di Antonio Gamboni

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Quanto illustrerò costituisce una delle tante applicazioni nel campo del fermodellismo di un elementare componente elettronico: il diodo.

Prima di entrare in argomento, sarà opportuno analizzare con un esempio cos’è e come funziona una matrice di diodi. Si abbiano a disposizione tre lampade che indichiamo con L1, L2 ed L3 e due interruttori S1 ed S2. Se si desidera accendere con l’interruttore S1 le lampade L1 ed L2 e con S2 le lampade L2 ed L3, ci troviamo di fronte ad un problema che non possiamo risolvere con le consuete tecniche circuitali, come mostrato in Fig. 1; infatti entrambi gli interruttori (S1 ed S2) accendono sempre le tre lampade contemporaneamente.

Per l’alimentatore utilizziamo una corrente continua per i motivi che vedremo in seguito.

Fig. 1 - Secondo lo schema, gli interruttori S1 ed S2 accendono entrambi le tre lampade contemporaneamente.

Ora, con riferimento alla Fig. 2, riportiamo nelle righe gli interruttori S1 ed S2 e nelle colonne le lampade L1, L2, L3. Se conveniamo di far corrispondere alla generica lampada accesa un pallino pieno ed alla spenta uno vuoto, abbiamo costruito una funzione della corrente che assume valore Pallino pieno = presenza di corrente, Pallino vuoto = assenza di corrente.  Pertanto, nelle intersezioni delle righe con le colonne segniamo un cerchietto pieno se la lampada deve accendersi in corrispondenza dell’interruttore in ordinata ed uno vuoto in caso contrario. Abbiamo in tal modo costruito quella che viene denominata tabellina della verità.

Fig. 2 - Tabellina della verità.

Il passaggio dalla Fig. 2 alla Fig. 3 è molto semplice. Si costruisca una grata dove alle rette orizzontali corrispondono gli interruttori ed alle verticali le lampade. Se nella corrispondente intersezione della relativa tabellina della verità vi è un pallino pieno, colleghiamo un diodo tra orizzontale e verticale, se troviamo un pallino vuoto, non effettuiamo alcun collegamento. A tale configurazione si da il nome di matrice di diodi. Chiudendo l’interruttore S1 (Fig. 3a), avremo circolazione di corrente attraverso D1 e D2 con conseguente accensione di L1 e L2. La corrente in uscita da D2 incontrerà il diodo D3 in posizione di non conduzione e quindi non potrà circolare attraverso D4 per accendere L3. In modo analogo si ragiona per l’interruttore S2 chiuso.

Il problema può essere minimizzato nel seguente modo: quando in una verticale si incontra un solo diodo, questo può essere cortocircuitato sostituendolo con un semplice filo conduttore (Fig. 3b). Praticamente abbiamo risolto il nostro problema con l’impiego di due diodi soltanto.

       

Fig. 3a - Fig. 3b - Con linserimento dei diodi, gli interruttori accenderanno, rispettivamente, S1 le lampade L1 ed L2 e S2 le lampade L2 ed L3. In Fig. 3b è mostrato il cablaggio semplificato descritto nel testo.

Applicazione pratica

Quanto detto finora trova utile impiego nel comando unificato di più scambi o segnali. Un primo esempio di applicazione lo si ha nel comando di un deviatoio a tre vie. Esso sarà schematizzato come in Fig. 4.

Indicando con A0-A1, A0-A2, A0-A3 rispettivamente i percorsi possibili da A0 e viceversa, e con 1c-1d, 2c-2d le bobine che danno la posizione corretta e deviata degli aghi del deviatoio, costruiamo la tabellina della verità per lo schema in questione. Con procedimento analogo all’esempio fatto in precedenza si ottiene la Fig. 5.

    

Fig. 4 - Nello schema in figura i diodi cerchiati in giallo possono essere cortocircuitati.

Fig. 5 - Tabella della verità dello schema di Fig. 4.

Fig. 6 - Schema elettrico completo per la realizzazione della matrice delle Figg. 4 - 5.

Una regola generale da osservare, valida soprattutto per circuiti complessi, è quella di realizzare la matrice di diodi (va bene il tipo 1N4001) su una piastrina per circuiti sperimentali (a bollini ramati preforati) ed applicare i pulsanti necessari sul quadro di comando nel luogo ritenuto più opportuno. La Fig. 6 è la trasposizione pratica dello schema riportato in Fig. 5 dopo aver apportato la minimizzazione indicata nel testo.

Come accennato all’inizio dell’articolo, la matrice di diodi per funzionare necessita di un’alimentazione in corrente continua. Una banale modifica permetterà di adoperare i normali trasformatori da 15 Volt in corrente alternata per l’alimentazione del circuito descritto, fermo restando che tutti gli altri servizi possono essere alimentati dallo stesso alimentatore. Essa consiste nell’aggiunta di un ponte raddrizzatore a diodi e di un semplice filtro di livellamento costituito da un condensatore elettrolitico da 1000 μF - 50 VL (vedi Fig. 6). Unica avvertenza è di rispettare, nei collegamenti, la giusta polarità del condensatore elettrolitico.

 

Dopo quanto detto, appare evidente che la convenienza della matrice di diodi è tanto più valida quanto più complesso è il circuito da realizzare e ciò per un duplice scopo: minore impiego totale di pulsanti ed azionamento di uno solo di essi per provocare l’instradamento preventivamente programmato, per complesso che sia.

A titolo di esempio, riporto lo schema (impianto binari e tavola di verità) di una piccola stazione di testa a quattro binari. Senza perderci in lunghe dimostrazioni, verifichiamo uno dei possibili instradamenti programmati, ad es. B0-A1. Nella tabella della verità, seguendo la Fig. 7, occorre posizionare il deviatoio 2 in maniera corretta ed i 3, 4 e 5 deviati; pertanto nelle relative intersezioni della tabella di verità va segnato un puntino pieno (bobina da alimentare), per tutti gli altri deviatoi segniamo un puntino vuoto (non alimentazione) in quanto per l’instradamento richiesto essi non sono interessati.

Fig. 7 - Esempio di stazione di testa a quattro binari e relativa tabella per realizzare la matrice di diodi.

Il presente articolo, presentato in versione riveduta e corretta,

fu pubblicato sulla rivista "Treni e Plastici", n. 7 del settembre 1979.

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