di Andrea Cozzolino

 

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Un po’ di storia

 

Non diversamente dal tram Peter-Witt, anche il modello articolato che in Europa assunse il nomignolo tanto buffo quanto “azzeccato” di “due camere e cucina” nacque in America. Il primo esemplare noto fu utilizzato sulla rete di Cleveland (Ohio). Ed è almeno singolare che esso sia stato brevettato fin dal 1892 da due inventori, Brewer and Krehbiel.

Il primo esperimento con un tram articolato di questo tipo (costituito cioè da due elementi raccordati da un terzo centrale di sostegno) risale già al 1893. Dal momento che però erano notevoli i costi per la trasformazione e/o la costruzione di motrici articolate e considerando che la bassa richiesta di mobilità dell’epoca consentiva un utilizzo a vasto raggio delle piccole motrici a due assi, per lunghi anni la fabbricazione delle articolate fu sospesa. Sarebbe stata ripresa solo negli anni immediatamente precedenti alla I Guerra Mondiale, in concomitanza con una maggiore domanda da parte dell’utenza.

Così, un nuovo prototipo apparve a Boston (1912), seguito da una serie regolare di questi tram.

 

 

Il primo esemplare di tram articolato utilizzato a Cleveland (da Street Railway Journal - Modern Tramway).

 

 

Tram articolato in circolazione a Boston nel 1912 (Coll. O.R. Cummings).

 

Dieci tram articolati furono immessi in servizio a Richmond (Virginia), e certamente vetture prototipo risultano aver circolato a Portland (Oregon: un tram ad otto assi!) nel 1914, e a Brooklyn (New York) nel 1916. Ma fu Boston la città con il maggior numero di tram articolati, con ben 110 unità costruite tra il 1915 e il 1917. L’ultima serie presentava otto assi come il prototipo di Portland. Tuttavia, in America questo tipo di tram fu ben presto soppiantato dalle PCC, vetture che, del resto, avrebbero trovato in seguito buona accoglienza anche su molte reti europee. E però in Europa, dopo la fine della I Guerra Mondiale, i tram articolati ebbero una discreta affermazione, come dimostrano soprattutto gli esempi di Göteborg (Svezia: dieci esemplari del 1923) ed Oslo (Norvegia). Particolare interesse destano le vetture svedesi che furono realizzate unendo insieme tram costruiti nel 1908 e che rimasero in servizio fino al 1949! Anche in Germania vi fu una certa diffusione dei “due camera e cucina”: ricordiamo le vetture bidirezionali di Dresda (1928), un prototipo in servizio a Lipsia e due a Berlino.

 

 

Uno dei tram articolati bidirezionali di Dresda (Coll. Roy Budmiger).

 

 

La vettura 6211 di Berlino nel 1994. Questo tram articolato è stato infatti preservato a fini museali (Roy Budmiger).

 

 

In Italia

 

L’Italia giunse buona ultima nella realizzazione di tram articolati, s’intende di quelli che prevedono un elemento centrale sospeso tra le due vetture che vengono collegate.

Fu nella prima metà degli anni ’30 che (per rispondere alla sempre maggiore domanda di mobilità che si manifestava soprattutto nelle grandi città) si tentò anche nel nostro paese di introdurre questo singolare tipo di rotabili, il cui successo dipese anche dal fatto che ci si accorse che potevano costituire un ottimo investimento dal momento che – ad una capienza di gran lunga maggiore di posti offerti – potevano unire il risparmio che si ricavava dal riutilizzo di vecchie vetture a due assi destinate altrimenti alla demolizione.

Fu così che l’ATM di Milano realizzò nel 1932 un prototipo sul quale vale la pena di soffermarsi per un momento: la vettura (che assunse la matricola 3000) fu costruita nelle Officine sociali dell’Azienda milanese accoppiando e dotando di motore due rimorchiate (la 1327 e la 1352), unite inserendovi in mezzo una cassa sospesa (realizzata dalla Carminati & Toselli), collegata tramite mantici di intercomunicazione. I motori di trazione (quattro per vettura) furono invece riciclati da vetture Edison in corso di demolizione. Alla sostanziale eleganza estetica della motrice non si abbinava però la funzionalità: basti pensare alla portina a sole due ante dell’elemento posteriore e al trolley posto su di esso.

Così, dopo due anni di sperimentazione, l’ATM decise di affidare alla Carminati & Toselli la realizzazione di altre 23 analoghe motrici, impiegando allo stesso modo, sempre rimorchiate dello stesso gruppo. Ma il risultato fu di gran lunga migliore, visto che le “nuove” articolate presentavano molto maggior equilibrio strutturale e la disposizione del trolley sull’elemento anteriore, che avrebbe caratterizzato d’ora in poi tutte le “due camera e cucina” milanesi. Elaborando in proprio il progetto delle 3000, l’ATM produce poi nel 1935 un secondo modello di motrice articolata, realizzata questa volta non più dovendo motorizzare due rimorchiate, bensì unendo direttamente un rimorchio ed una motrice di serie 600, interponendovi al solito un elemento realizzato dalla Carminati & Toselli. Unendo così la 676 alla 1500 nasce la 4000, che rimane unico esemplare per cinque anni, finché, nel 1940, le Officine Teodosio cominciano ad assemblare il primo lotto di vetture, a partire dalla 4001 fino alla 4025, ultimata in pieno periodo bellico. Queste vetture disponevano della porta posteriore completa, e andarono ad integrare il servizio svolto dalle 3000.

Purtroppo, gli eventi bellici si accanirono particolarmente su questi tram; delle “3000” si salvarono solamente sette motrici, delle “4000” si salvò la sola 4005 (!!). Tuttavia, da alcune di queste vetture si sarebbe poi ricavata la cassa posteriore di un secondo lotto delle 4000, mentre le rimanenti casse anteriori di 3007, 3008, 3009, 3011, 3012, 3013, 3014 e 3017 sarebbero finite alle Officine Caproni di Taliedo, dove sarebbero state trasformate in rimorchi a cassa metallica (serie 1200).

 

 

L'immagine ufficiale della 3000 milanese (Archivio ATM-MI).

 

 

L’articolata milanese 4033 (foto C. Marzorati).

 

Anche in altre città d’Italia gli anni ’30 segnarono l’arrivo di tram “due camere e cucina”; si tratta di Roma e Napoli, mentre questo singolare rotabile sarà presente solo negli anni ’50 sulle reti di Genova (serie “1700”) e di Torino (serie “2700”).

A Roma, nel 1936, l'ATAG commissionò alle officine MATER la costruzione di 50 vetture articolate, da ricavarsi dalla trasformazione di 50 motrici e 50 rimorchi a due assi, ad otto moduli, con l'intermediario di un elemento sospeso collegato alle casse adiacenti a mezzo di mantici di tipo ferroviario. Il primo esemplare di articolata fu messo in servizio il 21 aprile 1936 con il numero 5001; era dotato, insieme al secondo prototipo 5003, di comando automatico PCM, sostituito però nella produzione di serie da un usuale comando diretto.

La consegna dell'intero lotto si concluse entro il 1938. Erano vetture non belle (ad onta del frontale che voleva essere elegantemente aerodinamico) ma efficienti, capaci e robuste. Lo dimostra il fatto che furono radiate solo nel 1965; anzi, sei di esse furono cedute alla STEFER e, mantenendo le matricole originarie, furono utilizzate sulla linea per Cinecittà fino al 1972.

Caratteristica era la tendenza del rimorchio a stare sempre inclinato in avanti per affaticamento della sospensione; l’inclinazione dell’elemento centrale e/o del rimorchio fu una delle caratteristiche negative anche delle vetture genovesi della serie “1700”.

 

 

L'articolata romana 5059 (foto J. Robert, coll. AMTUIR)

 

 

Chiaramente visibile  l’inclinazione dell’elemento centrale nella "genovese" 1703 (foto P. Gregoris).

 

A Napoli: realizzazioni e progetti

 

Nel 1940, l'EAV, per potenziare il parco rotabili napoletano, studiò la possibilità di ricavare, come a Milano e a Roma, delle capienti vetture articolate utilizzando il vecchio materiale a due assi. Da questi studi nacque, nello stabilimento "napoletano" della MATER, ubicato a Barra, la vettura articolata unidirezionale matricola 1101; per la sua realizzazione fu utilizzata, per ricavare la sezione anteriore, motorizzata, il truck della OFM II serie matricola 724, la cui cassa nel 1944 giaceva ancora accantonata nei depositi aziendali.

Non si conosce, invece, il truck di provenienza della sezione posteriore. La cassa anteriore e quella posteriore furono realizzate ex novo, adottando, sul frontale, un profilo lievemente aerodinamico, non dissimile da quello dell’articolata Stanga romana n. 7001. La sezione centrale, invece, sospesa per mezzo di opportune articolazioni alle due sezioni portanti, era di totale nuova costruzione. Come motore di trazione fu adottato il tipo CT 139 K. Le porte, ad apertura pneumatica ed a quattro antine, erano situate in corrispondenza della piattaforma anteriore, di quella posteriore e nella sezione centrale.

 

 

La motrice 1101 in servizio sulla linea 3 (foto Baddeley, coll. Marzorati).

 

Il movimento dei viaggiatori era analogo a quello previsto per le Peter Witt interurbane e le "Balilla", con salita posteriore e discesa dalle porte centrale ed anteriore. All'interno i sedili, in legno, erano disposti tutti fronte marcia su due file singole. Il posto fisso per il bigliettaio era situato presso la porta posteriore. La nuova vettura fu assegnata al deposito di Fuorigrotta ed utilizzata, sulle linee 3 (Mergellina - Piazza Carlo III) e 23 (Piazza Municipio - Bagnoli Dazio), entrambe a forte carico. Grazie ai buoni risultati ottenuti in termini di capienza, l'Azienda, nel frattempo passata in gestione diretta comunale siamo nel 1942, in piena guerra decise di realizzare un secondo prototipo "sacrificando" la "Balilla" 402, che diventò, presso gli stabilimenti della IMAM, la sezione anteriore della nuova articolata. Anche in questo caso non si conosce il truck sul quale fu costruita la sezione posteriore, mentre del tutto nuova era quella centrale. La cassa, ovviamente, era in questo caso metallica, come per le "Balilla" stesse. Le altre caratteristiche strutturali erano uguali a quelle della 1101, a parte la porta anteriore, qui a sole due antine.

L'equipaggiamento elettrico adottato, con motore LC 245, era fornito dall'Ansaldo. Caratteristica, invece, la carenatura che ne cingeva la parte inferiore, nascondendo alla vista i truck sia della sezione anteriore, motrice, che di quella posteriore. Immatricolata 1151, raggiunse l'altra unità articolata al Deposito di Fuorigrotta e, con essa, entrò in turno sempre su 3 e 23.

 

 

Disegno "originale" dell'articolata 1151 (Archivio ANM-NA).

 

Negli anni seguenti, fra il 1943 ed il 1948, furono realizzate questa volta dall'IMAM altre due articolate, tecnicamente ed esteticamente uguali alla 1151 ed immatricolate 1152 e 1153. Queste due articolate, invece, erano prive della carenatura che - come detto - caratterizzava la 1151. Neanche a dirlo, il deposito di assegnazione fu Fuorigrotta e le linee esercitate... 3 e 23!

La 1153, in realtà, costituisce un vero mistero: appare citata solo nell'inventario generale del 1950 come “in attesa di riparazione presso le Officine di Croce del Lagno”, insieme alla 1101 ed alla 1152. In seguito, se ne perdono completamente le tracce (già prima del 1955, anno in cui non risulta più iscritta nell'inventario generale del materiale rotabile); le vetture 1101, 1151 e 1152, invece, continuarono a circolare sulla sola 23 ed alla fusione, nel 1955, di questa con la 16 (Parco del Castello-Poggioreale Emiciclo), sulla nuova linea 1 (Poggioreale Emiciclo-Bagnoli Dazio): il deposito di assegnazione rimase Fuorigrotta.

La loro carriera terminò nel 1960, quando furono accantonate e demolite.

Concludiamo con una “nota di colore”: le articolate in servizio a Napoli, in particolare la 1101, avevano in Azienda un nomignolo, la “sposa”, sia perché erano il risultato dell’accoppiamento di due elementi, sia perché talora – soprattutto in tempi bellici e post-bellici – erano noleggiate in occasione di matrimoni!!

 

 

La 1151 in transito a piazza Garibaldi (foto Boehm, coll. Marzorati).

 

 

Un ambizioso, ma sfortunato progetto

 

Debbo alla cortesia dell’ing. Renzo Marini l’essere entrato in possesso di copia di una relazione a firma dell’ing. Nicola Visconti dal titolo “Utilizzazione e rimodernamento di vecchie vetture tramviarie”. Il futuro Direttore dell’ATAN (lo sarà dal 1953 al 1963), all’epoca “capo servizio materiale rotabile dell’Azienda Autofilotramviaria del Comune di Napoli” scrive in un periodo imprecisato, ma certamente a ridosso della fine della II Guerra Mondiale (1946 - 47), prima della costituzione dell’ATAN, ma dopo la messa in esercizio di 1101 e 1151, cui si fa cenno nello scritto.

Come si evince già dal titolo, il Visconti guarda alla creazione di vetture articolate nella stessa ottica “economica”, già evidenziata per altre Aziende, del recupero parziale di rotabili ormai obsoleti. Ed infatti la sua proposta parte dalla costatazione che vi sono in circolazione a Napoli motrici vecchissime dotate di motorizzazioni (es. GE 54), delle quali “non si ricorda neppure l’anno di costruzione!”. E le stesse motrici OFM del 1926 – continua Visconti – avrebbero bisogno, pur essendo in grado di sostenere egregiamente il servizio urbano, di lavori di rimodernamento.

Come operare? Innanzitutto individuando i rotabili adatti alla bisogna.

I “vecchi” rotabili citati dal Visconti nel suo articolo.

Visconti divide le motrici più antiche in circolazione a Napoli in Belghe con cassa a botte e con cassa a lucernario e le rimorchiate in Belghe e tipo Città, ipotizzando il loro riutilizzo in un treno articolato che potrebbe essere composto o da due motrici di cui l’elemento posteriore ovviamente demotorizzato e/o da una motrice + rimorchiata. Nell’un caso e nell’altro sarebbe da costruire ex novo l’elemento centrale sospeso. Sulla base di valide considerazioni di carattere tecnico e valutandone l’assoluta antieconomicità il Visconti esclude la possibilità di utilizzare le motrici con lucernario giacché (pur dovendosi sempre e comunque provvedere a demolire buona parte delle casse esistenti, es. le cabine) in esse “non una linea, non un profilo, non una dimensione può accordarsi con gli elementi della cassa delle altre motrici”. Analoghe considerazioni spingono il Visconti ad escludere la possibilità di utilizzo delle rimorchiate di tipo “Belga” e a restringere pertanto il campo delle ipotesi a due: accoppiamento di due motrici con copertura a botte o di una motrice di questo tipo con una rimorchiata di tipo “Città”. Operazione preliminare a tale costruzione sarà l’allungamento del truck Brill da 1829 mm a 2500 mm con conseguente adeguamento delle intelaiature delle carrozzerie e delle cabine. Quindi verrà costruito l’elemento centrale adattando nel contempo le sezioni posteriore dell’uno e anteriore dell’altro tram che vanno a comporre il nuovo rotabile. L’accoppiamento di due motrici porterebbe alla realizzazione di un tram articolato della lunghezza complessiva di m 17 ca., con superficie utile interna di mq 26 ca., di cui 10 mq. occupati dai sedili (compresi quelli di servizio), per una capacità complessiva di trasporto di ca. 130 passeggeri. Analoghe caratteristiche presenterebbe il treno composto da motrice + rimorchiata.

L’equipaggiamento elettrico delle nuove vetture potrebbe essere eventualmente costituito da un comando automatico (anche se tale soluzione comporterebbe maggiori oneri di spesa) e la potenza dei motori dovrebbe essere adeguata alle nuove dimensioni (e al peso!) del treno articolato.

Ma il Visconti non si ferma a questa sola ipotesi, ma ci informa essere allo studio non solo dell’Azienda, ma anche di tecnici dell’AVIS di Castellammare di Stabia, l’ipotesi di costruire ex novo “una carrozzeria metallica, a sistema scatolato e portante”. Tale nuovo rotabile – prosegue il Visconti – adotterebbe truck Brill con passo allungato a 2000 mm con sale montate di diametro mm. 864. Di peso complessivo di 8 tonnellate (contro i 10 di un treno articolato con cassa in legno) esso sarebbe dotato di 2 motori CGE CT 139 K, regolatore di marcia TIBB tipo P.N. e motocompressore D.H.10 della Westinghouse. Costo complessivo delle vetture: 5 milioni di Lit., utilizzo previsto per circa 200 unità soprattutto il collegamento del centro cittadino con le aree periferiche della città, in particolare i Comuni dell’area vesuviana. Peccato che a queste fervide idee, a questi progetti così lungimiranti abbia fatto seguito, a breve, la progressiva, inesorabile contrazione del servizio tramviario urbano e vesuviano e la demolizione totale di quelle motrici a due assi che Visconti auspicava di vedere riutilizzate come componenti delle future “due camere e cucina” napoletane!

 

 

Il disegno dell’elettromotrice articolata prevista dal progetto Visconti e … mai realizzata!

 

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