dello stabilimento 
			di Ferdinando Pistorius con listino prezzi del 1° settembre 1876 
			(coll. privata). 
			
			Mentre pronunziava queste parole, il Pistorius ebbe un lampo di 
			genio che gli illuminò la mente: perché non sostituire i quadrupedi con 
			cavalli d’acciaio? Così, senza tanti preamboli, partì per Winterthur 
			ove si recò alla fabbrica di locomotive “Carlo Brown” per acquistare 
			un primo lotto di 12 piccole locomotive. In seguito, dal 
			1° maggio 1877, ne 
			importò altre facendole arrivare prima a Milano e poi a Torino. 
			Avendo riscontrato, però, che le motrici svizzere erano troppo 
			piccole e non rispondenti alle esigenze del compito loro affidato, 
			l’ingegner Pistorius si recò in Germania alla grande fabbrica 
			di locomotive “Henschel und Sohn” di Cassel della quale divenne 
			concessionario assoluto fino al 1907. In seguito, allorché passò a 
			miglior vita, gli subentrò l’ingegnere Edoardo Baravalle a Torino in 
			Corso Vinzaglio n. 20. Per onorare i suoi puro sangue, il Cavalier 
			Pistorius volle verniciare le motrici “Henschel” in marrone, colore 
			che, nel 1928 venne sostituito a seguito “decreto legge che 
			prescrisse a tutti i veicoli di servizio pubblico il colore verde 
			Paolo Veronese”.  
			L’andatura oscillante, ovvero zoppicante, di quelle motrici suggerì 
			l’espressione lombarda 
			Gamba de legn’ 
			per indicare le piccole locomotive a vapore utilizzate per le prime 
			tramvie interurbane. Le prime linee che impiegarono questo tipo di 
			trazione meccanica furono la Milano – Saronno (1877), la Milano – 
			Gorgonzola (1878), la Milano – Seregno (1878) e la Milano – Magenta/Càstano 
			Primo, aperta tra il 1879 e il 1880 ed argomento di queste note. Il Tramway Milano-Magenta Tutto ebbe inizio il il 9 settembre 1878, data in 
			cui fu firmato l’atto di concessione per la costruzione di una 
			tramvia a vapore tra Milano e Magenta, con una diramazione da 
			Sedriano a Càstano Primo. Dopo circa un anno fu inaugurato il primo 
			tratto della linea, quello da Milano a Sedriano; l’intero percorso 
			fu completato in breve tempo.  
 
			Avviso apparso sul settimanale "El Tramway" del 14 aprile 
			1878 (coll. F. Ogliari). Il capolinea di Milano si trovava inizialmente 
			nell’odierna piazza Baracca e, solo nel 1911, fu spostato al corso 
			Vercelli 33, dove già vi era il deposito delle carrozze. Il
			Gamba de Legn’, 
			dopo aver lasciato il corso Vercelli, effettuava la sua prima 
			fermata nel sobborgo di San Pietro in Sala. Lasciato l’abitato 
			cittadino, il tram proseguiva per la Maddalena, l’Isola Europa ed il 
			Molinazzo fino ad arrivare a Trenno, per fermarsi al Bar del 
			Boschetto. Ripartito, il piccolo convoglio si dirigeva a Baggio e, 
			dopo aver fermato a Cascina Olona ed a San Pietro all’Olmo, giungeva 
			a Sedriano, bivio dove s’incontrava la diramazione per Càstano 
			Primo. Proseguendo sul ramo principale, la linea proseguiva per 
			Vittuone, Corbetta e Magenta. L’altro ramo, invece, dopo aver 
			toccato Ossona, Inveruno e Buscate, si attestava a Càstano Primo. 
 
			Il percorso della tramvia Milano - Magenta con diramazione 
			per Càstano Primo (elaborazione da Baddley). La 
			velocità del 
			Gamba de Legn’, 
			fissata dal Consiglio Provinciale di Milano, era alquanto modesta: 
			10 km/h nell’abitato e 15 km/h in linea; in caso di nebbia, però, si 
			doveva procedere a 5 km l’ora e preceduti da un “segnalatore a 
			piedi” con fischietto per comunicare eventuali pericoli, proprio 
			come le prime strade ferrate inglesi. In principio il costo del biglietto non era 
			fissato in base alle fermate ma per chilometro di percorrenza; 
			infatti si pagava dai 5 ai 7 centesimi/km se in prima classe e 4 se 
			in seconda.   
			La fermata al "Boschetto di Trenno" della tramvia Milano - Magenta 
			(coll. D. Gaudino). 
 
			La motrice n. 64 in uscita dal deposito di corso Vercelli 
			(coll. D. Gaudino). 
 
			Un convoglio a Milano bloccato da una pioggia torrenziale 
			(coll. D. Gaudino). 
 
			La motrice n. 70 al traino di un affollatissimo treno in 
			corso Vercelli (coll. D. Gaudino). E veniamo al materiale 
			rotabile. Le prime motrici furono fornite dalla Lokomotivenfabrik 
			Krauss, dall’Atelier Tubize ed altri. Molto diverse da quelle 
			ferroviarie, queste locomotive tramviarie presentavano una 
			blindatura laterale per coprire gli organi meccanici in movimento e 
			la postazione del conducente era nella 
			parte anteriore della motrice al fine di una migliore visibilità. Il 
			rodiggio era prevalentemente il “B” e, raramente, il “C”.  
 
			Motrice n. 7 con rodiggio tipo "B" (coll. F. Ogliari). 
 
			Motrice n. 64 proveniente dall'Atelier de Tubize con 
			rodiggio "C" (coll. A. Gamboni). Le carrozze passeggeri erano 
			a due assi e, inizialmente, presentavano una forte somiglianza con i 
			rimorchi tramviari del tipo “Edison”. Avevano piattaforme aperte alle 
			estremità e, solo più tardi, somigliarono sempre più alle vetture ferroviarie dell’epoca. 
 
			Modello di motrice per tramway a vapore in scala 1:87 
			realizzato dalla ditta SAGI di Fano. 
			(per gentile concessione di SAGI-model) |