di Gennaro Fiorentino

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C’era una volta un trenino, uno di quelli come ce n’erano tanti una volta in Italia, come quelli che scavalcavano le Dolomiti, come quelli che solcavano le dolci colline laziali, come quelli che portavano i pellegrini a Norcia, come quelli che vincevano le asperità della Sardegna. Insomma un membro di quella bella famiglia di ferrovie secondarie o minori in gran parte condannata a morte dalla Regina automobile, con l’accusa infamante di “ramo secco”. Era la ferrovia Napoli - Piedimonte d’Alife, dal nome del paese (oggi Piedimonte Matese) posto ai piedi del Massiccio del Matese che delimitava la fine dell’itinerario dopo un percorso di circa km 80 con scartamento di 950 mm.

La Ferrovia, della quale quest'anno festeggiamo il centenario, fu inaugurata il 30 Marzo 1913 per un primo segmento e completata il successivo 5 Ottobre 1914.

Nella stazione di Piedimonte d'Alife si festeggia l'arrivo della "Catania", prima locomotiva

acquistata da un'industria siciliana e messa in servizio nel 1913.

La data apposta a penna sulla cartolina lascia intendere che si tratta di un treno cantiere (Coll. V. Simonetti).

Il nostro trenino partiva dalla piazza Carlo III di Napoli, all’ombra del grandioso edificio detto Albergo dei Poveri. Il Fabbricato Viaggiatori della ferrovia era proprio nella piazza dove fascio di binari e treni si mescolavano con il traffico cittadino, autoviario e tramviario.

Napoli, capolinea di Piazza Carlo III. Il fascio di binari visto dall'alto del fabbricato viaggiatori

in una immagine degli anni '30 del secolo passato (Coll. A. Gamboni).

Ferrovia Alifana: la stazione di Piazza Carlo III a metà anni '50.

Il fabbricato, ancora esistente, è stato trasformato in Albergo (Archivio M.C.N.E.).

Lasciata la piazza Carlo III e fendendo il flusso delle automobili (in verità pochissime), il trenino si arrampicava lungo le pendici di Capodichino per poi attraversare dopo un breve tunnel ed alcuni ponti, campi di frumento, ortaggi e canapa punteggiati dai minuscoli paesi dell’hinterland partenopeo.

Ferrovia Alifana: La stazione di Calvizzano in una cartolina d'epoca (Coll. G. Fiorentino).

Partenza di soldati per il fronte alla stazione di Giugliano (Coll. F. Vastarella).

 

Arrivava quindi ad Aversa, cittadina di origine normanna di dimensioni più apprezzabili, dove si sarebbe potuto effettuare un interscambio (neologismo assolutamente ignorato all’epoca) con l’adiacente linea delle Tranvie Provinciali. Quindi, puntando su S. Maria C. Vetere - S. Andrea dei Lagni, penetrava con decisione nella valle tra pascoli animati da mandrie di mucche e bufale, che l’avrebbe condotta a Piedimonte.

L’itinerario era diviso in due parti: l’Alifana “bassa” e quella alta”. La definizione era tutt’altro che convenzionale in quanto la prima tratta, che finiva a  Capua, era esercita con trazione elettrica, mentre la seconda, che completava il percorso, era a trazione a vapore. La divisione in termini chilometrici era quasi precisa in due parti.

Splendida immagine a volo d'uccello che mostra la stazione di Aversa

eretta nei pressi di Porta Napoli. (Coll. G. Fiorentino).

I tempi di percorrenza erano rispettivamente di un’ora e trenta per il segmento elettrificato ed un’ora e quarantacinque per quello a vapore.

Orario della Ferrovia Alifana del novembre 1917 (Coll. A. Gamboni).

La famiglia del materiale rotabile era costituita nel momento di massima espansione da 9 elettromotrici immatricolate 1 ÷ 9 di costruzione Breda - AEG,  di cui 8 sopravvissero fino alla fine.

Il loro funzionamento era a corrente alternata monofase 11kV/25Hz; una discreta dotazione di rimorchi e carri merci, due locomotori da manovra matricola 51-52 di costruzione AEG-Thomson completavano la dotazione.

La storia invece delle macchine a vapore risulta abbastanza vivace essendosi impiegate in totale sei locomotive. Di queste la più antica, la Catania, di provenienza industriale siciliana, finì in Africa nel 1939, ove fu impiegata per movimentare i carri del porto di Assab. Le successive V1-V2-V3,  furono macchine a tre assi di costruzione belga “La Meuse”. La V2 fu ceduta alla Circumetnea mentre le V1 e V3 finirono i loro giorni con lo stesso padrone e demolite nel 1960.

La locomotiva "Catania", di provenienza industriale siciliana, fu la più antica locomotiva

 della Ferrovia Alifana (da "Mitica Alifana" di G. G. Caracciolo e A. Lutri).

La locomotiva "Tifata", costruita dalla E. Breda nello stabilimento di Sesto San Giovanni,

entrò in servizio nel 1913 (Coll. A. Gamboni).

Per quanto riguarda infine le V11 e V12, si trattava di due locomotive di circa 300 cavalli di potenza di costruzione Breda, anno 1913. Anch’esse finirono la loro carriera negli anni ‘60.

La guerra infierì con durezza sull’Alifana; specialmente sul segmento “alto” che attraversava per suo destino, una zona che fu teatro di violenti scontri tra Alleati e truppe di occupazione tedesche.

Con la fine delle ostilità, le sorti dei due lati si “biforcarono”, per usare un termine congeniale a questa ferrovia, e la storia divenne parallela.

La parte alta, la più danneggiata, venne ricostruita dopo 18 anni ed inaugurata nel 1963, con caratteristiche assolutamente inedite. Il tracciato venne rettificato dove fu possibile; le venne conferito lo scartamento ordinario, la trazione divenne termica e utilizzò la rete FS (oggi RFI) per raggiungere il capoluogo Napoli dopo S. Maria C. V. La parte bassa invece venne risistemata ed utilizzando lo stesso materiale rotabile, visse momenti di gloria con un significativo incremento dei passeggeri dovuto ad un prepotente fenomeno di controesodo dalla città verso i centri periferici.

Furono aperte nuove fermate spesso utilizzando le case cantoniere. Purtroppo da questo momento in poi il nostro trenino incominciò a subire una serie di attentati virtuali che in appena venti anni ne determinarono la chiusura totale.

L'elettromotrice n. 1 in livrea rosso e avorio verso la fine del suo servizio (Foto M. Kaiblinger).

Nel 1954, il Comune di Napoli ritenne non più sopportabile la coesistenza tra ferrovia e crescente traffico veicolare ed impose un arretramento del terminal di Piazza Carlo III, di circa un chilometro, lungo la Via Don Bosco. Fu istituita una navetta a mezzo bus tra Piazza Garibaldi e la nuova stazione del treno. Successivamente un ulteriore arretramento fu provocato dagli incombenti lavori per la tangenziale di Napoli il cui viadotto principale avrebbe dovuto piantare le gambe proprio su un ponte in tufo posto sul suo tracciato.

Ponte della Ferrovia Alifana per il superamento di Calata Capodichino (Foto A. Gamboni).

Un presunto dissesto ad un successivo ponte che in verità sta ancora lì in apparente buona salute, procurò un ulteriore spostamento del capolinea questa volta a Secondigliano. Malgrado queste riduzioni, il traffico passeggeri cresceva grazie al fenomeno del pendolarismo. Ma linee e mezzi non sarebbero stati  più in grado di assicurare un servizio accettabile se non con una sistematica ricostruzione. Così in attesa di ciò il 20 Febbraio 1976 il servizio venne “sospeso” e mai più ripreso.

La moderna linea metropolitana del Nord Est, di recente inaugurazione, che parte da Piscinola per arrivare ad Aversa, si può considerare idealmente l’erede della centenaria ferrovia Napoli-Piedimonte Alife.

6 aprile 2013: arrivo nella stazione di S. Maria C. V. dell'automotrice scelta per la

celebrazione del 100-ario della Ferrovia Napoli - Piedimonte d'Alife (Foto G. Fiorentino).

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