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				È il 15 febbraio 1961, il giorno 
				di una “quasi totale” eclisse di sole: tra quelle tenebre 
				innaturali entrano in servizio cinque filobus, non molto 
				dissimili dagli ALFA 911 di due anni prima: se ne diversificano 
				soltanto per i paraurti sovrapposti di color verde chiaro e per 
				le porte, anch’esse verde chiaro, sagomate e a doppio vetro. 
				All’interno, ad eccezione di qualche spigolo in più, che non li 
				rende certo eccezionali d’aspetto, identica la disposizione dei 
				22 sedili; ed anche il motore è lo stesso: OCREN L 336 C 
				tetrapolare da 151 HP. Ma c’è un particolare importante: su quei 
				filobus, numerati da 8301 a 8305, è montato, per la prima volta, 
				il servosterzo; di più, sono vetture potenti, silenziose, 
				affidabili; hanno successo subito (sulle linee vomeresi 242, 247 
				e 249); a marzo appare una sesta vettura, 8306, mentre a Carlo 
				III se ne vanno allestendo altre, sino a giungere a 8324: ma non 
				vengono immesse in servizio. 
				
				Poi (15 maggio 1961) il gravissimo 
				incidente della “Cesarea” (provocato da un vecchio ALFA 140, tre 
				vittime), lo sconvolgimento delle linee filoviarie, la riduzione 
				dell’estesa rete vomerese a due sole linee; a quelle linee (242 
				e 247), appunto, vengono destinate “quelle” vetture, ma, 
				attenzione!, il 20 maggio 1961 appaiono i filobus da 8007 
				a 8018 (con lo 0 al posto del 3), mentre - 
				a distanza di pochi giorni - 8319÷8324 “escono” con le nuove 
				matricole da 8001 a 8006 (8301÷8306 rimangono, e rimarranno 
				sempre, con la numerazione iniziale). Perché mai questa 
				modifica? Le due serie sono identiche, la modifica fu 
				superficiale ed approssimativa, quindi affrettata, ragioni 
				esterne immediate non se ne colgono: a prima vista un enigma. Si 
				trattò, invece, come appare dalle documentazioni aziendali, di 
				una distinzione operata tra i sei filobus acquistati con fondi 
				ECA e quelli restanti, sovvenzionati con un fondo speciale 
				ministeriale per l’ammodernamento delle linee vesuviane. La 
				“fretta” (coi conseguenti risultati negativi) dipese dal fatto 
				che - dopo l’incidente della Cesarea - gli autisti vollero 
				“subito” utilizzare (al posto degli ALFA 140 ancora in 
				circolazione) quei diciotto filobus inutilmente in attesa. 
				Piuttosto, resta sconcertante che del cambio di matricola 
				l’A.T.A.N. non abbia “avvertito” l’AERFER, che continuava a 
				numerare i filobus in allestimento col 3, come si può 
				chiaramente vedere da non poche foto d’archivio. Stranezza a 
				parte, gli ALFA mille vennero a costituire, da allora in 
				poi, due serie distinte, le “83” e le “80” (che sarebbero 
				arrivate a 8078). 
				
					
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						Immagine di fabbrica 
						di un ALFA mille - AERFER FI 711.2: la matricola 
						applicata alla vettura, 8327, indica chiaramente la 
						serie prevista per questi fortunatissimi filobus. 
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				Terminata la digressione, torniamo 
				ora però alle vicende delle prime ventiquattro unità: queste dal 
				Vomero furono spostate, nell’estate del ‘61, su linee centrali e 
				di Posillipo, forse per meglio rodarle, ritornando stabilmente 
				in collina a novembre seguente; da gennaio ‘62, ovviamente, 
				“presero possesso” delle loro linee vesuviane; al 4 gennaio 
				1962, data dell’inaugurazione, le vetture immesse in servizio 
				erano giunte quasi a 8070; le ultime otto apparvero nel marzo, a 
				completare la serie sino a 8078 (un numero spropositato, se 
				confrontato con quello delle serie pre- e post-belliche). 
				
				
				Due immagini simbolo della 
				versatilità degli ALFA mille: 8048 al capolinea della “vomerese” 
				247 (foto P. Haseldine)  
				
				e 8039 in servizio sulla “vesuviana” 254 
				rossa (foto P. Gregoris). 
				
				Da questo momento, le linee 
				vomeresi e vesuviane acquistavano delle protagoniste assolute, 
				non comparabili per prestazioni con nessuna delle serie 
				filoviarie precedenti; e, col passare degli anni, si andò 
				mostrando anche un’altra invidiabile caratteristica: la durata. 
				Pur utilizzati a tempo pieno su linee a lungo percorso e di 
				primaria importanza, gli ALFA mille sembravano non 
				risentire del trascorrere degli anni: poi, quasi 
				improvvisamente, tra il ‘74 e il ‘75, soprattutto le vetture 
				rimessate a San Giovanni (gravate da maggiori impegni e 
				svantaggiate da una manutenzione non sempre adeguata), 
				cominciarono a cedere a livello strutturale: e fu subito 
				emergenza, giacché filobus ormai non se ne producevano più, e 
				l’A.T.A.N. non voleva assolutamente rinunziare all’esercizio 
				filoviario, almeno nei Comuni vesuviani. 
				
					
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				Due foto scattate a Portici, 
				piazza S. Ciro: a sinistra, in livrea bi-verde di origine, due 
				ALFA mille in servizio rispettivamente sulle linee 255 per Torre 
				del Greco (vettura 8006) e 254 rossa barrata (foto P. 
				Haseldine).  
				
				A destra, due filobus (8047 e 
				8037) ambedue riverniciati in arancio e grigio a metà degli anni 
				’70 (foto M. J. Russell). 
				
				Si pensò così ad una ricostruzione 
				“esterna”, presso una ditta specializzata, la SITEA di Roma (che 
				lavorava per conto della SIPUIA), che interessò, tra il ‘76 e il 
				‘78 (ma le prime tre vetture ricostruite: 8002, 8011, 8012, 
				apparvero a fine dicembre del 1975), quaranta filobus; fu così 
				ben riuscita che sembrò quasi possibile ricominciare da capo, 
				sicché, tra il 1979 ed il 1980, prima altre trenta, poi anche le 
				ultime quattordici vetture furono inviate alla ristrutturazione.
				 
				
				
				Due vetture ricostruite: a 
				sinistra la 8007  ritratta a via Vespucci mentre si dirige verso 
				San Giorgio a Cremano (linea 256);  a destra la 8003 al Corso 
				Resina, ad Ercolano, in servizio sulla 255 (ambedue le foto M. 
				J. Russell). 
				
				E il nuovo ciclo è durato 
				anch’esso non poco, quasi un ventennio per le vetture di più 
				recente radiazione: e questo nonostante nuovi cedimenti 
				strutturali, e la mancanza dei pezzi di ricambio, e ancora mille 
				piccoli inconvenienti quotidiani per non parlare della necessità 
				- ad ottobre ‘96 - di “decoibentare” dall’amianto tutte 
				le vetture, comprese quelle già da lunghissimo tempo fuori 
				servizio. 
				
				A dispetto di tutto questo, 
				fidando ancora nelle residue 80, si è riusciti (ed è 
				certamente un “vanto” per questi eccezionali filobus) a giungere 
				alla consegna di nuove vetture (i Breda Ansaldo F19) senza dover 
				mai effettuare interruzioni nel servizio filoviario. 
				L’alienazione degli ALFA mille si è compiuta con la 
				definitiva messa a riposo di tre esemplari residui 
				(8038-8039-8306) a marzo 2001, ma  una vettura del gruppo, la 
				8021, è stata preservata e, dopo essere stata completamente 
				restaurata e riverniciata in bi-verde a cura delle maestranze 
				aziendali, viene oggi utilizzata come veicolo storico. 
				
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