di Gennaro Fiorentino

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È storia più che nota, l’inaugurazione della prima ferrovia d’Italia il 3 ottobre 1839 sul tratto da Napoli a Portici. Anche se, esperti studiosi, come il nostro Presidente emerito col. Gamboni, ci tengono a puntualizzare che il treno del fausto giorno non percorse Napoli-Portici bensì Portici-Napoli per l’indisponibilità della stazione di Napoli (struttura ancora da rifinire).

Incisione acquarellata che raffigura il prospetto della prima stazione di Napoli tratta

dagli "Annali Civili del Regno delle Due Sicilie" del 1839.

A costruzione completata, il prospetto sarà portato sulla Via dei Fossi (coll. A. Gamboni).

La notizia della novità colse il Papa Gregorio XVI non solo poco preparato all’avvento di questa tecnologia, ma direi anche poco disposto ad accettarla ed a darle credito. Tant’è che assimilava con un discutibile gioco lessicale, le espressioni chemin de fer – chemin de l’enfer (via del ferro via dell’inferno).

Più possibilista e progressista si dimostrò il suo successore Pio IX (Pontificato 1846-1878), il quale promosse uno studio per dotare il Regno del Vaticano (ossimoro intenzionale), di una rete ferroviaria. Ma, i suoi auspici s’infransero contro le drammatiche vicende dell’Unità d’Italia ed alla fine del potere temporale dei papi. Fece tuttavia “in tempo”, per così dire, ad intraprendere la realizzazione della Roma-Frascati nel 1856, poi la Roma Civitavecchia del 1859 (come supporto al traffico marittimo) e la Roma Ceprano di km 73 (1862).

Ampia disamina delle ferrovie pontificie sui numeri 18-19-20 della collezione Clamferrovia.

In questo fervore di progetti, pensò di dotarsi di un treno personale (detto papale) che è sopravvissuto alle complesse vicende storiche e può essere ancora oggi ammirato.

Bell’articolo di A. Bertagnin a questo link: treno Papa Pio IX Giovanni Maria Mastai Ferretti.

La vettura del treno papale denominata "balconata" (foto di A. Bertagnin).

Dopo vari decenni di eufemistiche incomprensioni tra il novello Regno d’Italia e lo Stato del Vaticano, perveniamo a quello storico 11 febbraio 1929 (nel ricorso di quella data una volta era festa a scuola), quando, con i patti lateranensi sotto il governo del fascismo, si sottoscrisse la Riconciliazione tra Stato e Chiesa.

Sottoscrizione Patti Lateranensi (da wikipedia).

Papa sul trono di Pietro, era Pio XI (1922-1939) al secolo Ambrogio Ratti.

Il complesso protocollo d’intesa prevedeva all’articolo 6, la possibilità di un raccordo ferroviario con la Città del Vaticano. Diciamo che era anche l’epoca nelle quali si dava molto credito all’utilità delle diramazioni: vedi il treno delle terme di Telese e quello con il porto di Napoli. Per parlare solo delle parti nostre.

Insomma, in men che non si dica, fu approntato un progetto di massima. Come si può immaginare, stendere dei binari ancorché di lunghezza breve, in un contesto architettonico delicato, ricavare una stazione dai giardini fino a quel momento immacolati e non di meno creare da zero un pur impegnativo viadotto, coinvolse uno stuolo di architetti e di ingegneri.

Già il 2 aprile 1932, una locomotiva, per la storia era la 735.210, effettuava per la prima volta la trasferta su quella inusitata ferrovia internazionale verso quello stato di cui gli accordi avevano riconosciuto la sovranità con tutte le conseguenze e gli effetti del caso.

La prima locomotiva entra nel portone delle mura leonine (screen shot da Portale dei Treni)

Di certo si può attribuire proprio alla stazione (diciamo FV) il capolavoro di quel raccordo tant’è che il Papa Pio XI, la definì con un poco di esagerazione, la più bella del mondo (arch. Giuseppe Momo).

Foto moderna che rende merito alla bellezza della stazione in Vaticano (da sito istituzionale)

È tuttavia fuori di discussione la singolarità di quell’edificio, dotato ovviamente di binari, sotto l’incombenza dello straordinario e maestoso cupolone, uno delle maggiori coperture del mondo.

Per poter seguire l’andamento della linea, dobbiamo immaginare di trovarci nella stazione RFI di Roma San Pietro (Quadro 33 ed altri: linea per Pisa o Viterbo). Qui si dirama la linea diretta all’estero che dopo un curvone impegna il citato e monumentale viadotto sul vallone Gelsomino ma anche sulla SS 1 (Via Aurelia).

Schema della situazione di diramazione da Roma San Pietro (Da Wikipedia).

Immagine d’epoca del massiccio manufatto del ponte ferroviario sul vallone Gelsomino (Da internet).

La larghezza di m. 9,50 include due binari a cui nelle operazioni ne è usato solo uno. Arriviamo alle mura leonine (848-852) che segnano il confine. Il portone di accesso pesa ben 35,5 tonnellate.

Il pesante portone che divide i due stati incluso nella cinta muraria delle mura leonine, e

primo piano della coppia di binari (Da internet).

Con una controcurva entriamo in stazione. Termina la corsa ma in realtà un breve ulteriore tunnel ci dà opportunità di salto di macchina. Il percorso totale è di m. 1270 incluso il tunnel mentre la velocità è limitata a 60 km/h. Le rotaie impiegate sono di 36 kg/m.

Dal 2013 la linea è stata elettrificata a 3.000 volts sotto la spinta di una notoria penuria di mezzi di trazione a TD, in genere assegnati a zone del tutto prive di TE: limitato al segmento RFI.

Il traffico è stato contenuto nel tempo ad un utilizzo per lo più di carri merce con una media di un centinaio di veicoli all’anno. Vediamone tuttavia nel tempo l’utilizzo precipuo per attività pontificali.

L’11 aprile 1959 il corpo di Pio X venne trasferito per ferrovia a Venezia dove egli era stato vescovo. Il 4 ottobre 1962, alla vigilia del Concilio, Giovanni XXIII intraprese un pellegrinaggio a Loreto ed Assisi partendo in treno proprio dalla stazione vaticana. Suo illustre compagno di viaggio, il capo del governo Amintore Fanfani. Il suo successore Paolo VI, con l’impulso conferito ai viaggi internazionali, scoprirà la praticità dei viaggi in aereo, trascurando il treno.

Non ho invece trovato riscontro per un suo uso strettamente laico che avrebbe spinto ad utilizzare l’antenna come “set” per girare alcune scene del film “Il colonnello Von Ryan”.

Con Giovanni Paolo II riprese l’utilizzo più sistematico della ferrovia vaticana. Abitudine che fu seguita anche durante il breve pontificato di Benedetto XVI. Per esempio, in occasione del pellegrinaggio ad Assisi per i 60 anni della Caritas con un’intesa tra la TD D 343.2026 e TV 685.089. Infine, il treno di Fondazione diretto alle Ville papali dell’11 settembre 2015.

Treno per i 60 anni della Caritas (Da internet).

Convoglio di fondazione diretto a Castelgandolfo (Da Blog TT).

Per concludere citerei i numerosi “treni dei bambini” in difficoltà, sia da Napoli che da Bari. Ed un’escursione degli amici dei treni (gruppo GATT Torino). Questi convogli sono entrati direttamente nello Stato pontificio.

Cosa c’è da aspettarsi in un futuro prossimo circa sviluppi ed utilizzi?

È un argomento questo non molto vivace, per dire la verità. Come detto, si registra una recente installazione di catenaria fino alle mura leonine. Ma come s’immagina, un convoglio da manovrare chiede comunque l’impiego di un loco a TD che necessariamente deve venire dall’Italia ed attendere il treno da introdurre.

Per quanto riguarda il FV, esso, pur nella singolare originalità e bellezza, è stata destinato a finalità diverse, partendo dalla spietata osservazione di un utilizzo quasi azzerato dell’uso originario. Ospita un museo della filatelia e la sede dell’annona vaticana, una sorta di supermercato a prezzi fuori dogana. Insomma, a lato della struttura che ritengo possa ancora oggi prestarsi ad ammirazione estetica, due impieghi abbastanza banali che certo non gratificano l’estro dell’architetto Momo.

Ho letto altresì che qualche notabile avrebbe immaginato i due binari di corsa, ridotti ad uno. E su quello sacrificato, poter edificare un sentiero pedonale per un accesso diretto e tutto sommato, agevole a San Pietro. Ciò dovrebbe avvenire con partenza dalla stazione RFI più prossima.

Per quanto riguarda le modalità di gestione di questa pur ferrovia internazionale, forse gl’incartamenti che si sono inseguiti nel tempo, andrebbero a coprire ben più che l’itinerario. Al momento l’aspetto dal lato vaticano è delegato al Segretariato internazionale: così recita una delle delibere innovative generate dai lavori del Concilio Vaticano II. Parliamo del 1969, insomma non proprio ieri e neanche ieri l’altro.

Qui finisce il nostro raccontino. Devo pur dire che la sua elaborazione ha richiesto piccole ricerche, come sempre gratificanti ed intriganti. Un interesse che è stato esaltato proprio dalla singolarità di questo percorso, breve ma punteggiato da note originali di storia e di costume.

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