di Andrea Cozzolino

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Secondo quanto si legge nel volume “L’altra Alfa” di Stefano Salvetti il filotelaio ALFA 900 non variava rispetto a quello ALFA 800, tanto che, nella nomenclatura ALFA Romeo, è possibile leggere “T.900 AF (già T.800AF)”.

Le vetture filoviarie del tipo ALFA 900 non  sono altro, quindi, che la continuazione - con il nome leggermente cambiato - dei filobus anteguerra ALFA 800, derivati tutti dall’adattamento di un telaio camionistico.

Partendo da questo dato ci sembra ovvio dover unire in un’unica trattazione sia i non molti ALFA 800 costruiti tra il 1940 e il 1944 che gli ALFA 900, che appaiono nel 1950 e la cui produzione cessa nel 1954. Si tratta, sia per l’uno che per l’altro modello, di filobus di capacità medio-grande adatti sia a realtà abbastanza piccole sia a linee di grandi reti bisognose però, a causa dei loro itinerari, di veicoli di non eccessiva lunghezza.

Seguiremo nell’esposizione la cronologia dell’immissione in servizio delle varie vetture.

Il primo filobus costruito su telaio ALFA 800 fu un veicolo sperimentale carrozzato da Macchi e fornito di motore ed equipaggiamento elettrico Marelli. Fu utilizzato a Napoli, in occasione dell’apertura della rete, da maggio ad ottobre del 1940. Qui assunse la matricola 5800, che conservò anche quando fu trasferito a Roma, dove rimase fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 l’ALFA 800 fu acquisito dalla SAST di Palermo che lo classificò nel suo parco col numero 161 (Catalogo Marelli).

 

 

L’anno successivo, in pieno periodo bellico, furono prodotti i primi ALFA 800 di serie. Si trattava di dieci esemplari destinati all’ACEGAT di Trieste, numerati 611÷620. Carrozzati da Garavini, erano caratterizzati da un’estetica più filante rispetto alla vettura prototipo, anche se presentavano del pari la guida centrale e tre cristalli anteriori. Diversa, invece, la scansione dei finestrini laterali. Dalla vettura prototipo ereditarono le parti elettriche Marelli (foto Archivio TT-TS).

   

Non dissimili dai filobus triestini furono le vetture 11÷18 della STECAV di Como, prodotte parimenti dalla Garavini, ma caratterizzate da un frontale meno bombato. Dotate anch’esse di apparecchiature elettriche Marelli, furono molto più longeve dei veicoli triestini. Mentre quelli, infatti, cessarono dal servizio già nel 1969, le vetture comasche (peraltro costruite tra il 1944 e il 1947) furono utilizzate fino al 1976 (foto P. Haseldine).

   

Il panorama degli ALFA 800 si completa con un singolarissimo filobus, esemplare unico, carrozzato nel 1943 dalla Isotta Fraschini e dotato di motore ed equipaggiamento elettrico TIBB. Fu presente col numero di matricola 214 nel parco dell’ACNIL di Venezia Lido fino alla chiusura della rete nel 1966. Particolarissimo il frontale di questo veicolo, privo di veletta anteriore e con il ricasco del tetto contraddistinto da una sporgenza centrale. Per non dire della vetratura anteriore con ben sei diversi moduli e della verniciatura del frontale in verde chiaro! (foto P. Gregoris). 

   

E passiamo agli ALFA 900. Nel 1950 siamo di nuovo a Napoli dove arrivano dieci filobus da mm 10200 che l’ALFA Romeo ha affidato alla SIRIO di Novara per la carrozzeria e alla Marelli per le parti elettriche. Eleganti nella loro struttura rastremata nel frontale sono utilizzati su quei collegamenti che, nel capoluogo campano, costringono alla percorrenza di strade strette e tortuose come le filolinee 202, 243 e, nel tempo, 232. Vengono immatricolati da 4441 a 4450. Nell’immagine a lato, peraltro molto ritoccata, vediamo ritratta la vettura 4445 (Catalogo Marelli).

   

Un ulteriore filobus ALFA 900 SIRIO viene prodotto nel 1950. Si tratta, questa volta, di un veicolo dalle caratteristiche singolari sia per l’estetica che per l’allestimento di tipo interurbano. Caratterizzato da una calandra … da autobus e da due portine a doppia anta, presenta motore ed equipaggiamento elettrico CGE. Diventa la vettura 1001 del parco della SO.ME.TRA. di Salerno e qui, per la colorazione in avorio-verdone, sarà scherzosamente soprannominata “’o Chinotto”. Non eccessivamente amato dai conducenti, questo filobus fu utilizzato quasi esclusivamente sulla linea Ferrovia-Baronissi (Centro di documentazione storica ALFA Romeo).

   

La guida centrale caratterizza anche il gruppo più numeroso di ALFA 900, quello costruito nel 1952 da CAB per la rete di Bergamo: 19 unità numerate 16÷34. Anche in questo caso si può parlare dell’applicazione di un disegno unificato ALFA, mentre diverse (rispetto alle vetture sin qui citate) sono le apparecchiature elettriche, realizzate dall’Ansaldo. Un discreto numero di ALFA 900 bergamaschi raggiungerà in efficienza il 1973 (foto P. Haseldine).

   

Altri sei ALFA 900 vengono realizzati nel 1952. Si tratta, questa volta, di vetture costruite dai CRDA e dotati di apparecchiature TIBB. Vanno a far parte del parco dell’ACEGAT di Trieste con i  numeri 621÷626. A differenza dei veicoli sinora trattati, queste vetture presentano la guida a destra, anche se l’impostazione generale del disegno rimane sostanzialmente la stessa. Utilizzati a Trieste fino al 1971, gli ALFA 900 vengono venduti in efficienza all’A.T.A.C.S. di Salerno. Qui saranno rinumerati 265÷270 e verranno adoperati soprattutto sulla linea 3 rossa fino al 1976 (foto P. Haseldine).

   

Al 1953 risalgono nove ALFA 900 costruiti per FITRAM-La Spezia dalla Piaggio e dotati di motore ed equipaggiamento elettrico Ansaldo (gruppo 218÷226). Il disegno di queste vetture si presentava più ‘moderno’, grazie all’adozione della guida a destra e di una diversa scansione dei moduli laterali. A rendere unici questi filobus fu anche l’ampia superficie anteriore verniciata in verde chiaro detta comunemente “grembiule”. Ma le prestazioni degli ALFA 900 non furono eccezionali, soprattutto se confrontate con quelle dei FIAT 668 che costituivano il nucleo più significativo del parco spezzino. Furono alienati entro il 1975 (foto P. Gregoris).

   

Su telaio ALFA 900 fu costruito anche uno dei più insoliti veicoli filoviari italiani, la vettura articolata n. 21 del parco della FPAF di Ancona (linea Ancona-Falconara). Carrozzato da Macchi e dotato di apparecchiature elettriche Marelli, veniva giustamente definito “filotreno” visto che presentava 2 x 2 assi intercomunicanti. Lungo ben 21390 mm e (come si vede) caratterizzato da una particolare disposizione degli accessi, ad onta della sua grande capacità e delle molte innovazioni di cui era portatore, non ebbe gran successo e fu radiato dal parco anconetano già nel 1968 (foto Catalogo Marelli).

   

Avevano i numeri di telaio quasi consecutivi alle vetture napoletane del 1950, i due ALFA 900 consegnati nel 1954 all’ASM di Pavia (matricole 7-8) e a quelli erano assai simili perché anch’essi carrozzati da SIRIO e dotati di motore ed equipaggiamento elettrico Marelli. Dalle vetture partenopee si distinguevano solo per la diversa scansione dei finestrini sia laterali che frontali. Viene quasi di pensare a due filobus ricusati da qualche committente e poi ‘girati’ all’Azienda pavese che - peraltro - li utilizzò solo a supporto dei FIAT 668 (foto P. Gregoris).

Foto per il titolo: La vettura 265 del parco dell’A.T.A.C.S. di Salerno altro non è che l’ex-621 di Trieste (foto P. Gregoris).
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