Testo e foto di Mario Forni

 

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Prima di entrare in argomento, è necessario dare alcune spiegazioni sul perché abbia scelto questo soggetto che spero ovviamente possa interessare. Sono milanese e sono vissuto a Milano fino al 1979, quando, per motivi familiari, mi sono trasferito a Trento. Negli anni Settanta avevo vent’anni e, avendo finalmente avuto da poco la possibilità (e la capacità) di scattare fotografie e di frequentare biblioteche cittadine per leggere periodici e testi specializzati, potei approfondire il mio interesse per il trasporto su rotaie. Inoltre, proprio in quegli anni, iniziai a conoscere tante altre persone, coetanee ed anche più anziane, che condividevano i miei stessi interessi, con cui scambiare conoscenze ed effettuare visite a linee ed impianti. In quegli anni, per me ventenne, la situazione tranviaria milanese sembrava apparentemente statica: in realtà continuava una sensibile ed irreversibile contrazione dell’estensione della rete urbana ed interurbana, iniziata negli anni Cinquanta con il debutto dei lavori per la costruzione della prima linea di metropolitana. Ciò anche se, nell’immediato secondo dopoguerra, mentre in tante altre realtà italiane ed estere i sistemi tranviari venivano gradualmente abbandonati a favore soprattutto degli autobus, apparentemente più flessibili e meno costosi, a Milano, malgrado le forti spinte di talune correnti politiche e di pseudo tecnici, ci si rese conto che non si poteva fare a meno così facilmente del tram. A suo favore giocavano infatti le grandi masse da trasportare (non esisteva ancora la metropolitana) e la presenza nel parco tranviario della serie 1500, motrici conosciute anche come tipo 1928 e, in gergo, “ventotto”o “carrello”: 501 vetture (502 prima della guerra) dello stesso tipo permettevano di gestire il servizio con un sensibile risparmio di costi di manutenzione, con una discreta capacità (circa 130 persone tra sedute e in piedi) e, nello stesso tempo, ancora relativamente moderna.

Vettura tipo 1928 ancora in tonalità biverde e con trolley a rotella (Foto Gianpiero Fasce - Coll. G. Fiorentino).

Gli anni Sessanta furono caratterizzati da un declino costante dei passeggeri trasportati dai mezzi pubblici e da un contestuale aumento della motorizzazione privata che, giocoforza, rendeva sempre più difficoltosa la circolazione di tram, autobus e filobus. Nello stesso tempo aumentavano i costi del personale e il bilancio della Azienda Tranviaria Municipale andava sempre più in perdita. Fu deciso, per tamponare il dissesto, di introdurre la cosiddetta “tariffa oraria” che permetteva di eliminare le linee sovrapposte. A farne le spese fu in particolar modo la rete tranviaria: il 9 marzo 1970, giorno di introduzione della “tariffa oraria”, furono soppresse le linee 3, 6, 11 e 38; il 22 giugno terminarono il servizio le linee 16 e 17 ed il 25 ottobre la linea periodica 60 (alcuni numeri di queste linee soppresse sono stati poi recuperati con la ristrutturazione della rete negli anni Duemila). Ricordo che nei primi giorni di “tariffa oraria”, non potendo prevedere con certezza la quantità di passeggeri sulle linee rimaste, furono messe in circolazione anche vetture da un po’ di tempo tenute di riserva: in particolare, ricordo di avere visto sulle linee vicino a casa mia, come rinforzo, le articolate di prima generazione, le cosiddette “due camere e cucina”, delle serie 4000 e 4100.

Vettura articolata 4108 “due camere e cucina” ripresa a Piazza della Repubblica

mentre espleta un servizio speciale. Si noti la coesistenza del trolley a rotella con il nuovo semipantografo.

[In mancanza all’epoca di una tecnologia avanzata di obliteratrici elettroniche, ma al contrario ancora con la presenza del bigliettai a bordo, la vidimazione del biglietto con apposizione dell’orario, veniva effettuata manualmente dall’agente mediante un banale timbretto intinto d’inchiostro su un piccolo tampone. N.d.r.] La lunghezza di esercizio della rete tranviaria era nel 1969 di 247,5 km (25 linee), alla fine del 1970 era di 184,3 km (18 linee).

Nell’autunno del 1970 ebbi la fortuna di trovarmi in classe (3ª liceo scientifico “Luigi Cremona”) con Luigi Vaghi, pure lui molto appassionato del mondo ferroviario e tranviario. Luigi, a sua volta, mi presentò un suo amico ed ex compagno di classe della scuola media, Bruno Di Pietro, specialista del mondo tranviario milanese. Con loro, compagni di viaggio in tante escursioni tranviarie e ferroviarie (anche fuori Milano), ebbi modo di conoscere tanti “segreti”dei tram! E, assieme a loro, iniziai poi a frequentare con una certa assiduità Carlo Marzorati, purtroppo scomparso da alcuni anni, un vero cultore del mondo dei tram milanesi e non. Non si contano le serate trascorse a casa sua, dove si aprivano album pieni di foto e documenti di rotabili e reti tranviarie fino allora per me del tutto sconosciute. Mi sono permesso di ricordare questi amici perché proprio con loro, pochi anni dopo, fu costituito con regolare atto notarile un Centro studi e ricerche sui sistemi di trasporto pubblico denominato METRAM (vorrei menzionare anche altri amici che si prodigarono per la costituzione ed il successo dell’associazione: in particolare Gianpaolo Azzolini Chiarabelli, Cesare Gini, Giovanni Muzio ed Alberto Perego).

Lo scopo di questa associazione, ovviamente senza alcun finanziamento esterno, era quello di dimostrare che delle persone, anche se apparentemente potevano sembrare “solo” dei grandi appassionati del mondo del trasporto su rotaia (in particolare quello tranviario), in realtà erano anche convinti, a ragion veduta, della sua utilità e insostituibilità. Mediante lunghi ed estenuanti rilievi sul movimento dei passeggeri, fu per esempio dimostrato, con apposito studio, che la linea tranviaria 18 (all’epoca collegante il quartiere periferico di Baggio con la stazione Gambara della linea M1) sarebbe dovuta essere ripristinata fino in centro città, sostituendo una linea d’autobus che, con grande difficoltà, effettuava questo servizio! Purtroppo, non avendo alcun appoggio politico, il nostro studio rimase tale … Anche se la rete tranviaria veniva ridotta, l’azienda municipale perseguiva un’azione di miglioramento dei rotabili e del servizio. E’ dell’inizio degli anni Settanta la progressiva messa in circolazione dei primi cosiddetti “jumbo-tram”, appartenenti alla serie 4800. Nel 1972 entrò in servizio l’articolata a tre casse 4801 , un vero gigante per le rotaie milanesi, allestita presso le officine sociali, recuperando due motrici serie 5300 ed una della serie 5400, utilizzata quest’ultima come cassa centrale.

Vettura articolata prototipo 4801 ottenuta “fondendo” segmenti di due tram serie 5300

con uno (il centrale) della serie 5400. Ripresa durante una manifestazione per il trasporto pubblico tenutasi il 10/2/1972.

La vettura conservava, come presa di corrente, la classica perteghètta (cioè, in dialetto milanese, l’asta con rotella ovvero il trolley) anche se, nello stesso periodo si stava sperimentando la presa di corrente a pantografo (o meglio, semi-pantografo). Inoltre conservava, in coda, il posto per il bigliettaio. L’adozione del semi-pantografo era giudicata necessaria per arrivare all’introduzione dell’agente unico, cioè l’eliminazione del bigliettaio, la cui presenza era necessaria per la rimessa in posizione del trolley in caso di scarrucolamento. La linea 2 venne scelta per poter sperimentare l’esercizio con vetture dotate di pantografo. All’inizio dell’estate del 1972 fotografai in piazzale Istria, vicino a casa mia, la ”ventotto” 1740 che circolava, fuori servizio, alimentata per mezzo del semi-pantografo.

Vettura tipo 1928 con matricola 1740 con l’innovativo “semipantografo” durante un esperimento

di circolabilità sulla linea 2 ripresa il Giugno 1972. La livrea arancione rappresenta anch’essa una novità.

Sarà subito dopo adottata con gradualità su tutto il parco autofilotranviario. Qui a piazza Istria.

L’adozione della livrea arancione, che sostituiva la doppia tonalità verde ministeriale in uso dall’inizio degli anni Trenta ed il pantografo, davano alle “ventotto” un aspetto meno antiquato (la trasformazione completa della rete area per permettere la captazione con pantografo fu terminata nel 1978). Nel febbraio del 1972 ci fu una bella mostra, organizzata dall’Impresa Generale Pubblicità (manifestazione del premio nazionale Fernand du Chène de Vère), di veicoli tranviari e, in parte, automobilistici. L’esposizione ebbe luogo in via Palestro, a fianco dei Giardini Pubblici, su un tratto di binario non più in uso, collegante piazza Cavour con corso Venezia: i rotabili esposti erano molto interessanti, partendo da un veicolo gommato di proprietà della nota ditta Campari che voleva ricordare le vecchie motrici tipo Edison. Era presente poi una motrice interurbana tipo TIP, una della serie 700, una tipo 1928 e la 4801, prototipo dei “jumbo-tram”; concludeva un moderno autobus della serie 3000. Nell’ottobre del 1973 iniziò a fare le prime uscite in prova la 4802, la prima vettura di serie dei “jumbo-tram” 4800: era già attrezzata per il servizio ad agente unico e quindi era provvista del solo pantografo. Per questo motivo, dalle officine sociali Teodosio a piazza IV Novembre (capolinea del “2”, unica linea, come anzidetto, la cui linea di contatto era già stata interamente attrezzata per vetture dotate di pantografo), veniva trainata da una anziana motrice interurbana tipo Abbiategrasso che fungeva spesso da “locomotiva di servizio”.

E dopo il prototipo, fu la volta della 4802 che dopo una serie di prove, assistita dalla motrice interurbana 52

che fungeva da “nursery”, fu regolarmente impiegata sulla linea 15, ad elevata frequentazione

ed attrezzata per il semipantografo. La produzione in serie del nuovo tram, portò a 44 gli esemplari di questo tipo.

Ricordo benissimo che la vista di questo moderno e possente tram era per me uno spettacolo entusiasmante: significava che, malgrado tutto, un certo futuro per il tram a Milano era assicurato! Non potei mancare nessuna delle prime uscite della 4802; così, da solo in bicicletta o, in moto, con l’amico Gianpiero Fasce, mio compagno di classe, uscivamo all’inseguimento, appostandoci nei posti migliori per fotografare. Queste vetture furono poi immesse in servizio sul “15”, importante linea di forza, collegante il quartiere periferico di Gratosoglio con San Siro, passando per il centro, dove poterono sfoggiare tutte le loro prerogative. Alla fine dell’autunno di quell’anno successe qualcosa che mai avrei immaginato potesse realizzarsi: il 2 dicembre 1973 fu la prima “domenica d’austerity”, nessuna automobile privata, a seguito di disposizione governativa valida su tutto il territorio nazionale, poteva circolare causa la incipiente crisi petrolifera. Era il rilancio del trasporto pubblico, in particolare di quello su rotaia, che, come noto, è caratterizzato dal ridotto consumo energetico. Per tutto l’inverno 1973 – 1974 l’ATM fu costretta a rinforzare drasticamente i suoi servizi festivi. Quella prima domenica d’austerity coincideva con la partita del derby Milan – Inter a San Siro. Non potei fare a meno di andare a curiosare fuori dello stadio: il dispiegamento di vetture tranviarie era immenso, non solo tutti i numerosi binari di stazionamento del capolinea della linea 15 in piazza Axum, antistante lo stadio, erano occupati da tram in attesa della fine della partita, ma anche nella vicina via Rospigliosi, dove la linea tranviaria correva in sede propria tra due bei filari d’alberi c’era una lunga teoria a perdita d’occhio di vetture tranviarie che man mano avrebbero impegnato gli anelli di ritorno prima di ripartire carichi in direzione centro. [Ho usato il tempo passato perché è proprio di questi giorni che il servizio tranviario su questa via è stato sospeso per permettere i lavori di scavo per la linea 5 della metropolitana … n.d.a.].

Grandiosa parata di vetture a carrelli della linea 15 durante il derby Milan-Inter il 2/12/1973,

prima domenica di austerity per contrastare la crisi petrolifera.

Non ricordo di aver visto altri fotografi “tranviari” in quel luogo e in quella memorabile giornata, mentre scattavo diverse fotografie, cercando anche di inquadrare il maggior numero di tram. Scattai diverse foto anche in via Rospigliosi, compresa quella pubblicata sul bel libro di Guido Boreani dedicato alle “ventotto” e che erroneamente è stata attribuita a Carlo Marzorati! Anche nelle domeniche seguenti cercai sempre di scattare fotografie in quelle strade dove il passaggio di veicoli stradali, considerata la promiscuità della sede, impediva normalmente di riprendere il passaggio dei tram. Quella stagione fu anche quella dei grandi proclami politici: per evitare di trovarsi impreparati di fronte ad eventuali future crisi petrolifere era necessario investire nel trasporto pubblico, proponendo anche la cosiddetta conversione industriale per produrre meno automobili e più autobus. Ripristinata in primavera la libera circolazione sulle strade cittadine, ci si dimenticò subito dei proclami e tutto ritornò nell’ordinaria confusione. Intanto, mentre proseguiva a pieno ritmo l’allestimento delle articolate 4800 (per un totale di 44 unità), si rese necessario, per sopperire alla momentanea mancanza di rotabili (le “moderne” vetture delle serie 5200 e 5300 venivano infatti progressivamente ritirate dal servizio per essere utilizzate quali casse d’estremità della serie 4800 - la cassa centrale veniva invece realizzata ex novo), vennero reimmesse in servizio, nelle ore di punta, le mitiche 5000, elettromotrici tranviarie aerodinamiche realizzate nella seconda metà degli anni Trenta, e due vetture della serie 5400. La serie 5400, la PCC milanese, realizzata dalla Breda nel 1958, comprendeva solo tre unità, numerate da 5451 a 5453: la prima, come scritto in precedenza, fu utilizzata per l’allestimento dell’articolata 4801.

Vettura 5452 in Viale Montenero il 25/3/1976. Moderno tram di una piccola famiglia di tre esemplari

di cui uno il 5451 “sacrificato” per l’allestimento del tram articolato 4801. Rappresentarono l’interpretazione milanese

delle PCC di scuola americana. I due sopravvissuti furono ceduti all’ATAC di Roma nel 1981.

Logicamente questa serie di motrici fu il soggetto principale delle mie fotografie in quel periodo, conscio che questi servizi di rinforzo fossero il loro “canto del cigno”. L’arrivo delle prime unità della nuova serie 4900 e la conseguente immissione in servizio (1977) decretò la loro fine: le 5000 furono avviate alla demolizione (malgrado, come noto, un esemplare, la 5003, fosse stata inviata per prove di circolabilità a Napoli nel 1973 nell’ipotesi di un acquisto da parte dell’ATAN dell’intera serie), mentre la 5452 e 5453 furono cedute all’ATAC. L’ATAC provvide ad un loro riclassamento per adattarle alla rete romana, cambiandone però completamente l’aspetto (e numerandole 8041 e 8043). La serie 4900, di cui furono realizzati cento esemplari di vetture articolate a tre casse, numerate da 4900 a 4999, fu ordinata all’industria privata (Officine di Savigliano e Officine della Stanga) a seguito dell’esito positivo delle 4800.

Motrice della serie 5000 in servizio sulla linea 4, lascia il deposito Leoncavallo per entrare in servizio.

Ripresa del 7/6/1974. Delle originali 62 dell’anteguerra, ne sopravvissero 24.

La 5003 fu inviata a Napoli per prova in vista di un’eventuale cessione

che non poté avvenire per incompatibilità di circolabilità. Le altre furono radiate nel 1976.

Vettura 4902 della classe 4900 prodotta in 100 esemplari dall’Industria privata

sulla scia del successo della serie precedente 4800. Qui ripresa in Piazza Missori il 28/3/1977.

L’arrivo del primo esemplare, nell’autunno del 1976, fu un vero e proprio avvenimento: era dal 1961 che nessun tram interamente nuovo veniva consegnato all’ATM e a noi appassionati milanesi, questo lasso di tempo ci era parso un’eternità; inoltre, l’arrivo di questi jumbo-tram ci faceva ben sperare nel futuro di questo sistema di trasporto su rotaie. A fronte di un continuo ridimensionamento della rete, stava prendendo piede un’idea lanciata dalla stessa ATM: era stato infatti affidato alla Metropolitana Milanese SpA, (praticamente di proprietà comunale, incaricata principalmente di progettare e costruire linee metropolitane) lo studio per trasformare da filoviaria a tranviaria la linea di circonvallazione esterna 90/91. Il grande movimento di passeggeri e la promiscuità col traffico automobilistico (non esistevano praticamente corsie riservate) rendevano la regolarità di questa linea di forza particolarmente difficile. Il progetto prevedeva la realizzazione di una vera e propria metrotranvia ante-litteram, caratterizzata da sede interamente riservata, banchine alte, semafori asserviti. Per il servizio sarebbero state utilizzate le motrici tipo 4900 la cui conformazione era stata appositamente studiata (con porte tutte allineate – per questo motivo la cassa era asimmetrica, con la rastrematura presente solo lato interbinario - e adattabili per l’incarrozzamento a raso).

Ancora una moderna vettura articolata matricola 4903 incontra la gemella 4906 in piazzale Martini il 23/2/1977.

L’incontro ci permette di osservare la particolare coda costruita in maniera asimettrica

anche se sarà modificata dopo qualche tempo.

Purtroppo la cultura tranviaria, all’epoca, non era molto sviluppata ed ancora si vedeva il tram come un mezzo obsoleto ed ingombrante, particolarmente penalizzante per il traffico automobilistico: gli oppositori prevedevano abbattimenti indiscriminati di alberi ed eliminazione sistematica di parcheggi lungo i viali di circonvallazione … Noi del METRAM, convintissimi della bontà di questo progetto, ne peroravamo la causa partecipando alle assemblee dei quartieri interessati. L’amministrazione comunale che aveva appoggiato il progetto dovette purtroppo fare marcia indietro per non attirarsi l’antipatia dei suoi elettori, strumentalizzati dall’opposizione con le motivazioni anti tram sopra esposte. Si preferì optare per un potenziamento della linea filoviaria, procedendo alla realizzazione di corsie riservate: il lavoro, a tutt’oggi, non è stato ancora completato (dopo 35 anni …), i parcheggi nel mezzo dei viali sono stati ugualmente eliminati realizzando una sede che, ovviamente, occupa un maggiore spazio rispetto a quello che avrebbe potuto occupare una sede tranviaria. Il 29 settembre 1975 venne istituita la linea 5 per coprire parzialmente il ramo est della linea 21 drasticamente raccorciata; per realizzare un nuovo capolinea in centro (Foro Bonaparte) per il “21”, fu ricostruito ex-novo un breve tratto di binario in via Carducci  per collegare i binari di corso Magenta con quelli di piazza Cadorna: un reale evento “storico” la posa di un nuovo doppio binario tranviario a Milano, dopo tanti tagli e “ristrutturazioni”, soprattutto in una strada dove il tram era stato eliminato per poter realizzare una linea metropolitana (in questo caso la linea 2)! Il 14 giugno del 1976 fu soppressa la storica linea “interstazionale” 25/26; sul semicerchio est di questa linea circolare fu istituita la linea 9: la lunghezza di esercizio della rete alla fine del 1976 era così scesa a 177,8 km. L’arrivo delle 4900 causò problemi di capacità di rimessamento nei depositi tranviari cittadini. La contrazione della rete e l’immissione in servizio sulle linee di forza di vetture di grande capacità (4800 e 4900), resero superflue parecchie vetture “piccole”.

Dopo anni di eliminazione di binari dalle strade cittadine, finalmente s’inverte la corrente con la costruzione ex novo

di un collegamento tranviario tra le vie Magenta e Piazzale Cadorna lungo Via Carducci. È il 31/3/1976.

Dopo l’eliminazione delle 5000 e delle 5400, nel 1977 iniziò purtroppo l’accantonamento delle prime “ventotto”. Divenne così possibile vedere occasionalmente il triste ultimo viaggio di queste motrici, trainate dalle gloriose motrici interurbane tipo Abbiategrasso verso il deposito esterno di Desio, ultima loro dimora prima di essere demolite. Gli anni Settanta terminarono con la temporanea sospensione della linea 18, il 23 luglio 1979, per consentire lavori stradali. Il servizio non fu più ripristinato …

La rete tranviaria al 31 dicembre 1979 era di 175,5 chilometri.

 
 

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